marcox : [post n° 217154]

viaggio all' inferno

quale è l'inferno dell' architettura? le periferie delle metropoli o certi luoghi popolati da architetture progettate dalle archistar?
cerco compagni di viaggio per andare a vedere di persona quello che potrebbe essere l' inferno dell' architettura.
Paolo :
Uno dei luoghi divenuti inferno dell'architettura, come lo chiami tu, è il quartiere ZEN di Palermo, progettato da Vittorio Gregotti. Alla base c'era l'idea di ricreare l'ambiente del villaggio mediterraneo, ma alla fine si è rivelata una operazione dissennata che ha letteralmente "prelevato" migliaia di abitanti del centro storico più grande d'Europa, per trasferirli in una "riserva" avulsa dal contesto della città. quella poteva essere una periferia stupenda, deturpata dai casermoni orrendi e tutti uguali del quartiere. Qui una video-intervista delle Iene all'architetto Gregotti sullo ZEN, e le opinioni di chi ci vive.Ciao www.youtube.com/watch?v=elLMJEso0F0
fulser :
quesito interessante.
A Trieste c'è Rozzol Melara, che è un quartiere di quelli criticatissimi e alienanti, tipico prodotto di archistar degli anni '70. La cosa interessante è che ci mancava poco diventasse come lo Zen, invece ultimamente è un posto certo con molti problemi, ma anche efficiente per molti versi; ci hanno realizzato anche dei documentari che sicuramente troverai da qualche parte, perchè ha dei servizi interessanti che lo rendono incredibilmente vivibile.
A riprova che certe volte non è tutta colpa degli architetti, ma anche delle amministrazioni locali.
Ti consiglio anche "Maledetti architetti" di Tom Wolfe, per i prodotti degli archistar, anche se un po' datato.

Già, ci sarebbe molto da dire....
alinger :
L'inferno per eccellenza sono le Vele di Scampia (NA) e non solo per l'utopia delirante del progetto (arch. Di Salvio).
In senso più ampio potremmo citare i tanti centri commerciali delle nostre città, ma forse quelli sono più esempi di "non luoghi" che di veri e propri inferni.
desnip :
smettiamola di crocifiggere ipocritamente solo gli archistar: la colpa è anche di quelli che in quei posti ci vivono. Puoi progettare un insediamento perfetto, con tutti gli spazi di socializzazione che vuoi, ma se chi va ad abitarci per prima cosa si fa la verandina di alluminio e trasforma il garage in abitazione, per forza che diventa un inferno...
Ily :
x Desnip

Credo che una parte del problema possa essere proprio l'eccesso di progettazione da parte degli architetti. Mi spiego meglio: i centri storici, che di solito hanno una qualità edilizia alta, sono belli proprio perchè "disordinati", perchè sono il frutto di secoli di stratificazioni, di "verandine" (o il loro equivalente di alcuni secoli fa), sventramenti, ricostruzioni ecc. Questo è successo anche nelle città medievali/rinascimentali pianificate a tavolino (e ce ne sono, ad esempio Cittadella). E' inutile: le verandine, i murales, le tags esistono perchè la gente vuole personalizzare il proprio spazio, distinguere le sue finestre da quelle del vicino in un palazzone da otto-dieci piani, riconoscere e appropriarsi dei propri spazi, in poche parole "marcare il territorio". Io credo che questo accada anche perchè a volte gli architetti progettano "troppo": anche i dettagli, anche le attrezzature di una piazza, quando magari la gente vorrebbe sedersi su una scalinata e "vivere" completamente uno spazio. Forse gli spazi di socializzazione non andrebbero progettati a tavolino, ma lasciarli definire spontaneamente a chi ci abita, certo poi ci vorrebbe molta meno inciviltà e vandalismo: ma il vandalismo, non può essere incoraggiato dal sentirsi schiacciato da un palazzo sempre uguale lungo mezzo chilometro, che ti schiaccia, in cui non ti riconosci, che ti porta a ribellarti; o da una "piazza" delimitata da quattro casermoni tutti uguali e colla solita scultura astratta al centro? Io penso di si.
In fondo, ho visto interni di case dove tutto, anche i soprammobili, era stato scelto a tavolino dall'architetto: bene, erano case splendide dal punto di vista formali, ma tremendamente fredde, impersonali, finte, molto meno belle di certe case magari vecchie, un po' fatiscenti, ma arredate con amore e piene della personalità di chi le abita...
desnip :
Il fatto è che se tu progetti un alloggio popolare minimo di 50 mq, chi lo abita si fa il bagnetto o la cucina sul balcone.
Ma se progetti un attico di 180 mq con terrazzi, prima o poi si veranderanno i terrazzi!
Secondo me sono scempi belli e buoni, non ci vedo niente di bello nè nei centri storici rovinati in questo modo, nè nei nuovi insediamenti economici e popolari che fanno la stessa fine.
Poi, per carità, sui casermoni lunghi un chilometro tutti uguali, non si può che concordare.
Ily :
Hai ragione, cara Desnip: se una persona è "cafona" e ignorante (cioè ha poca cultura, o altri tipi di cultura) qualsiasi cosa farà trasuderà cattivo gusto, sia che si tratti della megavilla con piscina, che di un monolocale.
Il problema più grosso sorge dal connubio committente speculatore cafone + architetto palazzinaro...
Ti faccio un esempio: hai visto Videocracy? Io si e al di la dei contenuti del film, ho trovato allucinante, burino e di pessimo gusto la camera da letto e i soggiorno TUTTI BIANCHI (mobili postmoderni e soprammobili compresi) e il bagno di Fabrizio Corona, con un lampadario di gocce di cristallo ma... di plastica rossa!!! Molto intonati ai personaggi che vivono in quegli spazi, comunque...
marco :
grazie per risposta, il video sullo zen è magnifico. lo zen è un buonissimo esempio di punti di vista diversi tra architteto e abitanti. molto inquietante. è vero che è sicuramente un luogo degradato ma forse non ancora abbastanza, infernale.
in fondo è un luogo urbano squallido e brutto ma in maniera anche fin troppo normale. per inferno vorrei forse intendere una tensione e drammaticità del luogo e dell' architettura ancora maggiore.
marco :
non intendevo crocifiggere le archi star ma le chiamo in causa proprio perchè la immaginazione di un inferno come luogo di estrema drammaticità necessita di grandi personalità immaginative e progettuali. di fatti sto cercando luoghi e progetti che rispondano a caratteristiche infernali e non solo di banale bruttura.
grazie per risposta
marco :
è vero , le vele di scampia probabilmente hanno le caratteristiche di drammaticità terribile di luogo infernale. se hai altri esempi ti prego di scrivermi, vorrei raccogliere materiale per un libro, una sorta di rilettura di divina commedia in chiave architettonica.
alcuni mi hanno fatto esempi di banale bruttura ma non adatti appunto perchè l' inferno è un luogo molto estremo, una voragine, una cosa non solo brutta ma terrificante.
grazie pwer contributo
fulser :
oh, allora in questo senso direi che rozzol melara è il purgatorio ;-)
Da :
ciao fulser, ma come fai a dire che Rozzol melara è un possto vivibile? vabbeh che saranno dieci anni che non passo da quelle parti ma io mi ricordo negozi chiusi, buio, la bora che entra nei corridoi e un bel po' di degrado..
però sul definirlo purgatorio sono d'accordo con te.
fulser :
ciao Da.
In verità non lo dico io, è stato fatto un documentario (penso che si trovi da qualche parte, io l'ho visto un paio di volte nella rai regionale Friuli-vg) che naturalmente evidenziava i problemi (per esempio lo scarso livello dei materiali da costruzione, che è un problema cronico di tutti questi edifici), ma anche il fatto che il comune e gli stessi abitanti avevano dato vita ad una serie di iniziative che rendevano il tutto accettabile, al punto che molti abitanti si ritenevano soddisfatti: c'era che doveva andarsene e non voleva perchè si era affezionato al posto, altri che avevano diritto ad una casa popolare e volevano a tutti i costi andare lì... E' diventato una specie di paesone in cui si conoscono tutti, con la cartoleria, l'ambulatorio medico, il negozietto, le associazioni ecc ecc.
Non dico che sia una bellezza, e sicuramente non lo considero un esempio architettonico da seguire, ma la gente intervistata sembrava convinta, e mi pare che sia un esempio per ribadire che molti edifici sono brutti non solo per colpa del progettista, ma anche di chi li realizza, di chi li gestisce e di chi ci vive.
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