Luca : [post n° 327543]

Un'architettura troppo teorizzata e poco praticata e costruita.

Sono un giovane architetti junior (quindi formazione triennale).
Recentemente ho visitato un sito interessante: www.itinerantoffice.com/ e volevo avere il vostro parere sul concetto che sto per esprimere.

Questo sito mette in evidenza una serie di giovani architetti che hanno fatto o stanno facendo delle esperienze professionali in Italia o all'estero.
Nel sito ci sono varie interviste a questi giovani architetti di talento che hanno aperto i propri studi recentemente. Per questo "tanto di cappello".

Ho ascoltato gran parte di queste interviste per capire quali sono le esperienze lavorative dei miei coetanei e posso dire di non averci capito niente. Non ho capito se quello che questi giovani fanno è lavoro con la L maiuscola (quindi guadagno, stipendio) oppure ricerca (quindi lavoro accademico, teorizzato). Mi spiego meglio.

Premetto che ho citato il sito solo per avere un esempio ma questa cosa la ritrovo continuamente in tanti architetti e nell'ambiente universitario.

Nelle interviste ho trovato un'eccessivo ricorso a TEORIE e a concetti ASTRATTI dell'architettura. Si parla di concetto di vuoto, di pieno, di relazione tra spazi e persone, di luoghi pubblici, di miglioramenti di infrastrutture urbane, di miglioramento di spazi urbani, del concetto di abitare, della realizzazione di modellini di studio per il progetto, del governare il progetto secondo un approccio più manualistico e artigiane attraverso la "sperimentazione" di nuovi materiali ecc....ecc....

Non vorrei sembrare inopportuno ma non capisco a livello pratico/economico, in questo specifico periodo storico, dove possa condurre un approccio così teorico e immaginato dell'architettura.

Non capisco se veramente un architetto del 2013 possa vivere di partecipazione a concorsi oppure realizzando modellini di studio per definire un progetto di abitazione commissionato da un privato.
Ma veramente vogliamo illuderci che all'interno degli studi di architettura (che non guadagnano più un euro da anni in quanto non hanno commesse) si proceda a fare modellini in poliplatt per definire un progetto?

Ritengo che la ricerca, la sperimentazione (che purtroppo io in quanto architetto junior non potrò fare) e la teorizzazione dei concetti sia fondamentale per l'evolversi della professione ma...in un periodo storico come questo che tutti conosciamo non capisco come possa reggersi in piedi uno studio di architettura (addirittura con uffici ben arredati e affitti da pagare) che partecipa soltanto a concorsi in cui si fa principalmente teoria di architettura e, quasi mai (se non proprio MAI) edilizia e costruzione.

A me sembra che spesso i giovani architetti si perdano un po nei labirinti dell'accademismo a tutti i costi, cioè del vedere l'architettura come una scienza di rivoluzione ambientale e si dedicano POCHISSIMO ad avvicinare l'architettura alla gente comune, alla società con un approccio un po più REALISTA e sincero. Mi sembra che questi giovani architetti (di sicuro talento) si occupino troppo di immaginare il concetto e poco di immaginare (e conoscere) il cantiere vero.
Oggi, a mio avviso, c'è da considerare l'architetto come una figura poliedrica e preparata nella sua essenza pratica.
La gente (che dovrebbe essere il primo motore di ripresa della nostra professione) vuole risposte pratiche, alla portata di tutti e non teorie (di cui già la nostra classe politica ci riempie le orecchie ogni giorno).

Mi chiedo: non sarà che l'architettura verte in questa crisi pietosa anche perchè chi fa architettura non si avvicina alla gente ma adotta un'atteggiamento un po "snob" teorizzando solo e concludendo poco in termini pratici, economici e di guadagno?

Se io, da giovane architetto, parlassi di "Miglioramento del tessuto urbano al fine di incrementare la qualità delle relazioni pubbliche in spazi urbani vuoti"
a vostro avviso riuscirei a farmi una famiglia e pagare le bollette a fine mese?

Datemi i vostri pareri se volete!
Paolo :
Il periodo è quello che è, e da questo credo derivino anche le domande che giustamente ti poni.
Nei periodi come questi, cioè in cui è più importante la "pancia" che le teorizzazioni, nascono i dubbi che si insinuano nella mente di molti, e cioè se sia ancora il caso di parlare di volumi, prospettive, pieni, vuoti ecc., cioè di Architettura.
E' un discorso impietoso, nel senso che purtroppo noi Architetti dovremmo parlare anche di queste cose, poichè quello che ci distingue dagli altri tecnici (non lo dico con un significato da "snob"), è appunto lo studio verso i rapporti urbanistici e volumetrici all'interno del tessuto urbano, i rapporti che deve avere un edificio con l'intorno che non è lo stesso neanche da un punto all'altro dello stesso quartiere.
Poi però, come dici tu, ci si scontra con la cruda realtà; con il cliente che ti viene con lo schizzo della sua casa nel foglio a quadretti del quaderno del figlioletto, con il cliente che vuole realizzata la "massima cubatura" e per questo devi per forza di cose adattare a volte il tuo progetto anche ad orrende scelte architettoniche (abbaini, mansarde, bocche di lupo ecc.).
Si potrebbe parlare per ore, ma penso che la soluzione sia non abbandonare mai gli insegnamenti che i grandi dell'Architettura ci hanno lasciato ed applicarli, quanto più possibile e cercando di capire anche la cultura del cliente, nei progetti che ci vengono sempre più raramente commissionati.
Luca :
Si Paolo, la tua mi sembra una conclusione opportuna.
Non è più permesso, da quello che vedo, condurre delle sperimentazioni formali o comunque cercare di dare una coerenza alle forme e ai volumi abbandonando gli stilemi (magari architettonicamente scorretti) del passato.

La professione penso sia un continuo compromesso tra quello che vuole il cliente (spesso in contrasto con la nostra visione dell'edificio) e quello che invece noi possiamo aggiungere per dare un valore aggiunto (appunto).

Per me la TEORIA e l'EDILIZIA devono co-esistere ma separatamente.
Ci dovrebbe essere uno spazio per l'architetto in cui si forma/aggiorna la teoria ma il lavoro deve essere lavoro:
Partecipare a concorsi internazionali non si può definire lavoro perchè è altissima la probabilità di perdere e rimetterci un sacco di soldi:
Può essere considerata un'attività parallela al lavoro, ma una fonte di guadagno certa in uno studio ci dovrà pur essere???!!!

Non capisco come uno studio di giovani architetti (quindi presumo senza commissioni) possa sopravvivere ad affitti onerosissimi, spese di gestione, software semplicemente TEORIZZANDO.
Allora quando vedo interviste di giovani architetti che per 45 minuti raccontano che il loro studio si occupa di TEORIZZARE L'ARCHITETTURA a me vengono in mente 2 cose:

1) Che hanno talento da vendere ma che in realtà non guadagnano da questa loro attività;
2) Che un po si illudono che questa eccessiva attenzione alla teorizzazione porti a gratificazione personale.

Non sono abituato (per esperienze pregresse) ad investire energie in qualcosa che non sai mai se ti ritornerà indietro e ti ripagherà (vedi i concorsi), quindi a me piace intendere l'architettura per come me l'hanno insegnata i grandi maestri contemporanei e non ma a me piace anche poterci guadagnare uno stipendio NORMALE.
Secondariamente a questo poi potrei fare tutti i concorsi e le sperimentazioni possibili.

Per me c'è bisogno di UMANIZZARE L'ARCHITETTURA portandola di più vicino alla gente iniziando con il far capire alle persone che l'architetto è anche un TECNICO che può occuparsi anche di aspetti diversi dal progetto (pratiche, valutazioni, stime ecc...) cose che tantissime persone credono sia esclusiva competenza di geometri e ingegneri.
Tutto questo se vogliamo fare dell'architettura un LAVORO (vero), altrimenti va bene teorizzare a vita.
Edoardo :
Piccolo aneddoto: La Commissione chiedeva per un nostro PPIP residenziale di integrare tale comparto con la viabilità del tessuto urbano esistente a sud. Il prog. era per il proprietario del terreno che avrebbe venduto tale terreno col nostro prog. approvato. L'ing. titolare non ci capisce una mazza e si mette nelle mie mani: "risolvo" col verde, nella fattispecie una pista ciclabile interna a prolungamento della strada esistente. L'integrazione c'è, la commissione mi apprezza, progetto è approvato. Chi compra??? Il costruttore ammanicato del posto. Cambia tutto il progetto, apre una strada che sostituisce la mia pista ciclabile, sacrifica il verde interno e manda a put...e tutto l'aspetto progettuale e formale. Cosa conta? Che l'abbia potuto fare e che venda le sue villette. Per chi mi paga, che si sia potuto fatturare una cifra a 5 zeri. E tutti felici.
Luca :
Ecco, i racconti di chi ha esperienza diretta dicono tutti.
Il tuo ruolo di architetto lo hai assolto al meglio poi però la tua teoria è stata cestinata con facilità disarmante.
Allora che si deve fare?
Sicuramente continuare a praticare l'architettura per come DEVE essere praticata però la composizione architettonica spesso non ripaga ne economicamente ne a livello di soddisfazioni lavorative professionali.
DR COSTA :
Ma io non ho ancora capito cosa hanno costruito???
Secondo me di architettura si dovrebbe parlare con i progetti alla mano e con le fotografie di quanto si è realizzato; tutto il resto sono chiacchere.
Ora torno a lavorare ad una variante di fine lavori ai sensi dell'art.83 bis comma 2 della LRT 1/2005 ahahahahahh....che tristezza.......lo voglio anche io lo studio fichissimo...e l'intervistaaaaaa.
Edoardo :
DR COSTA, ci mettiamo d'accordo: ti intervisto io. ;- )
Poi fossi figlio di un direttore di prestigiosa rivista di architettura faremmo AUM AUM con BUNGA BUNGA serale in centro benessere abusivo. Ci stai?
Luca :
ahahahahahah ma è quello che mi chiedevo anche io.
Sono stato 30 minuti ad ascoltare interviste e ho sentito un sacco di concetti incredibili però poi non capivo di concreto questi architetti con lo studio stra-fichissimo cosa avevano realizzato.
Si parla di partecipazioni a concorsi ma per come la vedo io quello dovrebbe essere un "di più"! Perchè se tu hai lo studio per partecipare ai concorsi vuol dire che il tuo studio non lavora sennò, cari miei, il tempo di fare concorsi veramente non ci sarebbe.
E come si fa ad avere attivo uno studio che non lavora? Non capisco...c'è proprio qualcosa che non mi torna in queste prospettive teorico-illusionistiche...
Poi per carità magari qualcuno ha la bacchetta magica, io no!
DR COSTA :
Ahahahahahahah....Si si va bene allora inizio a raccogliere appunti e scritti per descrivere le mie cervellotiche teorie sull'architettura in tempo di crisi.
Anzi scusa di scritti non ne ho inizio adesso a scrivere, insomma mi ci vorrà un po di tempo.
Cavolo davvero, ma scusate non è che partecipare a dei concorsi autorizza ad infestare la rete con teorie da neolaureato; ma dai....ma qualcosa di concreto a supporto delle prime no ?????
Secondo me, la maggior parte di queste archistella, hanno famiglie benestanti alle spalle e a fine mese babbo fa il versamento in banca; di concorsi non si campa e se vivi di questo lavoro vuol dire che passi minimo 8 ore in mezzo a moduli, leggi, circolari esplicative, ecc. e giri per i peggiori uffici pubblici e di tempo alla fine ne hai veramente poco.
Non fatevi ingannare dall'abbigliamento trasandato lo fanno apposta perchè fa molto figo.....hanno tutti l'american express oro in tasca......ahahahahahah
john :
Caro Luca...in molti casi dicesi "Spalle coperte"..ho tre colleghi amici che con quello che hanno fatto gli antenati "lavorano" (per modo di dire) solo per puro diletto....conosco pure uno che fa il pittore...pensavo fosse bravo e vendesse i propri quadri e per quello avesse i soldi per 2 gallerie e poter fare arte...poi ho scoperto che già il nonno aveva dai 30 ai 40 appartamenti in affitto a Roma....per carità qualcuno ci sarà che si è fatto da solo....ma io ho i miei dubbi....Come da ragazzini quando mi diceva un compagno "io non studio mai" e prendeva sempre 7/8....io se non studiavo prendevo 4.....oppure quello che è secco come un chiodo e dice in giro "macché mangio come un maiale...ho il metabolismo veloce".......Bah
Paolo :
Questa mi sembra la stessa storia dell'esimio Arch. Antonino Cardillo, "l'architetto delle case inesistenti". Giovane e pluripremiato in molte riviste di architettura, peccato che dei suoi progetti non se ne veda neanche l'ombra, in quanto tutti e solo su carta, rendering ideali e mai realizzati, aria fritta insomma. Quando il giornale tedesco Der Spiegel lo "sgama" perchè si documenta su chi sia questo genio, lui afferma di essere un architetto "Itinerante" (non si definiscono così pure gli Itinerantoffice di questo post?) e "un'artista dei media". Leggete e vi spiegherete molte cose..
www.lastampa.it/2012/07/03/cultura/cardillo-l-architetto-delle-case-…
Edoardo :
Tralasciando cose come gli "orti verticali"... potrei citare quei capannoni di 70 ml. di fronte, nuovi nuovi, di cui composi la facciata pensando a Botta o, brutalmente, agli Hof di Vienna... abbinando i portoni e valorizzando quella fascia centrale con uno stacco cromatico e materico (pannelli rivestiti in graniglia di marmo) ed in cima una bella lunetta a rompere la linea di gronda continua. Beh, il prefabbricatore ci fa pervenire gli esecutivi ma variati, senza la composizione della facciata. una stecca con un pennacchio in uno dei pannelli terminali (in entrambi forse costava troppo). Il cliete, praticamente, ci aveva bypassati chiedendo al prefabbricatore di spendere meno. Il geom. titolare (con mentalità imprenditoriale): "Beh, ci facciamo pagare la variante!!!".
DR COSTA :
Ho dato un occhiata ai "lavori" svolti ed ho notato la Inflatable Bubble.
Ma scusate ma non vi ricorda le ricerche degli anni '60 dei mitici Archigram????
Ma questi qua la cellula abitativa gonfiabile di Michael Webb del 1966 non l'hanno mai vista ???? O l'hanno scopiazzata????
Luca :
Io in realtà non mettevo in dubbio il talento degli architetti itineranti. Ho visto che molti di loro hanno anche illustri esperienze all'estero ( per mesi e anni). Dunque, da architetto junior, non mi posso permettere di dire se sono validi architetti oppure no.
Quello che però io non capivo e continuo a non capire è questo continuo teorizzare concetti senza mai dare una connotazione PRATICA all'eloquio.

Mi da molto fastidio sentir parlare architetti come se stessero leggendo un libro. Mi piacerebbe che l'architettura fosse portata avanti non con migliaia di parole che, nel 99% dei casi, non trovano riscontro nella realtà ma avvicinando la materia alla gente. Al mio paese si dice "Parla come magni", tradotto sarebbe "Parla coma mangi" per dire SPIEGATI CON PAROLE ACCESSIBILI A TUTTI. E' inutile fare i voli pindarici per dire che per fare un progetto fai il plastico di studio oppure che il tuo studio è improntato su un approccio da "artigiano".

Non metto in discussione la bravura e la preparazione dei colleghi ma temo che questo modo (un po eccessivamente snob e d'elitè) di affrontare l'architettura non faccia altro che allontanare la professione dalla gente e, quindi, dai committenti.
Già ci vedono come una categoria "costosa", se poi non parliamo neanche la loro stessa lingua....bhe abbiamo chiuso!
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