Consiglio di Stato: no agli incarichi diretti tra amministrazioni

Se c'è un corrispettivo e se l'attività può essere eseguita da operatori privati, è obbligatorio per l'amministrazione pubblica indire una gara. Se questi sono i presupposti, l'affidamento diretto ad un'altra amministrazione è infatti illegittimo. A deciderlo è il Consiglio di Stato con sentenza 3849 del 15 luglio. I giudici di secondo grado hanno confermato la pronuncia del Tar Puglia 416/2010, dando ragione all'OICE, l'Associazione delle società di ingegneria. La sentenza è importante perché si spera possa porre un freno agli affidamenti diretti ed in house.

La pronuncia riguardava l'incarico di valutazione della vulnerabilità sismica di strutture ospedaliere, che l'Azienda sanitaria locale di Lecce aveva affidato in via diretta all'Università del Salento. Corrispettivo: 200mila euro al netto di Iva.

La sentenza di primo grado del Tar Puglia aveva riconosciuto che il contratto disattendeva le norme di evidenza pubblica: l'affidamento era riconducibile a prestazioni qualificabili come servizi di ingegneria e come tale doveva essere soggetto a gara. La pronuncia di Palazzo Spada si pone sulla stessa linea. Secondo la sentenza, la presenza di un corrispettivo, la possibilità di trovare operatori economici privati in grado di espletare quell'incarico, insieme alla mancanza di un interesse comune fra due amministrazioni, fa sì che vi sia l'obbligo di indire una gara pubblica. Non è infatti possibile procedere come ha fatto l'Asl, utilizzando lo strumento degli accordi di collaborazione previsti dall'articolo 15 della legge 241/90.

Soddisfazione da parte dell'Oice, il cui vicepresidente vicario, Luigi Iperti afferma: «siamo particolarmente soddisfatti che si sia finalmente affermato un principio sacrosanto e cioè che, soprattutto in tempi come questi, la logica della concorrenza e del mercato debba sempre prevalere nell'interesse pubblico al contenimento della spesa pubblica e alla migliore qualità, frutto necessariamente di un confronto concorrenziale».

Sul fatto che la legge 241/90 possa essere impiegata solo quando le amministrazioni hanno un interesse comune e quando non sia previsto un corrispettivo, concordano  il Tar la Corte di giustizia e il Consiglio di Stato. L'Oice ricorda infatti che la sentenza del Consiglio di Stato «recepisce in toto le considerazioni della Corte di giustizia europea del 19 dicembre (causa C-159/11)». La sentenza concludeva quanto si è affermato con la recente pronuncia del Consiglio di Stato: gli accordi sono legittimi solo se prevedono una cooperazione fra le amministrazioni finalizzata all'adempimento comune di un servizio pubblico e se non vi è alcun compenso.

La sentenza è importante perché si spera ponga un freno agli affidamenti in house. Su questo si è espresso l'Oice: «sulla base di questo principio - ha continuato Luigi Iperti - è nostro auspicio che sia dato un taglio netto alla pratica degli affidamenti diretti e in house che, spesso, prevedono prezzi del tutto fuori mercato e senza alcuna garanzia qualitativa». 

di Mariagrazia Barletta

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