Nella immgine in alto: il collegamento tra la ex scherma e la manica del Castellamonte
© Picco Architetti, Baietto Battiato Bianco, De Ferrari Architetti

Un polo per la formazione, la ricerca e la sperimentazione interdisciplinare in campo artistico, dedicato alle arti digitali, performative, multimediali. È quanto si tenta di creare negli spazi del sito Unesco della Cavallerizza Reale a Torino. Il progetto c'è ed è della cordata costituita da Picco Architetti, studio De Ferrari Architetti e Baietto Battiato Bianco Architetti Associati, con la direzione artistica e architettonica di Matteo Robiglio, studio Tra.

I principali attori pubblici e privati interessati alla realizzazione ci sono, il progetto coinvolge: la Regione Piemonte, la Città di Torino, la Fondazione Compagnia di San Paolo, l'Università degli Studi di Torino, l'Accademia Albertina di Belle Arti, il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino e la Fondazione Collegio Universitario Einaudi. E, costituito nel 2019 come Consorzio, il Polo delle Arti è oggi l'ente strumentale dell'Accademia Albertina di Belle Arti e del Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Torino. Tra l'altro il progetto ha raggiunto il livello di approfondimento dell'esecutivo.

Cavallerizza Reale, la mappa degli interventi

Ciò che si attende è l'integrazione delle risorse, o meglio, la pubblicazione degli esiti delle presentazioni del progetto in risposta a specifici bandi ministeriali dedicati agli Afam (Alta formazione artistica musicale coreutica) e alla residenzialità universitaria, al fine di ottenere un cofinanziamento pubblico e avviare l'effettiva realizzazione della sede del polo. L'investimento complessivo previsto è di circa 25,5 milioni di euro (di cui 14,4 milioni per la parte formativa e 11,1 milioni per la parte residenziale).

Il progetto del polo delle Arti non è il solo ad interessare la Cavallerizza Reale: altri spazi sono oggetto della proposta con cui lo studio CZA Cino Zucchi Architetti, insieme a Dotdotdot, Tiemme, Torino Stratosferica, Alberto Artioli e Valentina Capra, si è aggiudicato, lo scorso febbraio, il concorso per il restauro ed il riuso del grande compendio torinese.

L'obiettivo dell'iniziativa Polo delle Arti è insediare in un'area di oltre 7mq metri quadri complessivi: aule studio, spazi di rappresentazione aperti al pubblico, laboratori didattici, una sala teatrale, ma anche una scuola di scenografia, ora in parte ospitata nella sede distaccata Incet, il dipartimento di jazz e musica elettronica, oltre ad aule di composizione. A questi spazi si aggiungerebbe un Collegio di merito da 80 posti di studio, per accogliere giovani studenti universitari meritevoli, che potrebbero intraprendere un percorso formativo in ambito artistico e musicale.

Il prolungamento della manica su via Verdi,  © Picco Architetti, Baietto Battiato Bianco, De Ferrari Architetti

Il progetto, di riuso e restauro, punta a mantenere le peculiarità dell'edificio storico, adeguandole alle esigenze di spazio e distributive delle nuove funzioni. «L'architettura storica - scrivono gli architetti - è vista come un valore da salvaguardare e valorizzare nelle azioni complesse della trasformazione».

«Nel rispetto dell'architettura antica, le scelte sulle azioni possibili comprendono anche proposte di nuove addizioni: volumi e superfici lontani da livellamenti morfologici e da retoriche sulla conservazione. Il restauro, in particolare, ma anche le esigenze distributive delle nuove attività, hanno richiesto lo studio delle tecnologie e dei materiali appartenenti alla costruzione antica, occasione, questa, di rivalutazione delle ragioni che hanno portato alla struttura originaria, ma anche di confronto sulla ricerca di soluzioni compatibili con le caratteristiche strutturali e morfologiche del materiale d'origine», spiegano ancora gli architetti nella relazione di progetto.

Il prolungamento della manica,  © Picco Architetti, Baietto Battiato Bianco, De Ferrari Architetti

Gli spazi interni, © Picco Architetti, Baietto Battiato Bianco, De Ferrari Architetti

«La storia recente della Cavallerizza Reale ci restituisce un complesso architettonico denso di stratificazioni materiche e semantiche, evidenti nelle costruzioni sei-settecentesche di Benedetto Alfieri e Amedeo Castellamonte; queste stratificazioni paiono oggi riappacificarsi in una ritrovata unitarietà, nel mix funzionale suggerito dal programma del Polo delle Arti. Ed è sul rapporto fra le nuove funzioni insediate e l'edificio storico che il progetto fonda le proprie ragioni compositive e distributive, cercando quella legittimità necessaria alle scelte architettoniche e alle soluzioni funzionali. Posizione che guarda con favore alle differenze e ai caratteri formali delle architetture antiche, riconoscendone anche i valori meno evidenti, intrecciandoli poi con il progetto, in nuove relazioni», spiega Cristiano Picco, cofondatore dello studio Picco Architetti.

«Il nuovo segno principale - spiegano ancora gli architetti - è il completamento della manica su via Verdi, già condiviso con la soprintendenza che propone una trama verticale di elementi sottili che definiscono un involucro sorprendente sia sulla strada che sulla corte interna. La parte frontale della manica, rivolta al Teatro Regio, presenta grandi superfici vetrate accoppiate a una rete metallica bronzata. Questa trama verticale rispecchia l'andamento scalare della muratura della testata, ma conserva una propria autonomia sia in termini di materiale che di forma rispetto all'edificio storico».

«Un altro innesto - concludono - è il transetto di collegamento tra l'ex Padiglione della scherma e la manica del Castellamonte. Qui il progetto opta per una cerniera di raccordo autonoma rispetto agli edifici storici, creando un foyer per la sala teatrale e un ingresso al laboratorio di scenografia dell'Accademia Albertina».

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