Buongiorno, sto affrontando l'ampliamento di un'azienda soggetta a collocamento obbligatorio sita in Veneto.
L'ampliamento è da realizzarsi in aderenza al fabbricato esistente, con ricavo di nuovi spazi per gli uffici disposti su due piani e collegati da una nuova scala. L'intervento non riguarda i servizi igienici presenti nel fabbricato esistente.
Il fabbricato attualmente è autorizzato con P.diC. 2008.
Il D.M. 236/89 art.3.3 prevede che in aziende con collocamento obbligatorio sia soddisfatto il requisito di accessibilità.
Dovrei quindi garantire che tutti gli spazi siano accessibili e anche un servizio igienico.
E' corretto o esiste altra normativa, anche regionale, che permette azioni meno restrittive?
Non andando ad intervenire sull'esistente restano invariate le condizioni già autorizzate...
Vi ringrazio anticipatamente
Maria C. : [post n° 418117]
barriere architettoniche-azienda collocamento obbligatorio
Ciao Maria. Una curosità: dici che il fabbricato è stato autorizzato con permesso del 2008, il DM 236/1989 era già in vigore e già prevedeva l'accessibilità per il C.O., forse all'epoca l'azienda aveva meno dipendenti o è stata interessata dal cambio soglia?
Poi. La normativa regionale è più restrittiva della nazionale, e rimane generica sul concetto di obbligo di adeguamento in caso di ristrutturazione - anche più generica del DM 236, limitadosi a richiamare, in premessa, la definizione di ristrutturazione da DPR 380/2001. L'interpretazione della norma nazionale mi sembra si sia sempre attestata sul concetto che nel momento in cui metto mano a una parte dell'edificio, attraverso interventi di ristrutturazione, quella parte deve essere accessibile/adattabile. Se si trattasse di un negozio aperto al pubblico di cui aumenti la superficie, non avrei dubbi sul fatto che tutti gli spazi di relazione e i servizi dovrebbero diventare accessibili; in questo caso, sicuramente la porizone ampliata deve essere accessibile, ma mi pongo un quesito per i bagni esistenti non interessati dalle opere. Uffici diversi potrebbero dare interpretazioni diverse alla norma, anche visti i pregressi locali. Dato che la cosa è delicata e soprattutto ti condiziona poi l'agibilità, ti suggerisco di chiedere un incontro con l'ufficio tecnico del comune.
Poi. La normativa regionale è più restrittiva della nazionale, e rimane generica sul concetto di obbligo di adeguamento in caso di ristrutturazione - anche più generica del DM 236, limitadosi a richiamare, in premessa, la definizione di ristrutturazione da DPR 380/2001. L'interpretazione della norma nazionale mi sembra si sia sempre attestata sul concetto che nel momento in cui metto mano a una parte dell'edificio, attraverso interventi di ristrutturazione, quella parte deve essere accessibile/adattabile. Se si trattasse di un negozio aperto al pubblico di cui aumenti la superficie, non avrei dubbi sul fatto che tutti gli spazi di relazione e i servizi dovrebbero diventare accessibili; in questo caso, sicuramente la porizone ampliata deve essere accessibile, ma mi pongo un quesito per i bagni esistenti non interessati dalle opere. Uffici diversi potrebbero dare interpretazioni diverse alla norma, anche visti i pregressi locali. Dato che la cosa è delicata e soprattutto ti condiziona poi l'agibilità, ti suggerisco di chiedere un incontro con l'ufficio tecnico del comune.