SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività): duri i rilievi del Consiglio di Stato sul DLgs della Madia

Molti punti della delega non affrontati e pasticciata la disciplina della cosiddetta "SCIA unica"

Parere critico quello del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo messo a punto dal Governo per riformare la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), in attuazione della legge delega 124 del 2015 (per i contenuti dello schema di DLgs: Riforma della SCIA: ok dalle Regioni, ma con osservazioni).

Tanti i punti da rivedere secondo Palazzo Spada, che, per analizzare il testo ha costituito una Commissione speciale composta da magistrati provenienti sia dalle Sezioni consultive che da quelle giurisdizionali. Da rivedere del tutto, secondo il parere del CdS, è in particolare l'articolo che riguarda la cosiddetta "SCIA unica".

Una lunga analisi quella della Commissione, che inizia con rilievi che non riguardano l'articolato. A circa sei anni dalla nascita della SCIA, che - viene rimarcato nel parere - rientra nell'ambito delle attività libere, mancano ancora chiarimenti sulla questione della tutela del terzo che ritenga di aver subito lesioni per effetto dell'avvio di un'attività soggetta a SCIA. 

I 18 mesi per l'annullamento d'ufficio

Altro rilievo importante riguarda il termine di 18 mesi per l'annullamento d'ufficio. Si tratta di una disposizione che era stata introdotta con la legge delega 124 de 2014 e andata subito in vigore con la sua pubblicazione. In particolare viene previsto che l'amministrazione possa far ricorso all'annullamento d'ufficio, ma in un tempo limitato, ossia non superiore a 18 mesi dall'adozione dei provvedimenti di autorizzazione. 

Si tratta di una misura importante secondo il Consiglio di Stato, perché regola la certezza dei rapporti tra pubblico e privato. Ma, tale regola, così come scritta, si presta a pratiche elusive, viene rimarcato nel parere. In particolare, si potrebbe ritenere che per rispettare il termine dei 18 mesi sia sufficiente iniziare l'iter dell'autotutela «magari privo di motivazioni e destinato a protrarsi per anni». Il termine dei 18 mesi secondo Palazzo Spada va invece riferito alla compiuta adozione degli atti inibitori, repressivi o conformativi.

Ci sarebbe, inoltre, da precisare il momento a partire dal quale scatta il termine dei 18 mesi. La norma non chiarisce se tale termine decorra dalla presentazione della SCIA o dal termine di 30 o 60 giorni fissato per l'esercizio del potere di verifica (termine per i provvedimenti di inibitoria).

Attuazione incompleta della legge delega

Non tutti i punti della legge delega vengono attuati, anzi, ne restano fuori alcuni molto importanti, affermano da Palazzo Spada.  Manca innanzitutto l'individuazione dei procedimenti soggetti a SCIA, a silenzio assenso, ad autorizzazione espressa e a comunicazione preventiva, che viene rinviata a successivi decreti legislativi. E, secondo Palazzo Spada era quello il primo passo da compiere e punto più importante della legge delega.

«Sarebbe stato auspicabile - si legge nel parere - che l'attuazione della delega, preferibilmente con un unico decreto legislativo, non prescindesse dalla pur non facile opera di ricognizione e classificazione dei procedimenti, di indiscutibile utilità per il cittadino chiamato a orientarsi tra le nuove potenzialità della liberalizzazione delle attività economiche e il permanente potere di intervento delle pubbliche amministrazioni, con le sue diverse tipologie».

Il silenzio assenso

C'è anche un'altra parte delle delega che non viene presa in considerazione nel decreto sulla SCIA e riguarda la disciplina generale del silenzio assenso e la previsione dei termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere.

«Manca, in particolare - rilevano da Palazzo Spada - la previsione dell'obbligo di comunicazione ai soggetti interessati dei "termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda"».

L'articolo 19 delle legge 241 del 1990 va riscritto

Sarebbe opportuno riscrivere l'intero articolo 19 della legge 241 del 1990, quello che regola la SCIA, in modo da avere in quel provvedimento tutta la disciplina nella sua interezza, impedendo che disposizioni legislative siano sparse in più testi normativi.

Sarebbe auspicabile, secondo il Consiglio di Stato, raccordare le novità con quanto previsto dalla legge 241 e in particolare dagli articoli 19, 21 e 21-nonies. Si tratterebbe di affrontare, anche con decreti attuativi successivi a quello esaminato, alcune difficoltà interpretative che ancora rimangono sul fronte della SCIA, confermate anche dalle non univoche conclusioni della giurisprudenza.

Da rivedere la "SCIA unica"

Da riscrivere è l'articolo che prevede la presentazione di un'unica SCIA all'amministrazione di riferimento, pur in presenza di procedimenti complessi. Secondo il Consiglio di Stato non è ben definito il caso della Scia subordinata ad autorizzazioni, verifiche o pareri preventivi.

In particolare Palazzo Spada definisce tre possibili scenari da prevedere per completare la normativa e renderla idonea a risolvere incertezze normative.

La prima opzione: limitare l'ambito di applicazione della SCIA ai casi in cui non è necessario dover richiedere ulteriori atti di assenso. Si tratta dei casi in cui l'avvio dell'attività è subordinato al solo possesso di requisiti predeterminati dalla legge (SCIA pura). Anche se, una scelta simile limiterebbe molto il campo d'azione della SCIA, come lo stesso parere rileva.

La seconda opzione consiste nel considerare nel campo d'azione della SCIA anche i casi che necessitano di preventivi atti di assenso. La SCIA viene presentata dall'interessato solo dopo aver ottenuto i nulla osta, i pareri e le autorizzazioni necessari. 

La terza ipotesi prevede invece che presentata la SCIA, sia l'amministrazione ricevente a raccogliere i vari atti di assenso. Ma in questo caso l'efficacia della SCIA deve essere differita al completamento del procedimento di autorizzazione e l'attività non può essere iniziata dalla data di presentazione della SCIA come prevede lo schema di decreto. 

L'attività si avvierebbe concretamente solo dopo aver ricevuto tutte le autorizzazioni e questo è contraddittorio rispetto alla definizione stessa di Segnalazione di inizio attività, si tratterebbe, piuttosto, «di una vera e propria richiesta di inizio attività che potrebbe configurarsi come un modello aggiuntivo e complementare alla SCIA pura». 

Definiti i tre scenari, il parere passa la palla al Governo, al quale  spetta la scelta tra le tre opzioni «ponderandone vantaggi e svantaggi nei confronti di cittadini e imprese».

di Mariagrazia Barletta

» Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale del 15 marzo 2016
Parere 839 del 30 marzo 2016

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