Jenny : [post n° 252805]

Domicilio fiscale

Ciao a tutti, grosso problema, ho appena preso la firma e vorrei iscrivermi all'ordine della mia città, problema, mi chiedono il domicilio fiscale. Io ho un contratto a canone calmierato (tra privati) per un appartamento in condominio. Ho sentito che nel caso di domicilio fiscale coincidente con residenza ci sono dei vincoli dimensionali della casa, ovvero che l'appartamento deve avere una stanza dedicata e che questa non deve superare il 30% dell'intera unità immobiliare? sapete se è vero e quali altre regole ci sono? devo anche aprire la partita iva...cambia o valgono le stesse regole? Grazie a tutti quelli che mi potranno aiutare..
Kia :
Io nn ho sentito dire nulla su vincoli dimensionali.Quando ho aperto p.iva mi hanno semplicemente chiesto dove era il mio domicilio fiscale cioè dove tenevo i documenti. Tra l'altro io all'epoca ero anche proccupata di questa cosa perchè domicilio fiscale alla fin fine nn corrispondeva al luogo in cui lavoro effettivamente (cioè nello studio altrui)...e mi dissero che nn aveva importanza perchè sapevano bene che siamo tutti delle "finte partita iva"!(...se te lo dice l'addetto dell'agenzia delle Entrate, stiamo freschi!)
Jenny :
hai ragione....stiamo proprio freschi! Intanto grazie mille
Kia :
Completo il mio post precedente: io ho aperto p.iva con REGIME DEI MINIMI e effettivamente nessuno mi ha chiesto dati relativi alla superficie del domicilio fiscale. Però nn lo hanno chiesto neppure ad alcune mie amiche architetto che hanno optato per l'altro regime (quello agevolato per i primi 3 anni).....quindi il dubbio che mi sorge ora è che forse lo chiedono a chi apre la p.iva ordinaria, cioè quella soggetta agli studi di settore.
Jenny :
Allora ho finalmente trovato soluzione (o così me l'hanno prospettata!) in qualsiasi regime il domicilio fiscale se coincide con un'abitazione deve avere una stanza dedicata che dimensionalmente non superi il 30% dell'intera unità immobiliare. Se invece la destinazione d'so (la categoria catastale per intenderci) è diversa ci sono altri fattori ma a livello dimensionale non si hanno dettami!!!! Quindi nel mio caso ci sto dentro!!!! I dati non te li chiedono ma se c'è un controllo i problemi nascono, tutto li. Grazie mille per la collaborazione!!!!!!!!
Ily :
Mi sembra una gran sciocchezza, il mio cmmercialista non mi ha MAI detto niente del genere... Io ho partita Iva a regime ordinario (aperta nel gennaio 2010), vivo con mia madre e tutto lo spazio di cui dispongo è la mia stanza, di circa mq 9. Ho il domicilio fiscale dove risiedo (anche legalmente), e cioè in casa di mia madre.
Assolutamente nulla vieta di ricevere i clienti in cucina ne di lavorare sul tavolo del soggiorno, senza avere un locale separato. Si chiama "uso promiscuo" dell'abitazione ed è esplicitamente previsto.
Jenny :
Mi sai dare un riferimento normativo per favore così magari lo porto a chi mi ha dato questi dati così mi faccio spiegare meglio
gg :
non state facendo confusione?
gli Ordini richiedono di specificare un eventuale domicilio "professionale" (non fiscale), nel caso in cui chi si iscrive è residente al di fuori della provincia di quell'Ordine.
Per domicilio professionale si intende il "luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi."
Ma si può intendere anche un indirizzo a cui l'ordine potrà rintracciarvi: lo studio, la casa di un parente dove si è ospitati, insomma un recapito, che sia nella stessa provincia dell'Ordine a cui si richiede l'iscrizione.
Kia :
x gg:
Ordine e Agenzia delle Entrate sono due cose differenti. Il domicilio fiscale è quello nn è necessariamente luogo in cui svolgi l'attività perchè come ben sappiamo ogni mattina prendiamo armi e bagagli e andiamo a lavorare in uno studio altrui. E' semplicemente il luogo in cui si tengono fatture e ricevute in caso di un controllo e può essere anche casa propria (uso promiscuo come dice Ily).
A me era venuto dubbio che ci fosse qualche cosa da tenere in conto per quanto riguarda i metri quadri per chi è soggetto agli studi di settore perchè mi è venuto in mente caso di mia parente sempre libera professionista che ha avuto controllo perchè risultava avere domicilio fiscale (casa) parecchio grande rispetto a quello che aveva guadagnato quell'anno....Gli hanno proprio contestato la questione dell'appartamento. Quell'anno aveva avuto una bambina e quindi tra gravidanza e allattamento aveva lavorato "troppo poco" secondo loro...allucinante!
gg :
sì kia. conosco la differenza, grazie.
volevo riportare la discussione sulla domanda iniziale di Jenny: "all'ordine della mia città mi chiedono il domicilio fiscale".
Non è un domicilio fiscale quello che chiede l'ordine, ma il domicilio professionale. Due cose diverse. Tutto qui.
All'ordine non interessa quanti metri quadri sono dedicati alla professione. È materia che interessa il fisco, l'agenzia delle entrate, e in particolare gli studi di settore, ma all'ordine non frega niente. Spero di essermi spiegato.
Jenny :
si l'ordine chiede quello ma alla fine il domicilio professionale che segnalo all'ordine dovrebbe essere lo stesso che segnalo all'agenzia delle entrate come luogo in cui ad esempio tengo la contabilità quindi soggetto a controlli, così come ha dato l'esempio Kia. Va be mi sa che c'è una confusione enorme e come al solito non c'è una normativa chiara, andrò dal commercialista così taglio al testa al toro! Vi faccio sapere cosa mi ha detto. Grazie a tutti intanto
Ily :
Quello che se hai una casa a uso promiscuo "grande" devi avere tanto spazio e quindi tanti guadagni mi sembra una gran c...a. Come gli studi di settore che il mio commercialista definisce testualmente "vessatori, illiberali e anticostituzionali".
Io capisco che i metri quadri possano essere importanti ai fini del volume d'affari, ma solo per alcune tipologie di locali come pub, cinema, discoteche, palestre, bar, pasticcerie, osterie, alberghi... cioè dove la dimensione del locale è direttamente proporzionale al numero dei potenziali clienti.
Ma un architetto?!? Non è che ho i tavolini nello studio dove faccio accomodare i clienti e gli do il menù come al bar...
gg :
Jenny. La normativa è chiarissima. È il Codice Civile.
l'Ordine ti chiede un recapito. Qualsiasi, dove tu possa essere reperita. E non devi chiedere al commercialista ma all'Ordine.
Kia :
x Ily:
pienamente d'accordo, però è capitato (nn ad un architetto ma ad un avvocato, così saprà anche come muoversi correttamente per difendersi).
^noel^ :
Il fatto che massimo il 30% del domicilio possa essere "adibito a studio" mi pare un po' una stupidaggine (fiscale o professionale che essa sia).
Se io faccio venire un cliente "nel mio studio" che si presuppone essere una stanza singola all'interno di un appartamento...è facile che il detto cliente dovrà attraversare "parti comuni" dell'alloggio, magari usufruire di un servizio igienico e quant'altro.
Senza contare luce/riscaldamento/acqua e quant'altro che sono difficilmente frazionabili tra studio e alloggio (non tanto per una questione di dimensioni, quanto sotto l'aspetto temporale. Se lavoro fuori casa, alle 10 di mattina magari ho il riscaldamento e la luce spenti, non chiamo nessuno e ho l'adsl spenta, mentre se lavoro in studio ho tutto acceso. Quindi mi vengono a calcolare le spese di gestione dello studio come percentuale dimensionale e temporale delle spese effettive dell'appartamento...certo...una cosa rapida ed intelligente da fare).
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