pico : [post n° 49187]

Proprio un bel quadretto sugli architetti...

Ragazzi forse con questo post andrò un po' fuori tema, ma ci tenevo a girarvi questo articolo di un paio di inverni fa, sulla situazione disastrosa degli architetti. Leggerlo, vi confesso, è stato sconfortante. Vale la pena farlo perchè ci si rende conto della relatà dei fatti:


Questo articolo è stato pubblicato anche sul quotidiano nazionale "Il Riformista" del 30 ottobre 2003 con il titolo: "L'Italia è il paradiso degli architetti" di Gianluigi D'Angelo

Italia paese di poeti, santi, navigatori? Niente affatto, l'Italia è il paese degli architetti! Ebbene sì, almeno secondo le statistiche del sito web Archiueuro del CNAPPC, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori il 29,3% degli architetti in Europa è italiano. Uno su 3,41 se preferite. Questo dato si traduce nel territorio italiano con una media di un architetto ogni 548,8 abitanti. Un dato sorprendente se pensiamo per esempio che nel Regno Unito abbiamo un architetto ogni 7.413 abitanti, in Francia ogni 3.165 abitanti e in Olanda ogni 2.039 abitanti. Un primato che se letto in un contesto anomalo come quello italiano, costellato da un popolo sterminato di geometri e dove la stessa professione è svolta da diverse figure professionali e da albi obsoleti che permettono la professione anche agli ingegneri elettronici oltre a quelli edili e civili, cambia i toni passando dalla commedia grottesca alla tragedia greca.

Purtroppo la situazione è oltre ogni ammissibile soglia e se consideriamo i dati degli studenti iscritti alle Facoltà di Architettura europee vediamo che la tendenza continua a crescere, infatti, uno studente di architettura su 2,7 in Europa è sempre italiano. Anche facendo riferimento agli Stati Uniti le cose non cambiano, anzi! Abbiamo 76.000 studenti iscritti contro i 45.000 d'oltreoceano che si diventano ogni anno oltre 6.000 nuovi architetti in Italia e 8.356 negli USA.

Le possibilità professionali sono ridottissime, le parcelle sono ridotte perché devono competere anche con quelle dei geometri e la qualità degli edifici è scadente per la poca esperienza professionale, insieme all'incapacità delle università nel formare completamente una figura professionale come quella dell'architetto.

Da questo presupposto, facciamo un salto indietro e ripartiamo dall'inizio, proprio dalle università, cercando di capire passo dopo passo il futuro di chi vuole diventare architetto. La prima domanda è: quanto tempo impiega uno studente di Architettura a laurearsi in Italia?

La mia ricerca parte dal sito web del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (MIUR). Consulto e incrocio i dati statistici ufficiali riguardanti tutte le Facoltà di Architettura italiane. Fin dai primi dati generici il quadro della situazione risulta abbastanza chiaro: disastroso! Per quanto riguarda i fuoricorso il 58% di questi si laurea con almeno
4 anni fuoricorso. Ovvero, ci mette minimo 9 anni al conseguimento della laurea.

Ma questo dato generico nasconde al suo interno diverse realtà. Se da un lato abbiamo piccole realtà come Ascoli dove l'88,2% degli studenti si laureano con al massimo due anni fuoricorso e nessuno va oltre il terzo, dall'altro abbiamo facoltà come Pescara che detiene il record negativo con la stessa percentuale dell'88,2% di studenti fuoricorso da almeno 4 anni!!!Segue al secondo posto la Sapienza di Roma con l'86%. Al terzo posto troviamo la Federico II di Napoli con l'81,6% e Firenze al quarto con "solo" il 77,3% di fuoricorso da almeno quattro anni.

Queste 4 Facoltà insieme costituiscono il 37,6% della popolazione studentesca di Architetti. Quindi possiamo dedurre che oltre un terzo degli studenti italiani che studiano Architettura invecchia nelle facoltà fino almeno ai trent'anni. Solo questo sarebbe sufficiente per renderci conto di quanto sia grave la situazione. Andiamo a vedere ora dettagliatamente Facoltà per Facoltà i dati complessivi dei fuoricorso e di quelli in corso che ho sintetizzato in questa tabella.

Innanzitutto notiamo subito che le uniche Facoltà che funzionano e che hanno una percentuale di fuoricorso contenuta entro il 30% (che comunque è un range abbastanza generoso) sono quelle che hanno al massimo 1.000 iscritti, quindi le piccole Università e i distaccamenti. Infatti, le percentuali maggiori di fuoricorso spesso le troviamo nei grandi atenei con eccezioni come il Politecnico di Milano, che è la facoltà con la popolazione maggiore di studenti di architettura e che ha solo il 23,8% di fuoricorso Eccezione al contrario è ancora Pescara che nonostante risulti una medio-piccola Facoltà ha la seconda percentuale più alta di fuoricorso con il 63,6 % solo dopo Napoli con il suo terrificante 76%. Percentuali che crescono ancor di più se prendiamo in esame solo i dati della vecchia laurea quinquennale: 87,4% di fuoricorso a Napoli e 79,1% a Pescara.

In generale comunque a parte questi picchi terrificanti la situazione è preoccupante. Le piccole facoltà anche tutte insieme non sono rappresentative a livello statistico e tranne Milano e in parte Venezia e Roma3 il resto degli Atenei ha oltre la metà degli studenti fuoricorso. Con queste percentuali la Facoltà di Architettura risulta essere nel sistema universitario Italiano uno dei fanalini di coda in assoluto, con l'età anagrafica dei laureati tra le più alte con oltre la metà degli studenti che si laurea tra i 30 e i 34 anni!

Le università invecchiano e scoppiano di iscritti, solo il Politecnico di Milano conta il doppio di tutti gli studenti di architettura del Regno Unito con oltre 13.000 iscritti contro i 7.948 studenti di architettura d'oltre manica. Ogni anno ci sono 3.000 iscritti in più nonostante le lauree triennali stiano in parte contenendo questo andamento. Arriviamo allora intorno ai tren'anni con una laurea in Architettura e visto che lavoro non c'è si fa un master.

Si moltiplicano di anno in anno master sempre più costosi che in alcuni casi sono solo il frutto di un'operazione di marketing che qualche altro architetto ha inventato perché anche lui non riuscendo a lavorare come tale cerca di guadagnarsi da vivere nel sistema della formazione d'eccellenza. Spesso con altrettanti scarsi risultati. Altro fenomeno e quello dei dottorati nelle università, altro parcheggio in attesa di futuro impiego, dove al posto di ricerche si fanno le lezioni per il professore di turno che non ha tempo a sufficienza perché impegnato nel suo studio. Quindi, ricapitolando dopo dieci anni all'Università o si fa qualche Master o si fanno i dottorati e si arriva ai 33-34 anni. Ancora senza guadagnare un euro, anzi continuando ad "investire" su se stessi. A conti fatti sono usciti dal portafoglio decine e decine di migliaia di euro e ancora non si vede l'ombra di un quattrino. Le possibilità di lavoro sono scarse per via del soprannumero ed il sistema legistaltivo con le leggi come la Merloni favorisce i pesci grandi e non da scampo ai piccoli studi associati. Insomma non c'è nulla da fare.

Nel paese degli architetti con la più alta percentuale al mondo di rapporto architetti su abitante e dove anche un ingegnere elettronico può costruire edifici che altra possibilità c'è? Non possiamo biasimare troppo quelli che scappano all'estero, quanti sono gli italiani che hanno la possibilità di arrivare a 34-35 anni senza ancora aver iniziato a lavorare? Il Governo non può ancora ignorare questa situazione perché forse è già troppo tardi. Bisogna ripartire dalle Università e abrogare la Merloni. Non è certo con i condoni che si risolve il problema del lavoro degli architetti e nemmeno delle finanze delle casse dello Stato visto che per portare i servizi agli edifici condonati costerà molto di più di quello che lo stato avrà incassato.
cami :
che proponi per cambiare le cose??
pico :
non so proprio cosa si potrebbe fare a proposito. Purtroppo ci siamo dentro tutti. Suggerimenti?
cami :
intanto essere tutti più ottimisti !
pico :
ottimisti? certo, sono d'accordo con te. forse è una delle poche cose che ci rimane. spero di no però.
cami :
certo che no!!il mondo nn è tanto in armonia ...e nn solo in architettura..viviamo molte contraddizioni proprio a livello umano..ma se ci fosse anche solo una persona disposta a mettersi in gioco e fare qualcosa per migliorare le cose secondo me sarebbe un bel successo....se poi si è in due ...o tre ....meglio.Ciao
Francesca :
Cosa intendi per "mettersi in gioco"? "Fare qlc per migliorare le cose"? "Essere ottimisti"? Hai chiesto tu a Pico cosa proporrebbe per cambiare le cose...ma non ho ben capito cosa proponi tu da un punto di vista pratico. Io vorrei che quell'articolo fosse divulgato maggiormente, magari a chi la facoltà deve ancora sceglierla. Vorrei che gli italiani riconoscessero il valore del lavoro degli architetti, senza poter scegliere di rivolgersi ai geometri, agli ingegneri, o a se stessi reputando inutile il lavoro degli architetti. Sinceramente, secondo me, ognuno di noi può "lavorare" su stesso, ma rimane il fatto che la situazione dell'Italia non cambia, e che le persone descritte in quell'articolo (tra cui anche io), hanno ben poco da essere ottimisti. Soprattutto perché, al di fuori di qualsiasi contesto, è molto triste che una persona tra i trenta e trentacinque anni, stia ancora aspettando di guadagnare e quindi anche di fare di scelte di vita che NON prescindono dal guadagno, diritto di qualsiasi lavoratore.
ps: non è un discorso vittimista, ognuno fa le sue scelte e decide cosa e quanto può investire del proprio tempo, delle proprie (o dei propri genitori) risorse e dei propri affetti. Ma il contesto generale E' quello.
cami :
sarebbe troppo lungo risponderti..in sintesi quello che volevo sottolineare che la situazione di prcarietà è comune a molte altri...medici...professori...operai...che in generale a pochi chilometri da noi esiste il lavoro minorile...ecc..i problemi sono tanti ..e stare lì a lamentarci nn serve,io propongo di essere onesti..perseverare alla ricerca di una nostra professionalità sempre maggiore...mettersi in gioco per me significa nn lamentarmi ma utilizzare la stessa energia nn per pensare che potevo fare un altra facoltà ma per cercare di darmi da fare ...tutto qui..
Ma nn pensare che voglia essere polemica era solo un discorso di...atteggiamento nei confronti della vita in genere..
Francesca :
Non penso che tu voglia essere polemica, come non è mia intenzione lamentarmi. Forse non ho spiegato bene la mia opinione nel post precedente. Ci riprovo. Innanzitutto non era mia intenzione rimpiangere la scelta fatta quando mi sono iscritta ad architettura, intendevo dire che avrei preferito conoscere i numeri (il numero degli iscritti, il numero degli abilitati, il numero dei fuori corso - mi sono iscritta nel 93, internet era lontano e quindi non era così facile avere certe notizie...), magari avrei deciso per una città diversa da Pescara. In secondo luogo vorrei precisare che se c'era qlc su cui mi lamentavo, non è la "precarietà" del nostro lavoro. So bene che le acque sono difficili per tutti di questi tempi, ma le professioni che hai citato sono "riconosciute". Mi dispiace, ma non puoi negare che gli architetti non siano comunemente sottovalutati, considerati come "optional", considerati come quelli un po' artistoidi che ti fanno i disegnini. QUindi, io intendevo dire che, certo, noi possiamo lavorare e cercare di aumentare la nostra professionalità singolarmente, ma perché credere in don quisciotte? Perché bisogna essere geni o raccomandati per lavorare? Io vorrei una riforma seria del sistema scolstico ed universitario. e vorrei un impegno istituzionale per valorizzare l'architettura. Il mio discorso andava al di là delle mie prospettive, era il discorso di una persona che confronta l'italia con altri paesi, altrettanto omeno ricchi, ma forse più evoluti.
cami :
allora siamo d'accordo...auguri per tutto........
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