Milano e Norman Foster

rassegna web

Corriere della Sera 09/07/2003

di CATERINA PASOLINI

L'architetto: penso a una Fiera con fontane e corsi d'acqua Foster: "La scommessa è puntare sulla qualità rispettando il passato. Anche qui sta per arrivare l'onda della rinascita" 

«La qualità della vita nelle nostre città è direttamente collegata alla qualità del disegno. E la qualità è anche un'attitudine mentale. Per questo è importante che si mettano insieme uomini di varie discipline, dagli architetti agli urbanisti, da chi costruisce case a chi progetta il paesaggio per migliorare la qualità della vita urbana».

Ha le idee chiare sir Norman Foster, il grande architetto inglese che ha progettato, tra gli altri, il Reichstag a Berlino, il Millenium Bridge a Londra e che parteciperà all'ideazione per lo spazio della Fiera. [...]

Nuovi quartieri a Milano, come li immagina? «La scommessa di tutte le città è come unire l'alta densità abitativa con l'alta qualità della vita urbana, che è fatta non solo dal tipo di palazzi ma soprattutto dalle infrastrutture, dagli spazi pubblici, dai parchi, dai viali, dalle strade e dalle piazze».

Quindi come progettare? «Non ho preconcetti o pregiudizi, si può decidere di fare una costruzione in orizzontale o con grattacieli. Dipende dall'area. Bisogna studiarla, capirne le origini, i collegamenti, storici e non, col resto della città, con i quartieri vicini. Capirne lo spirito, sentirne l´essenza, quasi il profumo».

Perché? «Perché i quartieri migliori sono quelli che hanno un rapporto di continuità col resto della città, qualunque nuovo sviluppo edilizio non deve essere un'isola a sé stante, ma una parte del tutto».

E Milano che spirito ha? «Legato all'industria, al design. Io sono nato a Manchester, in una città industriale al nord dell'Inghilterra per cui la capisco, mi piace, mi piace la sua vitalità. Ci sono venuto a studiare nel '59 e qui ho molti amici e interessi».

E dal punto di vista architettonico? «Mi piace la Galleria che collega il Duomo alla Scala, mi piacciono le sculture di Pomodoro, la Torre Velasca e il grattacielo Pirelli, ma anche i vecchi palazzi dell'Ottocento e quei magnifici cortili».

Non è un po' ferma da anni, Milano, rispetto ad altre città europee? «La stessa cosa si poteva dire di Londra fino a qualche anno fa. È questione di ondate. Ogni città ha il suo tempo per rigenerarsi, per rinnovarsi e io credo che anche qui stia arrivando l´onda del nuovo».

E sul progetto Fiera? «Ci vuole tempo. Devo prima capire e sentire la zona, sicuramente ci vedo dei corsi d´acqua, delle fontane. E oltre a piazze e viali bisogna ricordarsi l´importanza della questione ecologica, dei mezzi di risparmio energetico che non inquinino».

Lei ama il lavoro in team? «Soprattutto su un progetto di questa grandezza vorrei lavorare con i miei vecchi colleghi di altre discipline ma anche incoraggiare giovani team di architetti, paesaggisti, urbanisti. Superare i limiti di età e di nazionalità in nome dell´alta qualità».

Non solo grandi nomi, quindi? «Esatto, quello che mi piacerebbe sarebbe riuscire a mettere in contatto e costruire team con esperti di tutte le discipline. E soprattutto penso che anche i giovani talenti italiani vadano incoraggiati a partecipare ai grandi progetti».

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