dna : [post n° 229644]

Università e mondo del lavoro.

Mi piacerebbe avere una vostra opinione sul rapporto tra università e professione, mi spiego meglio..
la maggior parte di noi si scontra quotidianamente con problemi (i più disparati) quaili tecnici comunali, dia, Pdc, normative varie e disparate, Rai, superfici, volumi, capitolati, computi ecc.. del quale all'università in 5 anni, forse si è sintoto una volta un prof, fare un'accenno di due minuti. Cosa ne pensate?
la mia opinione è che tutto sommato, non è proprio un male tutto ciò, darò spigazione a chi me la chieederà.. grazie a tutti!
bonaparte :
lavorando negli interni non ho assolutamente a che fare con uffici tecnici etc.., ma appena ho iniziato a lavorare ho visto degli arredatori diplomati rimanere a bocca aperta nel constatare che un neoarchitetto nn sapeva dove posizionare un lavandino rispetto agli impianti o non conosceva il simbolo dell'uscita del gas di una cucina... lo schema di posa di un bagno e l'esecutivo di un banalissimo tavolo... mi sono sentita dire tante volte: ma cosa vi hanno fatto fare lì dentro??? che tristezza ...
Ily :
Ai laboratori di progettazione incoraggiavano a fare cose tipo case a forma di barca e alre astrusità del genere: al laboratorio del primo anno dovetti fare una casa frattale... non so se rendo l'idea. Altri compagni avevano cominciato a progettare partendo dall'idea della macchia d'olio, debitamente sviluppata in pianta e in prospetto, della piramide (mai capito come facessero ad arredare la punta che secondo loro era lo studio), della barca (con certi tiranti d'acciaio disposti ad arte per evocare non so bene cosa che io interpretai erroneamente come fili per stendere il bucato: il mio compagno autore del progetto praticamente mi negò il saluto).
Un altro laboratorio proponeva invece la casa per il sadomaso o quella dello sportivo: niente scale, ma solo corda e pertica per salire in camera da letto (chi propose quest'assurdità prese 30 e lode: se la presentassi davvero a un ufficio tecnico diventerei la favola dell'intero comune e mi boccerebbero il progetto, ovviamente).
Dopo quel primo laboratorio ho smesso di amare la progettazione pura, trovandola troppo astratta - e in effetti, fatta in quel modo secondo me sono solo s---e mentali.
Ho sempre avuto voti abbastanza bassi ai laboratori di progettazione perchè facevo cose squadrate e case a forma di casa: mi dicevano "manca l'dea progettuale" e io dicevo: l'idea c'è ed è quella che la forma segue la funzione. Appunto, mi rispondevano: non c'è ricerca, non c'è creatività... Ma fare un'ameba di 100 metri quadrati non mi sembra solo una cosa solo fine a se stessa.
isil :
Allora, la questione è spinosa e spero di riuscire a sintetizzare il mio pensiero......diciamo che l'università vorrebbe, attraverso questo atteggiamento, darci quel punto di vista diverso e nuovo, ci vorrebbe spingere ad avere 1 approccio critico al progetto alternativo alla vecchia scuola dove dominava la regola tipologica...in realtà mi sembra che ottenga proprio l'effetto contrario xkè, come la regola applicata in modo acritico propone dei risultati sterili così l'assenza di regole e la ricerca di modelli avulsi dal contesto architettonico si esauriscono in esercizi di forma lontani dalle esigenze umane...il risultato è appunto.....la cosa + lontana dall'architettura che ci possa essere! Ogni tanto i corsi di progettazione dovrebbero fermarsi e spingere gli studenti a riflettere un pò sulle radici dell'architettura! Con questo non nego la ricerca architettonica, perchè, a mio modesto parere, la ricerca è ben altra cosa...è consepevolezza!
dna :
la butto la, so che è un po' troppo schietta..
ma non è che possa essere un metodo di selezione naturale, del tipo, io università (scuola) ti insegno qualcosa, poi tu allievo, se riesci a cavartela ugualmente, diventi architetto, altrimenti quella che intraprenderai è un'altra strada.
inoltre quanti dei nostri ex colleghi di università dicevano: ma io non voglio fare l'architetto, e quindi tutto sommato, l'università in questo maldestro modo, pensa anche a loro?
Ily :
SAVERIO MURATORI

Cara Isil, il concetto di approccio all'architettura con la regola tipologica se non ricordo male fu quello adottato da Saverio Muratori nel suo corso di composizione alla Sapienza, purtroppo contestatissimo.
Conosco l'opera di Muratori tramite gli scritti dei suoi allievi Caniggia e Maffei (gli scritti del buon S.M. paiono purtroppo introvabili) e posso dirti che sono studi validissimi, che tutti gli architetti dovrebbero conoscere: le regole non scritte della tipologia nei secoli ci hanno dato spazi urbani splendidi, come ad esempio i tessuti medievali. Le degenerazioni del Muratori-pensiero purtroppo sono state due: il postmoderno da una parte, che tanto va ancora di moda nelle lottizzazioni di periferia, e la totale assenza di regole e di qualsiasi sensibilità verso il genius loci.
Credi che ai laboratori di progettazione ci abbiamo mai parlato di Muratori e soprattutto del suo approccio?
O fatto serie lezioni di storia dell'architettura contemporanea? NO!!!
Se ho voluto approfondire questi temi ho dovuto pensarci io, per mio conto...
isil :
X dna:
Mmmmmm....aspetto che non avevo considerato...mi sembra un pò troppo praticone come metodo per la nostra classe accademica (generalizzando ovviamente)!Non hanno certo paura di vedersi sottrearre lavoro da noi poveri troppo piccoli o troppo giovani professionisti! Però farebbe entrare un sacco di soldi nelle tasche delle università.............................. ci rifletterò!
x ily:
I laboratori di progettazione ABORRANO la parola tipologia. Sei un fico se usi come riferimento (che poi serve un riferimento per fare un progetto???? )il caos, i frattali, le amebe .........................Quando parlavo di tipologia non intendevo citare un riferimento così nobile, è una considerazione frutto del confronto con colleghi più grandi di 3 lustri circa...ho notato una forte differenza nell'approccio al progetto più strutturata, solida, in cui esiste un punto di partenza e un punto di arrivo!

P.S. A proposito di tipologia ho trovato molto interessante un libro di C.M Aris, Le variazioni dell'identità ....
Ily :
X Isil:

Infatti i miei professori di composizione vedevano tutti Saverio Muratori come il fumo negli occhi...
Inutile dire che nella biblioteca di facoltà (Ferrara) esisteva un'unico libro antologico di S.M. che praticamente trattava solo dei suoi progetti (che non mi piacciono) e che a tutt'oggi non esiste -almeno fino a un anno fa- una riedizione dei suoi scritti su cui mi butterei a pesce.
Grazie del consiglio!!! Io invece ti consiglierei "L'immagine della città" di Linch.
Una volta ho chiesto a un mio amico matematico e era materialmente possibile fare una casa a forma di frattale e si è messo a ridere...
bonaparte :
cmq parliamoci chiaro anche sul livello della docenza: chi di loro è stato assunto per merito professionale, chi di loro ha mai fatto una DIA o un progetto realizzato??? io avevo una schiera di sux nomi figli di papà docenti o ex politicizzati...
Ily :
Ma infatti io ho dovuto compilare per conto di un architetto (uno di quelli che sfornano rendering e progetti ipermodaioli e minimalisti con una semplicità disarmante) descritto dal mio capo come "bravissimo" che non sapeva nemmeno come è fatta la modulistica di una DIA...
Sob :-(
diabolikafra :
io credo che l'università non debba fare la selezione naturale di cui si accenna in questo post... dovrebbe dare una formazione più CONCRETA. c'è una disparità enorme tra il mondo del lavoro e l'università e non è solo in questa professione. personalmente credo che, come si è accennato nelle risposte, il problema reale è che anche gli stessi docenti non vivono il vero e proprio mondo del lavoro...
dna :
Molti docenti, almeno dove ho studiato io, vivono nel mondo del lavoro, hanno studi che funzionano alle spalle, e conoscono benissimo la vita reale.
l'evoluzione delle normative e dei vari adempimenti che "solo" la nostra professione richiede è in costante e voloce modifica.
immaginate cosa può significare insegnare ad uno studente anche del 3 anno, un quadro normativo come il nostro, faraginoso, privo di logiche, figlio dei tira e molla dei politicanti italiani, spesso incomprensibile, e slegato dal vivere comune, il risultato sarebbe quello di creare il corso più noioso che possa esistere, calate poi il tutto in una realtà, dove usciti dall'università oggettivamente non si saprà cosa si andrà veramente a fare, e capirete che è praticamente impossibile calare le facoltà di architettura nel mondo concreto del lavoro. capite che non può assolutamente interessare nulla di normatva ad un architetto che vorrà fare ricerca nell'ambito della storia dell'architettura..
isil :
Dubito che possa esistere un corso, in una qualsiasi delle facoltàdi architettura di tutta italia, che ci possa preparare a compilare una dia.....se consideriamo che tra 1 comune e l'altro spesso la situazione è paradossalmente molto diversa! Ovvio che è compito delle facoltà dare una formazione il più generale possibile...ma generale e non generica come in realtà avviene....certo calarsi ogni tanto, all'interno dei corsi di progettazione, nella realtà normativa non farebbe male a nessuno!
Claudia :
Pensavo che certi problemi fossero solo della facoltà di Firenze (dove ho studiato io)..e invece mi sembra di capire che anche nelle altre facoltà è la solita storia!!!Che dire?beh, secondo me,quello che ci hanno insegnato ai corsi di progettazione è un modo di pensare molto interessante e particolare che però nella realtà non trova un forte riscontro a meno che qualcuno di noi non diventi un Foster, un Calatrava o un Renzo Piano!!!E questo sarebbe molto bello...forse ciò che ognuno di noi si aspetta di diventare appena uscito dalla facoltà. Poi, dopo la laurea si sbatte la testa con quella che è la realtà professionale...fatta di complicate e noiose pratiche che purtroppo lasciano alla progettazione che noi intendiamo, il tempo che trovano!!!e la cosa peggiore è che in facoltà nessuno ci ha mai parlato di tutto ciò.Anni e anni fatti di sacrifici (perché tutto sommato, la nostra facoltà non è facile nemmeno dal punto di vista psicologico!!!) e poi ti ritrovi a dover imparare da solo un sacco di cose che ti servono se vuoi lavorare.Cmq, per quanto mi riguarda, posso dire che è mooolto evidente la differenza tra corsi tenuti da docenti che esercitano la professione rispetto ad altri e secondo me le loro basi più pratiche non hanno reso meno interessanti le lezioni, anzi!
Ily :
X Claudia:

Il mio sogno sarebbe dedicarmi al restauro: ti garantisco che anche questa è progettazione.
Piuttosto che costruire un'ameba di 100 mq, non è una sfida ancora più audace e appagante recuperare un vecchio edificio -ad esempio un fienile- e riportarlo alla vita senza stuprarlo?
Certo, per fare la casa-ameba gigante basta saper usare molto bene Rhinoceros e avere una buona creatività (del "famolo strano"), mentre per il casolare bisogna conoscere la tipologia e le tecniche costruttive tradizionali, e bisogna saper leggere le preesistenze e la storia dell'edificio, oltre a conoscere i materiali; inoltre, fatto ancor più importante, l'ameba gigante titilla l'ego dell'architetto, perchè dai forma -e spesso deturpi- il paesaggio facendo tabula rasa di tutto, mentre il casolare comanda su di te, perchè sei un bravo architetto se la tua personalità scompare per adattarsi all'edificio, che detta il "tono" dell'intervento.
kitto :
Che ci sia un forte scollamento tra l'università e la realtà lavorativa è fuor di dubbio, ma pretendere di imparare la professione all'università mi sembra utopistico: ci vorrebbe un corso di laurea di 15 anni. Invece l'università è una Scuola dove si fa teoria ed è giusto così. Trovate così difficile compilare una Dia o un PdC?... Credete che medici e avvocati non abbiano gli stessi problemi?
Il problema è che c'è una gran differenza tra il TECNICO di provincia (quello che fa la maggior parte di noi) e l'ARCHITETTO (quello che vorrebbe fare la maggior parte di noi, ma non c'è spazio per tutti).
Claudia :
x Ily:
sono pienamente d'accordo con te riguardo al tema del restauro.Certo che è progettazione anche questa e posso dirti che anche a me piacerebbe molto occuparmene, proprio perché credo sia molto interessante lo studio che sta alla base di questo tipo di progettazione (trovo più coinvolgente recuperare un vecchio edificio piuttosto che crearne di nuovi!) Nella mia risposta precedente ho espresso un concetto rimanendo un pò sul generico ma condivido appieno il tuo pensiero!
isil :
Per confermare l'ipotesi dello scollamento tra università e mondo del lavoro:
il mio ragazzo, anche lui architetto, frequenta la specializzazione in restauro che è un corso, di specializzazione appunto, post-laurea. I problemi però sono gli stessi dell'università con qualche slancio verso l'attività professionale (tipo 1 cantiere bisettimanale all'anno di restauro o qualche lezione un pò + approfondita) E' quì però che è chiara la strategia delle università e dei professori. Essendo un corso post-laurea si presuppone che lo studende si anche già inserito nel mondo del lavoro...."SIAMAAAIIIIIIIIII!!!!!! La specializzazione è INCOMPATIBILE con il lavoro che non lo sà? " si è sentito rispondere il mio ragazzo alla richiesta di flessibilità per gli orari di revisione (frequenta tutte le mattine dal lunedì al venerdì da gennaio a giungo + preparazione esame e tesi, pomeriggio lavoro sera studio)....manco ci provano a comprendere i sacrifici , immensi, per frequentare la scuola! libri, rata annuale, benzina per andarci....e uno come si mantiene se nn lavora????infatti tutti figli di papà che possono permettersi di studiare e basta. Come se non bastasse stanno pure simpatici ai professori perhcè frequentano sempre e riamangono oltre l'orario di lezione!!!!!!
dna :
x isil
purtroppo quello che hai appena descritto, con cognizione di causa, è più che lo scollamento tra università e mondo del lavoro, è lo scollamento tra chia ha e chi non ha (il soggetto sottointeso, sono i soldi), si ritorna a fare riferimento al post in cui si discuteva sugli architetti che fanno consocrsi alcuni giorni fa, e su come facciano a vivere.
il mondo è così, se hai bisogno di lavorare, per mangiare, la cosa difficilmente si associa al poter fare qualcosa di diverso da quello che è la media
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