ELIFRI : [post n° 489997]

Requisiti minimi stanza 9mq

Buongiorno,
sto per acquistare un’abitazione a Roma e, dopo l’accettazione della proposta, ho ricevuto la documentazione urbanistica dell’immobile, che comprende la Licenza Edilizia (1951) e l’ultima CILA presentata nel 2019.
Essendo un tecnico, sto verificando la conformità urbanistica derivante dall’ultima CILA. Durante il controllo dei metri quadrati dichiarati e del relativo RAI, ho notato che una stanza finestrata indicata come camera da letto di 9,15 mq, in realtà misura 7,5 mq.

Analizzando meglio l’elaborato grafico, ho ipotizzato che il tecnico precedente abbia incluso nel calcolo della superficie della stanza una porzione del disimpegno adiacente che oltre alla camera in oggetto da accesso anche ad un bagno e una cucina. Tale porzione, che sommata ai 7,5 mq effettivi raggiungerebbe i 9,15 mq dichiarati, è rappresentata graficamente da una linea tratteggiata. Tuttavia, nella realtà, questa delimitazione è immaginaria, in quanto il disimpegno è direttamente collegato al restante corridoio dell’ingresso, senza elementi fisici di separazione (come controsoffitti o pareti).

La mia domanda è la seguente: se la camera da letto di 7,5 mq fosse priva di una porta, avendo soltanto un’apertura di 90x210 cm, è necessario che la porzione del disimpegno inclusa nel calcolo venga fisicamente delimitata da un elemento costruttivo (es. controsoffitto, pareti parziali, ecc.) per essere considerata parte integrante della stanza?

È importante considerare che il Regolamento Edilizio di Roma stabilisce che le stanze con una superficie inferiore a 9 mq, ma superiore a 4 mq, non possono essere dichiarate come ripostigli se dotate di finestra, una condizione che si applica al caso in questione.
Inoltre, la CILA in oggetto ha modificato questo ambiente, che in origine (ante 1975) aveva una superficie di circa 5 mq. L’ambiente è quindi stato oggetto di interventi successivi al 1975 (post regolamento igienico-sanitario), che ne hanno aumentato la superficie senza però raggiungere il minimo richiesto dal Regolamento Edilizio, escludendo dal calcolo la porzione di disimpegno.

Nel caso il tecnico non abbia adottato un escamotage come quella sopra indicata, questo si configurerebbe come un abuso? Potrebbe essere sanato (senza interventi edilizi) modificandone la destinazione?
Grazie
ArchiNa :
Salve,
a mio parere l'eliminazione della sola porta non giustifica l'unione delle due superfici in un unico ambiente, pertanto la stanza può comunque essere utilizzata come ambiente accessorio (es. studio) ma non come camera da letto.

Premesso che parlo senza carte alla mano, non riscontro alcun abuso, al massimo si tratta di una dichiarazione non del tutto conforme da parte del tecnico. Ad ogni modo la cosa andrebbe specificata con opportuna dicitura "studio" nella scheda catastale.
ELIFRI :
Grazie per la risposta. Il Regolamento edilizio di Roma non prevede però locali con destinazione "studio" o locali accessori in generale. Da un'interpretazione personale di questo, sembrerebbe che tutte le stanze finestrate superiori a 4mq (al netto di cucina/servizi/disimpegni) devono essere adibite a camere/salotto e quindi rispettare i requisiti di queste.
archspf :
D'accordo con chi precede: l'elemento dirimente non può essere l'esistenza o meno di una porta ma il fatto che sussista un rapporto diretto tra le superfici ancorché legato al concetto di "ampia comunicazione" tra i vani.
Riguardo al citato regolamento confermo la corretta interpretazione: nessun ripostiglio con finestra se supera i 4mq ed in ogni caso sono ammesse solo "stanze" con destinazione camera da letto (9 e 14) e soggiorno (14).
In abito generale avrei potuto dire che la minor dimensione originaria non avrebbe implicato necessariamente un abuso in quanto la licenza edilizia (1951) è antecedente l'entrata in vigore del DM Sanità (1975), tuttavia in considerazione del fatto che il R.E. di Roma risale al 1931, e che la pratica successiva comunque non rispetta i parametri minimi, permarrebbe tutt'ora una irregolarità peraltro insanabile, o per meglio dire si determinerebbe l'inefficacia della CILA con conseguente necessità della rimessa in pristino.
ELIFRI :
Innanzitutto grazie.
Secondo lei sarebbe possibile fare una Cila in sanatoria dichiarando quella stanza non più come una camera da letto ma come servizio ad uso lavanderia? Nel caso affermativo, questa sanatoria la dovrebbe fare lo stesso tecnico che ha redatto la cila oppure anche un altro tecnico?
archspf :
No a tutte le domande: fermo restando che in nessun caso avrei consentito una tale richiesta in quanto presuppone il reato di falsa dichiarazione, vi è comunque un precedente che inchioda la destinazione d'uso preesistente.
Le "furbate" (magheggi qui a Roma) lasciamole ad ambiti ove non vige la responsabilità altrui.
ELIFRI :
Quindi mi pare di capire che l'unica e sola soluzione è quella dell'inefficacia della CILA e la conseguente messa in pristino. Visto che all'interno dei lavori di questa CILA sono state fatte ulteriori modifiche su altri locali (ad es. spostamento bagni, etc..) mi chiedo se la messa in pristino vada fatta su tutte le modifiche o solo sul locale non conforme. Inoltre mi vien da pensare che se la CILA verrà dichiarata inefficace, le eventuali detrazioni fiscali collegate decadrebbero anch'esse corretto?
Mi chiedo se ci sia un'altra strada più facilmente percorribile affinché non si incorra in una soluzione così drastica e quindi con il dubbio che il venditore non sia più interessato alla mia proposta d'acquisto (già accettata). E' molto probabile appunto che il venditore non sia a conoscenza di questa situazione che ha creato il precedente tecnico!
archspf :
deve rivolgersi ad un tecnico locale, non è possibile valutare soluzioni in questa sede.
Kia :
Io parlerei cin il proprietario attuale spiegando i dubbi.
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