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Learning from Center

pubblicato su "Volume" n.15 , nel tabloid allegato "RSVP 12A Reconnecting Naples" titolo originale "Suburbs as center", ed. Archis, Amsterdam, Olanda, 2008.

di Matteo Belfiore

Perchè il centro, al contrario della periferia, è quella parte delle città che vive di luce propria ed attira interessi ed investimenti? Forse per la sua capacità di re-inventarsi in continuazione senza perdere i propri caratteri peculiari, circostanza che la periferia non è spesso in grado di fare perché ripropone sempre gli stessi modelli e le stesse immagini in ogni parte del mondo. Per rigenerarsi la periferia deve dunque imparare dal centro e fare propri i caratteri di struttura, mixitè e Magnificenza civile.

In una città di fondazione come Napoli il centro insegna una coerenza abitativa duratura, prodotta da segni forti che sono le tracce, ancora permanenti, del disegno di impianto di metrica e geometria rigorose. Da allora l'architettura ha avuto infiniti mutamenti ma la sopravvivenza dei tracciati e dei rapporti tra pieni e vuoti rende la città sempre riconoscibile e ne conserva il genius loci. La ri-fondazione delle aree post-industriali può nascere dalla riscoperta dei segni e dalla loro valorizzazione in forme contemporanee. Le tracce lasciate nel tempo dall'acqua, dal vento, dall'uomo, possono essere ritrovate per disegnare nuove centralità. Come scrivevano nel periodo ecologista post-moderno John e Nancy Todd, a proposito di bioshelters, "il mondo vivente è la matrice di ogni progetto". Creata la struttura, l'organismo periferia può svilupparsi come opportunità per quelle esigenze della città contemporanea inesprimibili nei centri, spesso già saturi e consolidati. La bigness dei grandi parchi lineari francesi o dei macro-organismi degli Archigram - non più utopici - può essere quindi una strada da percorrere nelle aree periferiche per "[…] ricostruire l'Unità, far risorgere la Realtà, re-inventare il collettivo" (Rem Koolhaas).

La mixitè, quella coesistenza funzionale e sociale che garantisce la vitalità dei centri urbani, può prendere il posto della zonizzazione, che ancora troppo spesso è il criterio usato per la pianificazione delle aree a margine. Nessun urbanista ha mai pensato di applicare lo zoning al centro di una città che per sua natura è un sistema intrecciato e integrato di più funzioni. Tutti gli urbanisti applicano invece lo zoning alla periferia. Ne è prova il fallimento di uno dei più discussi casi di edilizia residenziale del dopoguerra - le Vele di Napoli progettate da Franz di Salvo - perché la periferia in questo caso è stata intesa come un contenitore indifferenziato da riempire, generando un ghetto sociale. Una strada da percorrere può essere suggerita dalla città giapponese. Qui anche i singoli edifici presentano una complessa stratificazione programmatica e sociale che rende i tessuti urbani del centro paragonabili a quelli dei sobborghi.

In un territorio strutturato dai nuovi segni portanti ed arricchito dalla mixitè, la qualità dell'abitare deve passare anche per una nuova Magnificenza civile. Napoli, ancora una volta, è un caso esemplare. Qui la dinastia borbonica, soprattutto nel XVIII secolo, ha lasciato numerosi esempi di architettura civile degni di questo nome. Il limite imposto da queste parti di città ormai imbalsamate può essere oltrepassato, nelle periferie, restituendo un ruolo centrale all'architettura contemporanea. Maurice Nio così descrive il suo approccio con le aree periferiche. "È davvero interessante lavorare con questi spazi, perché ora non sono nulla: sono culturalmente morti, senza un'anima. Ma allo stesso tempo offrono infinite possibilità in termini di risposte e di esperienze". Gli spazi di margine sono quindi il luogo privilegiato per una sperimentazione architettonica legata ai linguaggi contemporanei, per nuove forme di socialità, per l'arte. La magnificenza si esprime, in paesi come l'Olanda, attraverso opere di valore disseminate sul territorio senza discriminazioni geografiche: in questo modo la ricchezza economica e sociale generata ricade democraticamente su tutti.

Un punto di partenza per dare nuova dignità alla periferia può essere considerarla come un organo indipendente, un centro, al pari di quello storico e consolidato, non più appendice e semplice accrescimento di un centro ritenuto principale. Shelter può essere un anche un ombrello, il rifugio minimo. Sotto un ombrello di quelli piccoli ed economici ci si ripara male, ed in breve tempo occorre sostituirlo con uno nuovo. Costruire la periferia con modelli di buona qualità come lo sono i centri storici e consolidati è come acquistare un ombrello di buona fattura: ci si assicura un riparo confortevole, per lungo tempo.

 

 

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