Débat public in vigore dal 24 agosto, ma servono i decreti attuativi

È entrato in vigore il 24 agosto il decreto del presidente del Consiglio dei ministri (messo a punto dal precedente Governo) che introduce nell'ordinamento italiano il dibattito pubblico, procedura che - come è noto - viene mutuata dalla Francia con l'obiettivo di coinvolgere le comunità nelle scelte che riguardano le grandi infrastrutture. Facilitare la comprensione e l'accettazione delle opere da parte dei cittadini ed evitare contestazioni (e rallentamenti) nelle fasi di realizzazione, sono alcuni dei vantaggi che dovrebbero derivare dalla procedura. Peccato che manchino ancora all'appello i decreti attuativi.

Non vi è traccia in Gazzetta ufficiale, infatti, dei decreti che dovrebbero dare attuazione al dibattito pubblico. Manca il decreto del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) che serve per istituire la Commissione nazionale che avrà il compito di monitorare il corretto svolgimento della procedura. Senza la Commissione il débat public non può partire. Va detto, però, che per l'emanazione di tale decreto il Dpcm dava tempo fino all'8 settembre. Comunque, alcuni nomi dei membri della Commissione già si conoscono (si veda l'articolo del 24 luglio).

Tra i tasselli mancanti vi è anche il decreto delle Infrastrutture che serve a definire i contenuti dei livelli progettuali, tra i quali vi è anche il documento di fattibilità delle alternative progettuali. Quest'ultimo può essere di estrema utilità nel caso del dibattito pubblico.

La Commissione nazionale

Una volta messa in piedi la Commissione nazionale, a questa saranno affidati compiti rilevanti nell'ambito del dibattito pubblico, come il monitoraggio del corretto svolgimento della procedura, del rispetto della partecipazione del pubblico e della necessaria informazione durante lo svolgimento del dibattito. Essa sarà composta da due rappresentanti (di cui uno con funzione di presidente) nominati dal Mit, da tre membri designati dal presidente del Consiglio dei Ministri, da cinque rappresentanti dei ministeri dell'Ambiente, dello Sviluppo economico, dei Beni culturali e della Salute. Infine da cinque rappresentanti scelti dalla Conferenza unificata, due nominati dalle Regioni, uno dall'Upi e un altro dall'Anci. Come stabilito dal Dpcm ai componenti della Commissione, che restano in carica cinque anni, non sono dovuti compensi, gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi.

Le opere soggette a dibattito

Sono varie le opere che devono obbligatoriamente passare per il dibattito pubblico. In particolare l'allegato 1 del Dpcm le classifica per tipologia e per soglie, espresse in termini finanziari (che vanno dai 500 milioni di euro per autostrade, strade e ferrovie ai 300 milioni di euro per gli interporti e gli impianti e insediamenti industriali, fino ai 200 milioni di euro per gli aeroporti e i porti) e dimensionali (ad es. per strade e ferrovie si fa riferimento a opere che comportano una lunghezza del tracciato rispettivamente superiore a 15 km e a 30 km).

Entro precisi limiti dimensionali e finanziari (si veda la tabella allo schema di Dpcm) sono soggetti a débat public: autostrade e strade extraurbane; tronchi ferroviari; aeroporti; porti marittimi commerciali, vie navigabili e porti per la navigazione interna; terminali marittimi (moli, pontili, boe galleggianti, isole a mare); interventi per la difesa del mare e delle coste; interporti; elettrodotti aerei; impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole; opere per il trasferimento d'acqua tra regioni diverse.

Sono soggetti al dibattito pubblico anche infrastrutture ad uso sociale, culturale, sportivo, scientifico o turistico e impianti e insediamenti industriali, che comportano investimenti complessivi superiori a 300 milioni di euro. Inoltre, le soglie dimensionali stabilite dall'Allegato 1 devono essere dimezzate nel caso in cui gli interventi riguardino beni iscritti nella lista dell'Unesco (elenco siti italiani) o zone definite "tampone" dalle linee guida operative emanate sempre dall'Unesco, oppure parchi nazionali e regionali o aree marine protette.

Come precisato nelle disposizioni relative al periodo transitorio, l'obbligo di attivazione del débat public scatta per le opere che rientrano nelle tipologie e soglie dimensionali ed economiche definite dal Dpcm, per le quali il provvedimento di affidamento dell'incarico di redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica (o la determina a contrarre) è stato adottato successivamente al 24 agosto 2018.

Infine, al di là delle soglie e delle tipologie di opere per le quali scatta l'obbligo di dibattito, l'ente aggiudicatore o l'amministrazione aggiudicatrice può indire il dibattito pubblico di sua iniziativa, se ne rileva l'opportunità.

Il progetto di fattibilità in due fasi

C'è anche un altro tassello mancante: bisogna definire i contenuti del progetto di fattibilità in due fasi. Il dibattito pubblico si svolgerà, infatti, nelle fasi iniziali della progettazione in riferimento al progetto di fattibilità tecnica ed economica o al documento di fattibilità delle alternative progettuali.

Per le opere soggette al dibattito pubblico, dunque, il progetto di fattibilità può essere articolato in due fasi successive di elaborazione. In particolare, nella prima fase il progettista individua ed analizza le possibili soluzioni progettuali alternative, ove esistenti, e redige il documento di fattibilità delle alternative progettuali. Nella seconda fase si arriva alla definizione del progetto di fattibilità tecnica ed economica (tale livello di definizione progettuale - va ricordato - è stato istituito dal nuovo Codice degli appalti in sostituzione del progetto preliminare).

Ciò che manca ancora è il decreto del Ministero delle Infrastrutture, emanato su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici, di concerto con i ministeri dell'Ambiente e dei Beni culturali, che deve definire i contenuti dei tre livelli di progettazione. Un decreto atteso da tempo, attuativo del Codice dei contratti pubblici. Decreto di cui si sono perse le tracce, le ultime risalgono allo scorso marzo, quando la tabella pubblicata dal Mit, per fare il punto sui decreti attuativi del Codice emanati e da emanare, indicava che «in data 20 marzo 18 il nuovo testo, che ha recepito le disposizioni del Correttivo al Codice dei contratti pubblici, è stato sottoposto nuovamente al concerto del Mattm e Mibact».

Comunque, fino a quando non entrerà in vigore il decreto che andrà a specificare i contenuti dei livelli di progettazione, il dibattito pubblico si svolgerà sulla base del progetto di fattibilità.

Il dibattito pubblico attivato su richiesta specifica

Per quanto riguarda le tipologie di infrastrutture soggette a dibattito pubblico inserite nell'elenco allegato al Dpcm, è possibile che la procedura del dibattito sia attivata su richiesta. Questo accade per soglie dimensionali ridotte di un terzo rispetto a quelle fissate nell'allegato al decreto. Dunque, se si raggiungono i due terzi di quelle soglie, l'obbligo di dibattito non è automatico, ma scatta per l'ente aggiudicatore o per l'amministrazione aggiudicatrice se c'è una richiesta da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri o dei ministeri direttamente interessati.

La richiesta può essere avanzata anche dai Consigli regionali o di una provincia, di una città metropolitana, oppure di un capoluogo di provincia territorialmente interessati dall'intervento. La richiesta può partire anche da uno o più consigli comunali o di unioni di comuni se rappresentativi di almeno 100mila abitanti oppure da 50mila cittadini elettori nei territori in cui è previsto l'intervento. Per le isole con non più di 100mila abitanti e per i comuni di montagna per attivare il dibattito serve, invece, raggiungere la soglia di un terzo degli elettori.

DPCM 10 maggio 2018, n. 76. Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico

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