Appalti, la Pa deve acquisire d'ufficio i documenti in suo possesso, ma senza ledere la par condicio

Il Tar Lazio si esprime sulla questione, toccando anche il tema della consultazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici da parte delle stazioni appaltanti

di Mariagrazia Barletta

Secondo la legge sul procedimento amministrativo (legge 241 del 1990, articolo 18), le amministrazioni che bandiscono una gara pubblica devono acquisire d'ufficio i documenti necessari all'istruttoria, già in loro possesso, in coerenza con le esigenze di semplificazione amministrativa. Ma questa regola non vale sempre, ad esempio non quando tale azione rischia di confliggere con il principio di par condicio. È quanto emerge da una recentissima sentenza del Tar Lazio (n. 14255 del 2023).

I giudici amministrativi sono stati chiamati a pronunciarsi in seguito al ricorso presentato da una società consortile alla guida di un raggruppamento arrivato al secondo posto nella gara, bandita da Anas, per l'aggiudicazione dell'appalto integrato per la realizzazione del sistema infrastrutturale di collegamento tra il porto di Civitavecchia e il nodo intermodale di Orte (tratta Monte Romano est - Civitavecchia). La richiesta consisteva nell'annullamento del provvedimento con cui Anas aveva aggiudicato la gara ad un altro Rti.

Secondo la ricorrente, per un presunto errore gli erano stati riconosciuti due punti, anziché quattro, relativamente al criterio tecnico "Esperienza specifica dell'impresa esecutrice". La commissione giudicatrice non aveva preso in considerazione due interventi realizzati dalla ricorrente, nello specifico due infrastrutture lineari, per un importo complessivo che sarebbe stato superiore a 165 milioni di euro. Se la commissione le avesse considerate, secondo la ricorrente, il raggruppamento secondo classificato avrebbe ottenuto un punteggio più alto, superando il Rti dichiarato vincitore. Le esperienze specifiche non considerate dalla commissione erano state indicate dalla ricorrente nella relazione tecnica e dettagliate in uno specifico allegato tecnico, senza però allegare documenti a comprova di quanto dichiarato.

Secondo la ricorrente, la lacuna nella documentazione non avrebbe dovuto giustificare la mancata attribuzione del relativo punteggio, in quanto la stazione appaltante avrebbe potuto consultare i relativi certificati di esecuzione dei lavori tramite la Banca dati nazionale dei contratti pubblici istituita presso l'Anac, una consultazione resa ancora più semplice - secondo l'impresa classificatasi seconda - dall'entrata in vigore del Fascicolo virtuale dell'operatore economico.

I giudici, ricordano che «ai sensi dell'art. 18, comma 2 della legge 241/1990, le Amministrazioni che bandiscono una gara pubblica devono acquisire d'ufficio i documenti necessari all'istruttoria già in loro possesso, in coerenza con le esigenze di semplificazione amministrativa ed in ossequio al divieto di aggravamento del procedimento». Nonostante ciò, tale principio non può essere applicato al caso in esame, vediamo perché.

Innanzitutto, il disciplinare, relativamente al criterio dell'esperienza specifica, non ammetteva autodichiarazioni o autocertificazioni a comprova dell'esecuzione dei lavori relativi alle referenze presentate, specificando il tipo di documentazione ritenuto valido. In assenza di idonea documentazione - veniva specificato dalla lex specialis - alla referenza sarebbe stato attribuito un punteggio pari a zero. In altre parole, secondo i giudici, in base ai contenuti del disciplinare, ai fini dell'assegnazione del punteggio tecnico controverso era, dunque, necessaria l'allegazione del certificato di esecuzione dei lavori.

Neanche il soccorso istruttorio avrebbe potuto arrivare in aiuto della ricorrente, in quanto secondo il Dlgs 50 del 2016, ma anche secondo il nuovo Codice degli appalti, tale istituto può essere attivato per la documentazione amministrativa ma non per i contenuti dell'offerta tecnica e tanto meno per quelli dell'offerta economica.

Secondo i giudici, inoltre, Anas ha legittimamente non considerato le referenze oggetto del contendere, in quanto, per esse, il committente non era Anas, bensì Autostrade per l'Italia. Dunque, «l'ipotetica attivazione in via officiosa, da parte della commissione, per una consultazione presso la banca dati Anac, finalizzata ad avallare l'esecuzione della commessa dichiarata dalla ricorrente avrebbe sostanziato una condotta discriminatoria tra i concorrenti».

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