Tristina : [post n° 341463]

Voglio sfogarmi anch'io

come hanno fatto già più volte altre mamme architetto prima di me!
Vorrei chiudere la p.iva perchè ora, con una bimba piccola e con poco lavoro, pago più tasse di quello che guadagno! E poi, pero' che fare? E mi chiedo: ma tutti quelli che lo hanno fatto, almeno lo hanno scritto su queso forum, cosa fanno ora? Sono triste e amareggiata. Anni di studio per cosa... Quasi tutti i miei ex compagni di università lavorano nelle p.a. Ma adesso è praticamente impossibile entrarci visto che non ci sono concorsi... Mi sento una fallita nel lavoro. Guardo indietro e mi accorgo di avere sbagliato tutto.
Scusate lo sfogo! Ciao.
ponteggiroma :
avere una bambina è prima di tutto una benedizione, soprattutto di questi tempi e sicuramente la carenza di lavoro non è attribuibile a lei. Considera che fra un paio d'anni andrà già a scuola ed avrai il tempo che ti serve (+ o -). Quindi ti consiglio di goderti la creatura e di dargli tutto l'amore possibile senza farti influenzare dalla mancanza di lavoro e stai tranquilla che se sei all'inizio della carriera il lavoro arriverà, lentamente, moooolto lentamente. Sfrutta questo tempo anche per aggiornarti e studia, studia e studia. In bocca al lupo!
tristina :
@ ponteggiroma
Grazie per le parole di incoraggiamento! Forse non mi sono spiegata bene: adoro la mia bimba e fare la mamma... Ovviamente questo "lavoro" , bellissimo lavoro, porta via tempo, molto tempo all'altro lavoro...
Purtroppo non sono all'inizio. Quando ti avvicini ai 40 è tempo di bilanci, almeno per me, e non posso che dire di avere fatto delle scelte lavorative sbagliate, tutto qui.
Per il resto ti auguro davvero, se già non lo sei, di diventare mamma! ;)
Hermes :
Il "tempo dei bilanci" deve appartenere al "Tempo delle Mele", cioè il tempo di quelli che han potuto fare carriera ed avviarsi negli anni giusti. Prima ancora, 2 generazioni prima, la gente rischiava di finire sotto le bombe e il loro obiettivo era mantenersi in vita. Lo hyuppismo, il carrierismo, e forse pure il consumismo... stanno collassando. Bisogna quindi riscoprire i veri valori della vita, e una nuova vita deve essere lo stimolo e l'occasione più grande per farlo... senza paura. Cambiare mentalità quindi e dare valore alle cose vere, ma non è facile... e soprattutto non va inteso come un concetto di rassegnazione ma come una sfida per sentirsi meglio e vivere meglio. In bocca al lupo.
Ily :
Grande Hermes!
tristina :
@ hermes
Grazie! Credo che se non dessi importanza ai "veri valori della vita" mi sarebbe gia` venuto l`esaurimento! Cmq é sempre bello sentire dire queste cose. Grazie di cuore. ;)
Paolo :
Io penso che i "veri valori della vita", se non si ha un minimo di serenità economica e lavorativa siano in certe situazioni solo belle parole.
Vedo sempre più spesso coppie di amici sposati anche da poco che si separano; e la causa è stata sempre la stessa, cioè la precarietà nel lavoro che logora con il tempo molti rapporti che prima, da fidanzati e quindi da mantenuti, erano saldissimi.
Questa è una cosa tristissima, perchè si stanno uccidendo i sogni di una generazione; molti nostri colleghi sono stati costretti ad abbandonare la loro città per trasferirsi all'estero, dove per la maggior parte non fanno l'architetto, e tante volte questa emigrazione ha travolto "i veri valori della vita", dando priorità ad un minimo di sostentamento e di autonomia economica.
Quindi se, come dice qualcuno, lo hyuppismo, il carrierismo e il consumismo stanno collassando, c'è bisogno anche di un minimo di sicurezza, altrimenti tutte le belle parole sui valori della vita potrebbero essere travolte in un soffio.
Il problema è che sta cominciando a mancare il terreno sotto i piedi a molti di noi, che a volte non dormono la notte per non sapere come pagare Inarcassa, l'affitto, le bollette, e che a volte mettono per questo da parte anche gli affetti senza rendersene conto.
GeoAlessio :
..Paolo ha sintetizzato il io pensiero, ma anche (e ne sono straconvinto) della maggior parte di noi...E cosa ancor peggiore, il freno che questa situazione, della serie "tra color che son sospesi", mette a coloro che una Famiglia vorrebbero ma non hanno il coraggio di formare...
ponteggiroma :
@ tristina, sono un papà...
Hermes :
Paolo.... sono il qualcuno a cui alludi.
Il "minimo di sicurezza" è un aspetto materiale sacrosanto, non l'ho citato.. ma dal mio punto di vista (e non solo) è proprio perchè la sicurezza può mancare che bisogna riuscire a consolidare altri valori, non materiali. E i valori non si consolidano solo coi soldi (ovviamente necessari).. ma anche col tempo a disposizione e con piccoli accorgimenti sullo stile di vita che la vita in parte possono cambiarla. Ci sono persone che lavorano 12 ore al giorno e (ben al di là della sicurezza) prendono stipendi o parcelle con le quali stra-vivono. Ma stra-vivono? Pagano corsi di equitazione a figli viziati che non vedono mai, non hanno una vita privata. E' proprio questo l'errore... cioè pensare che ci sia una dipendenza diretta tra beni materiali ed equilibrio personale e valori. Invece così non è o meglio non dovrebbe esserlo. Non ho detto sia facile, non ho detto che si possa vivere senza soldi... sarebbe estremo e non sono certo uno che potrebbe fare suo questo concetto applicandolo immediatamente ed in toto da un giorno all'altro.. ma ho capito, per esperienza, che può contare e molto.
Ily :
Hermes, che dire, novantadue minuti di applausi!!!
kia :
Paolo ha descritto benissimo quello che è anche il mio pensiero.
molly :
Ciao Tristina, anche io sono una mamma.
Quando è nata la bambina, adesso ha tre anni, ho rallentato parecchio e per un'anno buono sono rimasta proprio ferma con il lavoro. Non ho chiuso p.iva. , ma solo perchè avevo meno di 35 anni ( usufruivo delle agevolazioni di inarcassa) e non volevo precludermi la possibilità di firmare eventualmente qualche progetto.
Adesso che la bambina è iscritta alla scuola materna mi sono rimessa in carreggiata, lavoro e nel frattempo studio per i concorsi.
All'inizio è stato molto difficile, il ruolo di mamma assorbe completamente tutto il tuo tempo e ti senti frustrata professionalmente.
Il consiglio che ti posso dare è di avere pazienza e fiducia nelle tue capacità, perchè guarda che conciliare la nostra professione con il lavoro di mamma non è una cosa semplice.
molly :
Dedicato alle mamme/architetto e ai papà/ architetto.
Vi prego leggetelo, è bellissimo!!!!!!
http://donnearchitetto.it/wordpress/?p=1611
ArchiFra :
eccomi all'appello. papiro per chi ha pazienza di leggere. antiticpo che ora sto prendendo l'attestato per un corso di massaggio, pur di mangiare le tento tutte.
Nel 2009 -quando lavoravo con un contratto di consulenza ricoprendo un incarico di responsabilità per una società per la quale tuttavia pur avendo la partita iva avevo il cartellino da timbrare ed ero a disposizione in ufficio tutto il giorno tutti i giorni per un full time effettivo ma senza ferie, malattie, contributi, assicurazione pagati- resto incinta; pur avendo una gravidanza a rischio a partire dal quinto mese (e infatti mio figlio è nato prematuro di un mese e mezzo) continuo ad andare al lavoro sobbarcandomi quotidianamente un centinaio di chilometri fra raggiungimento del posto di lavoro e gestione dei cantieri nonchè dei rapporti con la Pubblica Amministrazione del luogo: non avevo scelta, da un lato la gravidanza a rischio per chi non è dipendente non è retribuita, dall'altro temevo di perdere il lavoro; mi rassicurava che l'AD a cui io facevo riferimento mi avesse garantito massima flessibilità in risposta alla mia disponibilità -eccessiva, mi rendo conto a posteriori- al punto che quando verso il settimo mese le mie condizioni si sono aggravate ho chiesto e ottenuto di recarmi in ufficio due giorni a settimana e di lavorare da casa tramite un collegamento FTP al server aziendale, poichè la maggior parte del mio lavoro richiede esclusivamente il possesso di un computer e poichè essendo l'unico tecnico della società non dovevo interagire con nessun'altra figura ma rendevo conto solo a me del mio operato, che gestivo integralmente svolgendo mansioni di segretaria/disegnatrice/progettista/commerciale.

Fino alla settimana prima del parto ho dunque continuato a lavorare e a presentarmi in ufficio; apro qui una parentesi: onde evitare di lasciare scoperte le mie pratiche edilizie, mettendo in difficoltà la società, avevo concordato con l'AD di trovare un sostituto che mi coprisse nel periodo di maternità per l'ultimo mese di gravidanza e i primi due mesi di vita di mio figlio. Gli accordi erano che per il primo mese io non sarei stata contattata se non per questioni puramente logistiche come ad esempio indicare in che cartella del server erano salvati i files, che il secondo mese in caso di bisogno io avrei supervisionato il sostituto un paio di volte a settimana e che al principiare del terzo mese sarei tornata in ufficio. Apro una piccola parentesi di cui avrei dovuto accorgermi all'epoca: pur avendo ottimi rapporti con le altre dipendenti degli altri uffici e con il titolare, quando nacque mio figlio non ricevetti nemmeno una telefonata o un bigliettino da nessuno di loro.

In realtà le cose hanno preso una direzione differente: al mio sostituto sono stati dati lavori nuovi anzichè quelli vecchi che giocoforza io avevo lasciato in sospeso, e infatti a dieci giorni dal parto mi sono state fatte pressioni psicologiche affinchè io riprendessi "urgentemente" a lavorare. Da casa, certo, ma comunque dovevo fare i conti con un bimbo prematuro che richiedeva costante assistenza e che stava a malapena un'ora senza poppare dovendo io allattarlo con intervalli frequentissimi, avendo inoltre i miei genitori che ancora lavorano e un marito con all'epoca un contratto a termine che non prevedeva congedo parentale.

Io ho accettato fra crisi e sensi di colpa perchè speravo in tal modo di mantenere l'incarico. A febbraio 2010 concordai con l'AD che avrei ripreso il lavoro l'8 marzo (SIC!) ma un paio di giorni prima la segretaria mi mandò una mail in cui mi si imponeva di NON tornare; alla mia telefonata di richiesta spiegazioni mi fu risposto vagamente che si stavano organizzando e che dopo un paio di settimane sarei stata contattata per stabilire le condizioni del mio rientro; inutile dire che fui io a dover chiamare nuovamente per sentirmi dare la medesima risposta unita al rifiuto da parte dell'AD di incontrarmi: questo teatrino umiliante si protrasse fino a giugno, costellato di mie settimanali chiamate finchè non desistetti quando mi si ingiunse di non chiamare più e di "aspettare".

Ho cercato lavoro ma i miei cv venivano rifiutati in quanto "sono troppo qualificata" oppure perchè ho un figlio: in ben due casi i colloqui andarono bene e mi venne chiesta disponiblità immediata per cominciare, ma quando al momento dei saluti mi venne chiesto se avevo figli improvvisamente da “ci vediamo lunedì” il saluto si trasformò in “ah.. le faremo sapere”.

Io sono rimasta senza reddito, Inarcassa mi ha saldato a maggio 2010, quando mio figlio aveva quasi 6 mesi, 900 euro lordi al mese per cinque mesi di maternità (sì, perchè danno i 5/12 dell'80% del reddito percepito due anni prima del parto: praticamente noi donne architetti o ingegneri dobbiamo programmare la gravidanza a tavolino vedendo alla fine di ogni anno quanto abbiamo incassato, e se è una cifra dignitosa possiamo mettere in cantiere la prole in modo che nasca due anni dopo) e basta; non ho diritto alla disoccupazione e pagavo uno sproposito di irpef e di contributi perchè, essendo autonoma, ero automaticamente iscritta nel novero degli evasori fiscali straricchi.

A luglio 2010, stanca di non ottenere riscontri e contradditori da coloro per i quali avevo lavorato, mi sono rivolta alla Consigliera di Parità, che garantisce patrocinio gratuito nei casi di discriminazioni lavorative di genere, quindi soprattutto in caso di maternità. A gennaio 2012 è stata fissata l'udienza, durante la quale la richiesta di indennizzo è stata respinta fissando di lì a un mese una nuova seduta col giudice. Quel mese è stato per me talmente mortificante e ansiogeno, stavo talmente male ed ero divorata dal terrore di perdere grazie alla nuova legge che escludeva gli iscritti a un Albo professionale dal ricorso in cause di lavoro per il riconoscimento della subordinazione, che ho accettato un risarcimento ridicolo. Nel frattempo, la mia ricerca di lavoro è vana: sono troppo vecchia (dopo i trentanni non si possono fare convienienti contratti di apprendistato), sono troppo qualificata (quindi mi si dovrebbe pagare il giusto), ho un figlio (quindi uno di troppo per essere considerata affidabile). A fine 2012 ho chiuso la partita iva dopo un anno senza emettere nemmeno una fattura perchè non potevo continuare a pagare i 3.000 euro obbligatori richiestimi dalla casse. Sono iscritta al collocamento mirato in quanto categoria protetta ma non mi hanno mai chiamato in 4 anni, rispondo a tutti gli annunci possibili, anche fuori dal mio stetore, ma non ho MAI avuto una risposta: grazie a tutte le riforme schifose del lavoro che agevolano solo gli esodati, quelli con meno di 28 anni, le aziende.
molly :
Ti capisco benissimo, hai tutta la mia solidarietà!!!!
Che schifo che hai dovuto sopportare!!!!!
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