Gn85 : [post n° 425542]

Partita IVA regime forfettario

Salve vorrei chiedervi informazioni circa la partita iva. Attualmente lavoro in Germania e starei valutando la possibilita´di tornare in Italia. Consultando le offerte di lavoro ho notato che richiedono tutte o quasi la partita iva con stipendi di 1000/2000 euro mensili. Io ho 36 anni sono iscritto all´albo degli Ingegneri (in Italia) e non sono mai stato titolare di partita iva. Nel mio caso potrei in teoria pensare al regime forfettario, oppure sarei costretto al regime ordinario? Se come immagino 1000/2000 euro mensili sono da considerarsi al lordo, che guadagno netto dovrei aspettarmi indicativamente? Ringrazio in anticipo tutti coloro che mi risponderanno, pur consapevole che vanno valutati i singoli casi e non e´ possibile fornire una risposta precisa in generale.
Red :
Ciao Gn85,
Il regime forfettario attualmente in vigore non ha più il limite di età come in passato. Con uno compenso di 2000€ lordi mensili ci stai dentro abbondantemente, perchè il limite di fatturato del regime forfettario è di 65K/anno. Per quanto riguarda il calcolo del netto, dovendo aprire p.iva per la prima volta hai tutta una serie di agevolazioni (ad esempio la tassazione al 5% invece che al 15% per i primi 5 anni), ma non ne terrei conto soprattutto in fase di contrattazione del compenso: l'agevolazione deve essere per te (per lasciarti qualcosa in più in tasca) e non per chi ti da' lavoro. Oltre alle tasse avrai da sostenere i costi per la cassa di previdenza (Inarcassa, circa il 20% del fatturato, con una quota minima da versare comunque), la quota di iscrizione all'Ordine degli ingegneri (al quale già appartieni), l'assicurazione professionale, i costi per l'aggiornamento professionale obbligatorio, ecc.
La buona regola, che personalmente seguo, entro i limiti di un fatturato minimo (consideriamo sempre i 2000 €/mese), è che di quello che prendi metà non lo tocchi e metà lo puoi spendere; se fai così è difficile sbagliare. In bocca al lupo!
Ti prego però di fare attenzione, perchè forse venendo dall'estero questi aspetti non ti sono chiari: la collaborazione a p.iva con compenso forfettario mensile non è un'assunzione da dipendente è puzza lontano un miglio di finta partita iva. Dal 2012 la Legge ha vietato questo tipo di situazioni, ad esclusione degli iscritti ad un ordine professionale, che il legislatore ha coscientemente e criminalmente lasciato fuori. La natura delle cose però non cambia, e ribadisco la mia opinione che le finte p.iva stanno contribuendo molto al declino del mondo delle professioni di questo Paese. Perciò valuta bene ciò che ti verrà proposto e non valga invece la pena di rimanere dove sei, che queste cose neanche se le sognano...
Toglimi una curiosità, ma chi te la fa fare a tornare in Italia?
ArchiFish :
Innanzi tutto, 1.000 € sono la metà di 2.000€, quindi le considerazioni su quanto resta di un redditto mensile con quella forbice, possono variare di parecchio. Non varia il risultato finale, cioè la povertà.
Ciò premesso, ipotizzando la somma massima, di 2.000€, percepiresti 24.000 €/anno. Il magnanimo stato, dimostrandosi assolutamente scollegato dalla realtà, ipotizza che un'attività come la nostra stia aperta con il 22% di spese (forfait). Ergo, secondo "loro", ti rimangono in tasca 18.720 €, da cui puoi detrarre solo ed esclusivamente Inarcassa (no spese x l'ufficio, il carburante, assicurazione, la sanità, ecc). Detratti i contributi restano meno di 15.000 € ai quali applicare una tassazione del 15%. A conti fatti, molto spannometricamente e senza imprevisti, siamo attorno ai 12.750 € di utile, dai quali devi sottrarre eventuali costi che eccedono l'ipotetico e fantascientifico 22%. Non credo serva dividere per 12 mensilità (scordarsi ferie, malattie, tredicesima, ecc) per comprendere che ti conviene stare dove sei oppure fare l'operaio in acciaieria o non fare un ca@@o e percepire il reddito di cittadinanza, oppure darsi al crimine o al narcotraffico o alla prostituzione.
Nina :
Il crescendo della risposta di Archifish mi ha commossa.
Gn85, lo so che ti manca il cibo, l'atmosfera, il clima, magari gli affetti... ma fidati, resta in Germania.
Gn85 :
Purtroppo e´ esattamente la risposta che mi aspettavo. Non capisco come un datore di lavoro possa pretendere una "collaborazione" full-time (se va bene 9 ore al giorno) con contratto a partita IVA, e non capisco come lo stato possa considerare ammissiblie una ingiustizia del genere. Qui in Germania mi hanno offerto da subito un contratto a tempo indeterminato senza nemmeno chiedermi se ero iscritto all´albo. La realta´ ahime´ e´che in Italia la situazione diventa sempre piu´complicata, e credo che anche chi lavora in acciaieria non se la passi benissimo. Grazie comunque per la tua risposta
ArchiFish :
In Italia la realtà è oscena per una serie di ragioni. Settore in crisi, troppa concorrenza, cultura del "chi meno spende, meno spende", guerra dei prezzi al ribasso (grazie Bersani, di non aver capito che l'Europa non imponeva il libero mercato e/o l'abolizione della tariffe professionali).
Ci aggiungerei, poi, che, per quanto sopra, i datori di lavoro hanno effettivamente difficoltà a remunerare equamente un collaboratore, ma solo perché, spesso, sono incapaci di gestire le dimensioni della propria attività professionale.
Semplificando di molto, per come la vedo io, se hai così tanto lavoro da non poterlo svolgere in autonomia, ti serve un collaboratore e se ti fai pagare il giusto, ti puoi permettere di retribuirlo equamente. Se non puoi permettertelo, significa che non hai abbastanza lavoro per due persone oppure non ti fai pagare il giusto oppure ancora non lavori a sufficienza tu (che sei titolare) per fare da solo. Ci sarebbero anche da prendere in considerazione le varie sfumature di chi, semplicemente, sfrutta i collaboratori e tiene per sé una fetta eccessiva della torta (magari producendo poco), ma credo che questo non rientri nei difetti del sistema, bensì in quelli della natura umana.

PS
Chi lavora in acciaieria, fa un lavoro usurante come tanti altri, con ferie pagate, mutua, tredicesima, una speranza di pensione, orario di lavoro chiaro, responsabilità tutto sommato limitate, possibilità di detrarre spese varie ed eventuali. Un tempo non se la passava bene, ora come ora, se la salute lo assiste (ma anche no), sotto il profilo economico e del welfare, se la passa meglio dell'architetto medio italiano.
Gn85 :
Sono daccordo su tutto, ma credo che una buona parte del problema sia culturale. Non considero la Germania come modello di perfezione, tuttavia qui chi decide spontaneamente (pochissimi) di lavorare con partita iva, lo fa per avere meno obblighi verso il datore di lavoro, e poter gestire magari anche altri lavori, ovvero decide di essere un lavoratore autonomo che presta un servizio di collaborazione esterno. Da noi il datore di lavoro pretende di avere i benefici di un lavoratore dipendente senza gli obblighi necessari a garantirne i diritti basilari (gli stessi che spettano ad un operaio in acciaieria). Si possono avere tutte le ragioni del mondo (poche entrate, pochi lavori..), ma resta il fatto che e´un comportamento eticamente sbagliato. Se scegli un collaboratore con p.iva non puoi considerarlo tuo schiavo. Purtroppo chi cerca lavoro non ha il coltello dalla parte del manico, ed e´costretto ad adeguarsi, oppure ad espatriare. Per questo credo che aldila´ di motivazioni politiche, economiche,sociali (magari condivisibili) il problema sia prima di tutto culturale, e dunque ancora piu´ difficile da estirpare.
ponteggiroma :
concordo in tutto con la lucida analisi di archfish.
Gn 85 permettimi di contestare l'affermazione che in germania si comportino tutti secondo etica, mentre qui siamo geneticamente predisposti all'egoismo. Direi piuttosto che lì sono state create le condizioni affinché non sia conveniente lavorare da dipendente con quel regime fiscale, mentre qui si; volutamente o meno.
arch_mb :
Ponteggi: esatto. Non è l'etica il punto.
Gn85 :
Ciao Red,
ho letto ora il tua messaggio e ti ringrazio per la tua esaustiva spiegazione. Quanto alla tua domanda, direi che se riuscissi a trovare un lavoro degno di tale nome (non necessariamente come architetto) in Italia, tornerei subito senza pensarci. Credo che come me gran parte degli italiani all´estero farebbero lo stesso; il trasferimento purtroppo non e´ quasi mai frutto solo di una scelta volontaria, ma di necessita´.
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