Corte Costituzionale – Legittimo il contributo dovuto all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici

La Corte Costituzionale, con una sentenza dello scorso 6 luglio ha dichiarato non fondate le questioni aventi ad oggetto l'art. 1, commi 65 e 67, della legge n. 266 del 2005, proposte dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Regione Piemonte.

La Corte Costituzionale, con una sentenza dello scorso 6 luglio ha dichiarato non fondate le questioni aventi ad oggetto l’art. 1, commi 65 e 67, della legge n. 266 del 2005, proposte dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Regione Piemonte.

La Provincia autonoma di Bolzano e la Regione Piemonte, con due distinti ricorsi, hanno promosso questioni di legittimità costituzionale dei commi 65 e 67 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006) sostenendo che la parte in cui la legge stabilisce che l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, ai fini della copertura dei costi relativi al proprio funzionamento, «determina annualmente l’ammontare delle contribuzioni ad essa dovute dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla sua vigilanza, nonché le relative modalità di riscossione, ivi compreso l’obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilità dell’offerta nell’ambito delle procedure finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche», interferirebbe illegittimamente nelle competenze delle Regioni, costituendo norma di dettaglio nella materia dei lavori pubblici, assegnata alla competenza legislativa residuale di cui all’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Le norme censurate, secondo le ricorrenti, sarebbero invasive della competenza legislativa ed amministrativa regionale e provinciale nella materia dei lavori pubblici, non compresa negli elenchi di cui al 3 ed al 4 comma dell’art. 117 della Costituzione, quindi riconducibile alla competenza regionale (e conseguentemente provinciale) residuale.

Le norme denunciate, secondo la suprema Corte, benché abbiano ad oggetto la determinazione e la disciplina dei contributi imposti ai soggetti sottoposti alla vigilanza dell’Autorità per i lavori pubblici, non attengono ad una materia spettante alla competenza regionale residuale (e provinciale ex art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001), quale sarebbe, secondo le istanti, la materia dei lavori pubblici.

Anzitutto, si ribadisce che la mancata inclusione dei lavori pubblici nella elencazione dell’art. 117 della Costituzione non implica che essi siano oggetto di potestà legislativa residuale delle Regioni.
Si tratta, infatti, di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale afferiscono e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potestà legislative esclusive dello Stato ovvero a potestà legislative concorrenti (sentenza n. 303 del 2003).

Le disposizioni censurate, come risulta anche dai lavori preparatori, perseguono il principale obiettivo, nel quadro dei crescenti vincoli posti alla finanza pubblica, di riduzione della spesa, mediante il trasferimento sui soggetti, privati e pubblici, sottoposti al controllo dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici dei costi di funzionamento della stessa, fino ad ora interamente a carico del bilancio statale.

Pertanto, le norme in questione stabiliscono un meccanismo di autofinanziamento dell’Autorità, cui attribuiscono il potere di identificare, con proprie delibere (sottoposte all’approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Ministro dell’economia e delle finanze), i soggetti tenuti alla contribuzione (individuati, con le delibere 26 gennaio 2006 e 10 gennaio 2007, nelle stazioni appaltanti, negli operatori economici e nei cosiddetti organismi di attestazione); e di stabilire l’entità della contribuzione e le modalità del versamento.

L’oggetto delle disposizioni impugnate è, dunque, la disciplina dei contributi obbligatori gravanti sui soggetti sottoposti alla vigilanza dell’Autorità, fra i quali possono esservi anche le Regioni e le Province autonome quali «stazioni appaltanti».

Tali contributi, in quanto costituiscono risorse – in precedenza ed in parte ancora oggi reperite attraverso la fiscalità generale – per il funzionamento di un organo quale l’Autorità, chiamata a svolgere una funzione di vigilanza sui lavori pubblici «unitaria a livello nazionale» (sentenza n. 482 del 1995), sono riconducibili alla categoria delle entrate tributarie statali, di cui soddisfano i principali requisiti.

Si tratta, infatti, di una contribuzione alle spese necessarie a consentire l’esercizio della sua attività istituzionale, che si caratterizza per la doverosità della prestazione, il collegamento di questa ad una pubblica spesa ed il riferimento ad un presupposto economicamente rilevante (sentenza n. 73 del 2005).

Le norme censurate, in quanto recanti la disciplina di contributi riconducibili alla categoria dei tributi statali, costituiscono, dunque, legittimo esercizio della competenza statale esclusiva in materia di «sistema tributario e contabile dello Stato» (art. 117, secondo comma, lett. e, della Costituzione).

Sentenza 6 luglio 2007 n. 256
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