pico : [post n° 75194]

L’ingegnere junior chiede spazio

Anche i nostri "colleghi" non se la passano meglio...


I laureati triennali rivendicano un ruolo in linea con le attese del mercato
Al lavoro autonomo, spesso in team, si arriva in molti casi dopo esperienze in azienda

Milano - «Più giovani, più tecnologici, più operativi», almeno così dipingono se stessi. Dipendenti a 25 anni, a 30 spesso hanno già avviato (o sono in procinto di farlo) uno studio professionale. E se non lo si è ereditato dal padre geometra, la scelta cade sull’associazione con altri colleghi, perché «se la specializzazione è un vantaggio bisogna saper giocare di squadra affinché a vincere sia il cliente». Parola di ingegnere iunior, profilo triennale “figlio” della riforma universitaria del «3+2» e del Dpr 328/2001. Sono circa 400 corsi di ingegneria di primo livello, che formano figure professionali richieste dalle imprese desiderose di avere giovani “tecnici” da assumere a stipendi “calmierati”. Fa da contraltare la diffidenza dagli Ordini che negli ingegneri iunior hanno spesso individuato una diminutio professionale. Una figura che non avrebbe appeal nel mercato: secondo il Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni), in base ai risultati dell’indagine Excelsior, su 15.139 laureati, nel 2004, le imprese italiane avrebbero assunto appena l’8% degli ingegneri iunior.
Ma i giovani ingegneri triennali (che in Paesi come Francia, Germania e Gran Bretagna sono la maggioranza) rifiutano l’etichetta di periti “emancipati” e chiedono un quadro legislativo chiaro per rispondere a «una domanda di mercato che chiede di coniugare preparazione e capacità operativa». Un obiettivo che i triennali (e gli ingegneri sono i più numerosi) tentano di centrare anche con l’impegno e la rappresentanza nei Consigli degli Ordini.
Il puzzle di storie. Senza pretendere di “scandagliare” l’universo dei professionisti triennali, le storie di molti ingegneri iunior si possono definire casi di successo.
Ha iniziato come dipendente prima di mettersi in proprio Reitano Boffa, da Torino, 32 anni, un diploma triennale in ingegneria meccanica nel 2000 e una laurea “breve” nel 2004. «Nelle imprese – afferma – laureati triennali e quinquennali finiscono per avere le stesse mansioni, con la differenza che gli iunior arrivano più giovani, sono più “duttili” e costano meno. Chi ha ambizioni di autonomia, fa esperienza e poi si mette in proprio. Io ho uno studio, come quasi il 90% dei 50 iscritti triennali all’Ordine di Torino e mi occupo di impiantistica. Purtroppo, prevale una concezione quantitativa degli anni di studio, mentre andrebbe misurata la qualità della preparazione».
Gli spazi. Le difficoltà ci sono state soprattutto all’inizio, spiega Giovanni Alfano (ingegnere civile napoletano, che collabora con il padre geometra), «quando il privato era curioso del nostro titolo e la Pa non comprendeva il nostro timbro, diverso da quello degli ingegneri “senior”. Abbiamo dovuto spiegare cosa facevamo e chi eravamo, ma la credibilità la si acquista sul campo».
«E’ più difficile mettersi in proprio a Milano rispetto ad altre realtà» commenta Enrico Memmo, 31 anni, marketing manager di una multinazionale biomedicale, «perché se le imprese offrono concrete prospettive ai triennali, la libera professione sconta l’elevata concorrenza dei laureati senior al Politecnico».
Per Giacomo Andriola, libero professionista a Milano, è fondamentale «precisare il concetto di “metodologie standard” e i limiti sulle competenze oltre i quali si crea contenzioso con i quinquennali».
«Le competenze sono parcellizzate perché più specialistico, rispetto a 10-20 anni fa, è il sapere tecnico-scientifico» afferma Enzo Boccassini, 35 anni, tarantino con diploma in ingegneria delle infrastrutture nel ’99 e laurea triennale in ambiente e territorio nel 2005. «Il doppio titolo è prova che la formazione professionale continua è per noi una realtà, senza attendere l’Ordine. Progetto capannoni industriali ma svolgo anche consulenza ambientale e certificazione della qualità. Arrivo sin dove il mio know how mi consente, restando punto di riferimento per il cliente anche quando mi avvalgo delle prestazioni di un altro collega iunior o di un senior, ad esempio per firmare le valutazioni di impatto ambientale».
Le competenze «standardizzate» dal Dpr 328/2001 restano sullo sfondo di progetti di squadra in cui hanno un ruolo decisivo tanti ingegneri iunior, come spiega Tatiana Franceschini, 28enne di Lucca, ingegnere iunior delle telecomunicazioni.
La ricerca. «C’è spesso contrasto con i laureati specialisti sulle competenze», ammette Mauro Rea, ingegnere civile iunior di 33 anni, romano. Ma se vale la preparazione non ci sono steccati. «Collaboro – racconta Rea – con l’università e sono coinvolto in progetti di ampio respiro per lo sviluppo di sistemi sperimentali». Elena Zumino, laureata in ingegneria nucleare nel 2002, dipendente, ricercatrice in medicina radionucleare ha registrato, con un fisico e un medico, anche un brevetto. «Sto avviando – spiega – uno studio associato per fornire un carnet di competenze integrabili ai nostri clienti. I rapporti con i coetanei quinquennali e con le imprese sono ottimi. Un po’ meno con l’Ordine, che resta diffidente e non ci valorizza. In più, come donna, voglio impegnarmi per aumentare la rappresentanza femminile. Mi ero candidata per il Consiglio nazionale ma ho perso. Sarei stata la prima donna consigliere nella storia della categoria».

Tratto da il sole 24 ore del 21 febbraio 2005
a firma Laura Cavestri

Link di riferimento:

www.architetto.info/nocomment/default.asp?id=86
nico_cad :
ho un pensiero preciso, a mio avviso i laureati triennali hanno solo perso tempo....converrebbe che invece di chiedere spazio facessero gli ultimi due anni di specializzazione....
non li chiamerei "colleghi" neanche con le apostrofi....ne hanno di strada da fare...
se noi laureati quinquennali usciti dall'università ne sapevamo poco in confronto quelli incontrati da me...ne hanno di cose da imparare....
più che lamentarsi converrebbe che studiassero.
ovviamente non ce l'ho con loro che sono "caduti nella trappola" ma con chi quella trappola l'ha pensata ed organizzata!!!
saluti nico_cad
giulio :
Caro niko non essere tanto contrario alla laurea triennale anzi per me e' una bella cosa perche' ci tengo a dire che chi ha frequentato e poi si e' laureato con la triennale non ha nulla da invidiare ai quinquennali dato che hanno innanzitutto il triennio comune e parlo delle materie di studio quindi che caz..o devono imparare in piu' dato che il grosso delle materie li hanno affontati entrambi e nello stesso modo di studio e di esami ???Caro niko grazie alla laurea triennale ora io guadagno 10.000 € al mese e la mia esperienza l'ho fatta sul cantiere e non sui libri ....quindi che mi facevo gli altri due anni a che ca...o servivano forse a farmi guadagmare 20.000 € al mese booo chissa'??ciao..............ciao.........
KS :
Salve a tutti.
Da poco frequento questo sito e forse qualcuno potrebbe ritenermi abusivo visto che non sono architetto ma solo geometra, ingegnere civile e pianificatore territoriale-urbanista.
Ma volevo dire la mia sulle competenze e sugli anni di studio. Se un ing. Triennale ha acquisito le capacita' e competenze per lavorare nel mercato e poi lo dimostra effettivamente col lavoro (ed anche con i soldi che guadagna - qualcuno parla di 10.000 euro al mese - e c'è solo da fargli i complimenti) ma che problema c'è? Effettivamente altri due anni secondo voi fissano un abisso tra triennale e quinquiennale? Io sono ing. Civile v.O. Ma vi assicuro che di ing. Elettronica non ne capisco nulla o quasi essendo strutturista - idraulico. Ben vengano i junior con competenze, ovvio, ma visto che il triennio è lo stesso non farei tanto lo "schizzinoso" se fossi poi un quinquiennale.
Ks
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