garbocatt : [post n° 341540]

Lo studente nel mare di nebbia. Rapporto dall'università.

Salve a tutti, mi sono finalmente deciso a scrivervi dopo aver chiuso più volte il browser con metà di quanto segue già scritto, forse perchè sfogliando i vostri post mi rendo conto di rivolgermi ad una community molto impegnata dal lavoro e spesso da condizioni deludenti e difficilmente tollerabili. Vi scrivo pertanto timoroso e cosciente di cascar male venendo a lagnare in cerca della vostra attenzione, ma conscio che i buoni consigli sono frutto dell'esperienza non vedo opzione più ragionata che quella di rivolgermi a chi ha già percorso la mia strada, motivato dal “se non qui, dove?”.

Sono uno studente di 21 anni, al primo anno di Scienze dell'Architettura (Polimi) e alludendo a Friedrich vi ho già anticipato la mia situazione: non vedo attorno a me che la nebbia di una confusione assoluta che mi sta bloccando da ormai quasi un mese.

Volendo riassumere come sono arrivato fino a qui non riesco a fare a meno di partire dal ricordo di quel me stesso bambino che passava ore e ore a disegnare la propria casa e a ripetere di voler diventare un domani architetto, a cui non sfuggiva nessun dettaglio, che fingeva una passione innata per i trenini Marklin solo perchè gli fosse concesso di realizzarne il plastico e le stazioni, che non vedeva l'ora di passeggiare col nonno sapendo che si sarebbe fermato alla rete del cantiere a spiegare tutto quello che succedeva oltre.
Naturalmente crescendo ho maturato molti altri interessi che sarebbero probabilmente degni di un post egualmente patetico sul forum di “professione agricoltore” o “professione chef”, seppur continuando ad approfondire l'idea probabilmente naif che mi ero fatto dell'architettura.
Giunto alle superiori ho purtroppo perso due anni di liceo in preda ad una sorta di ribellione adolescenziale, rimettendomi sulla strada maestra alla volta del diploma in ragioneria, che ho conseguito lo scorso anno.
Negli ultimi anni ho parallelamente realizzato di avere la predisposizione o perlomeno i requisiti minimi per dirmi portato per la scuola di architettura, come l'aver imparato discretamente da autodidatta e per puro interesse personale ad usare degli applicativi (autocad, illustrator, photoshop) o – a fronte della crescita dei grattacieli milanesi – l'aver approfondito e mostrato vivissimo interesse per i progetti d'architettura. Oltre a questo la passione per la storia delle città della mia zona soprattutto mediante la cartografia, un'esperienza di circa un anno in un'agenzia immobiliare, un primo approccio alla conoscenza dei grandi architetti odierni e del passato, ecc. ecc.

Raccontando la favola del bambin prodigio non voglio suggerire di essere io il più matto e affamato del discorso di Steve Jobs, ma restituire il background che forse mi ha portato ad essere tormentato oggi da una grande sensazione di fallimento, che ha avuto il seguente sviluppo.

Decisamente sprezzante dei consigli e delle raccomandazioni, oriento la mia scelta universitaria sull'architettura e sull'ingegneria civile, nonostante una sentita indecisione per l'ingegneria gestionale che tanto mi avevano consigliato i professori. Mi iscrivo ai test e li passo tutti i tre, mezza giornata di riflessioni fingendo di riuscire a contenere l'entusiasmo di essere in una posizione alta della graduatoria di architettura e poi corro a Milano ad immatricolarmi!

Iniziano finalmente le lezioni e sentir parlare i docenti delle tante cose di cui poco prima mi documentavo nella solitudine della mia camera da letto era una libidine.
Per tutto il primo semestre ho mantenuto un certo entusiasmo, con dei cali che mi facevano però pensare alle altre opportunità che avrei avuto. Cali sempre più frequenti dovuti principalmente all'ambiente, in particolare quello dei laboratori.
Il mito dell'architetto che non dorme mai ho scoperto presto essere una diffusa realtà, ma che contrariamente a quanto immaginavo poco si concilia con il modo di usare il tempo in aula, in gran parte inevitabilmente buttato nel cesso.

Ho poi gradualmente perso tolleranza verso quella creatività “per forza” che si concretizza nei troppi seminari sulla fotografia, piuttosto che sulla opera teatrale X del famoso Y che “anche questa è architettura”, e che troppo toglie spazio all'ambito tecnico e nozionistico dei corsi.
Sempre gradualmente ho iniziato a trovare insopportabile la filosofeggiante semantica che i professori riescono a costruire attorno a qualsiasi cubotto in calcestruzzo, prendendo sempre più coscienza che dietro la maschera di “teorici” dell'architettura si cela nella maggior parte dei casi un soggetto che appena uscito dall'università non ha esitato un attimo a rientrarvi in una nuova veste.
Altro trauma sono stati i libri, e intendo grossomodo tutta la saggistica presente nelle bibliografia dei corsi. Se da un lato ho letto con relativo interesse cose come “L'arch delle città” di Rossi, dall'altro non ho avuto abbastanza pazienza per fingere interesse nel leggere più di dieci pagine scritte da Gregotti, Rogers e compagnia bella.
Mi sono anche reso conto che mi sono sempre immaginato la professione e lo studio di un architetto come una disciplina adatta ad un introverso quale sono, mai mi sbagliai di più, ma questo capisco essere un problema mio.

Di giorno in giorno sono saltate fuori sempre più pecche, come l'ossessione di tutti per un movimento moderno occluso in quei quattro concetti balordi che ormai ho sentito fino alla nausea, senza che ci si riesca a spostare avanti o indietro sulla linea del tempo, piuttosto che la pretesa che io abbia più sincero interesse verso i pantone invece che verso quello che accade nel mondo reale, assai distante da ciò che ci viene insegnato. Avendo l'impressione di sprecare sempre più tempo nel cercare “il vero tema del progetto”, “lo spazio interno che si proietta all'esterno”, “le forme dell'abitare” o nel dover rigorosamente sfogliare riviste che si presentano come d'architettura e si rivelano poi una raccolta di foto di abajoure e altri plasticosi aborti del design industriale, il tedio si è man mano esteso ad ogni ora di lezione per ragioni anche diverse da quelle elencate, non potendo ormai evitare di manifestarmi saturo di disappunto.

Ho voluto spiegarmi questi ed altri fenomeni facendo leva sull'idea che al primo anno nessuna facoltà è nel vivo dei suoi contenuti. Volendone anche conferma ho iniziato a contattare amici e conoscenti prossimi alla laurea o alla magistrale, sentendomi confermare che caratteristica dominante della maggior parte dei corsi è proprio quel clima a me ostico, perchè “questa è una facoltà artistica” o “devi farci i conti, non siamo mica ingegneri da quattro soldi”.
Sarà vero? Bah... nel dubbio spulcio tutti i programmi di tutti i corsi di tutti gli indirizzi di laurea, avendo generalmente un riscontro conforme a quanto mi hanno detto, eccezion fatta per laboratori come estimo o (non sempre) tecnologia. Faccio la stessa cosa con corsi di altre università, peggio che mai. Ho così deciso di dedicare le ore libere ad intrufolarmi nelle aule di altri corsi, prediligendo corsi del terzo anno o della magistrale, riscontrando la stessa atmosfera a me indigesta.

Arrivato al punto di non avere nemmeno più un netta distinzione tra ciò che mi appaga e ciò che mi disgusta, ho dato la colpa al sistema universitario italiano e alla sua nomea di essere molto teorico e poco applicativo, ma non riesco comunque a capacitarmi di come un sistema universitario troppo incline alla teoria lasci spazio ad una teoria oralmente tramandata di professore in professore e di assistente in assistente e del tutto dipendente dalle tendenze e dai personali interessi di costoro.

Rendendomi conto che l'architettura accademica non ha nulla a che vedere col mondo reale mi consolo pensando che dovrò pazientare ancora qualche anno per rapportarmi con lo scenario dell'architettura professionale. Almeno finchè non mi ricordo in che paese vivo.
Prima di immatricolarmi consideravo la drastica scarsità di sbocchi lavorativi e la quasi impossibilità di fare una carriera dignitosa come il prezzo da pagare per seguire le proprie passioni e per saziarsi di cultura. Ora mi rendo conto che faccio molta fatica a digerire il “pacchetto cultura” che mi viene somministrato nel tentativo di convincermi di essere una personcina speciale perchè creativa e capace di vedere cose che gli altri non vedono.

Qualche settimana fa ho avuto il crollo definitivo. Stavo rispolverando col mio patrigno commercialista nozioni che avevo studiato alle superiori. In poco tempo il discorso era diventato un suo monologo e la mia attenzione era andata a farsi benedire, finchè come un fulmine mi è piombato addosso il dubbio che probabilmente ho sbagliato tutto e che la mia strada è in realtà un altra... da quel momento il peso enorme del fallimento non mi da pace. Ora mi sento completamente bloccato, incapace di concentrarmi contemporaneamente sugli impegni in università e sui dubbi che mi assillano, cui dovrò in qualche modo dare risposta nel più breve tempo.

La scelta riguarda il lasciare o meno un corso di laurea in cui ho una ottima media e un rendimento alto, ma di cui sono molto deluso. Ed il brutto è che la mia insoddisfazione si fa ogni giorno più accesa estendendosi anche a quelle cose che prima mi piacevano, al punto di avere la nausea ogni volta che apro i libri o che vado a lezione.
L'alternativa sarebbe l'ingegneria gestionale, per la quale ho interesse ma dove mi immatricolerei con tre anni di ritardo e dove magari avrei un rendimento mediocre, seppur con ottime garanzie per il lavoro. Ho considerato anche Ing. Edile – Architettura per la sua struttura un po' più tecnica e per il fatto che qualche esame mi verrebbe convalidato. Qui perderei un semestre invece che un anno insomma, ma non ne sono molto attratto così su due piedi.

Ho cercato di chiarirmi le idee sfogliando curriculum di professionisti, tesi di laurea, libri che mi hanno suggerito, articoli su siti come questo, offerte di lavoro, storie di carriere in Italia e all'estero e parlando con amici e parenti, sia ingegneri che architetti, tra cui pure un professore universitario.
La conclusione che ho tratto è che le strade che si possono intraprendere (parlo di uno scenario di mercato diverso da quello attuale chiaramente) sono molte, che la progettazione è solo una di queste e forse è quella per cui ho scelto la facoltà, ma che comunque esistono il restauro, il real estate, le perizie e le professioni legate al cantiere, l'urbanistica, l'insegnamento, lo schiavismo e tante altre cose che mi attirano gran poco.

Non so di preciso che risposte mi aspetto da voi, ma per quel che ne so qualcuno potrebbe aver avuto i miei stessi problemi o potrebbe darmi qualche consiglio illuminante, o qualche semplice considerazione, o il link a qualcosa di interessante da leggermi. Qualsiasi cosa è ben accetta, ve lo giuro, pure le critiche.

Ringrazio molto per la pazienza e chiedo indulgenza per la mole di testo, a presto!
ponteggiroma :
Ammazza che relazione!.... una perizia così lunga me la farei pagare almeno 600 €
pepina :
ponteggi ponteggi......sei anche "economico"! ;)
d.n.a. :
a pontèè! l'hai ammazzato con sta risposta.. povero!! :-D

garbocatt,, pensi troppo!

1."Mi sono anche reso conto che mi sono sempre immaginato la professione e lo studio di un architetto come una disciplina adatta ad un introverso quale sono, mai mi sbagliai di più, ma questo capisco essere un problema mio. "----->> sono anch'io abbastanza introverso, ma ti assicuro che il 90% della vera professione di architetto è relazione.. relazione tra professionisti, con i clienti, con le loro mogli, con gli impresari, con i loro muratori (ammesso che capisci la loro lingua) con i costruttori, con i tecnici comunali, con.. chiunque.. l'architetto NON si chiude in ufficio..

2. l'università era, è e sarà sempre fuori dal mondo. Diciamo che è un assioma, un mistero della fede! tra i professori c'è di tutto, dal professionista che lavora, e viene due ore alla sett in università, allo storico, che vive in facoltà, ognuno si costruisce la propria vita, più o meno come vuole, ma il mondo non è l'università, a meno che tu non voglia fare diventare l'università il tuo mondo..

3. probabilmente sei un secchione(non interpretare in modo offensivo) o un nerd, come va di moda oggi, ma il succo del discorso non cambia, sei bravo, intelligente quanto basta, vuoi sapere ed essere preparato su quello che ti aspetta... lascia stare... ciò che ci aspetta è bello, solo perchè non si sa' come sarà.. quindi lasciati andare, perchè con questi presupposti qualsiasi facoltà ti sarà difficile.. un consiglio, sogna di più e razionalizza di meno.

4. "Non so di preciso che risposte mi aspetto da voi, ma per quel che ne so qualcuno potrebbe aver avuto i miei stessi problemi o potrebbe darmi qualche consiglio illuminante, o qualche semplice considerazione, o il link a qualcosa di interessante da leggermi. Qualsiasi cosa è ben accetta, ve lo giuro, pure le critiche. "---> quello che cerchi semplicemente non esiste.. ti metto il link di una canzone, che mi ha sempre aiutato nei momenti difficili.. https://www.youtube.com/watch?v=e9dHAcVukWA ...

a concludere, perchè devo lavorare...

fa quello che ti dice il cuore, non il cervello. il cuore non sbaglia, e se anche dovesse sbagliare, non te ne pentirai di averlo fatto. il cervello, sbaglia spesso, e se lo ascolti, ti rimarca pure che ha sbagliato.
se puoi permettertelo, intendo economicamente, continua l'università, non importa se architettura, ingegneria, medicina, o altro.. ma continua... e sopratutto, per cortesia, non parcheggiarti fino ai trent'anni.
se non puoi permettertelo, trova un lavoro, che forse sarai più tranquillo, e meno preoccupato.
in bocca al lupo..
kia :
posso dire una cosa? Garbocatt scrivi veramente bene e con alcune espressioni mi hai fatto proprio morire.
Comunque stai vivendo dei disagi che secondo me molti di noi hanno vissuto al primo anno. Io ero proprio depressa....e mi sono laureata 10 anni fa circa, perché l'università magari la avevo idealizzata sia nei contenuti sia negli insegnanti. Forse anche per te è la stessa cosa. Mai trovato, nel mio percorso di studi allo iuav, quello che si può chiamare "grande maestro"....cioè quello che ti fa proprio pensare: "è questo che voglio fare nella vita. Ho scelto la facoltà che fa per me". Per quanto riguarda le condizioni "deludenti e difficilmente tollerabili" nel mondo del lavoro attuale.....sono più o meno quelle di quando da neolaureata, ho iniziato a lavorare. Si, è peggiorato ma faceva schifo già all'epoca.
Ily :
Caro Garbocatt, in te rivedo la me stessa di tredici anni fa.
Dopo aver passato il test ho pianto di gioia.
Dopo il primo semestre piangevo perché volevo mollare.
Poi mi sono innamorata dell'architettura storica e ho continuato sopportando la progettazione con stoica rassegnazione.
Della carriera non me ne frega niente, ma piango di emozione davanti a un intonaco decorato.
Rifarei architettura? Sicuramente sì.
Mi piace progettare? Sicuramente no.
Sono il classico architetto? Assolutamente no.
Ho capito dopo anni che il problema non ero io, ma come viene insegnata l'architettura: ore e ore a parlare di aria fritta, case frattali e a forma di macchia d'olio. Di questi laboratori di progettazione mi è rimasta l'impossibilità di capire certa architettura contemporanea, l'allergia a tutto il sistema dell'archistar e un amore sconfinato per tutto ciò che è vecchio.
Questo momento passerà, fidati. Devi solo trovare quello che a te piace del vasto campo dell'architettura. Io l'ho trovato. Lo troverai anche tu, ma ti prego di perseverare. Non farti abbattere da professori frustrati che sfogano la loro insoddisfazione esistenziale sugli studenti, e trova il tuo campo. La passione la puoi coltivare anche fuori dal lavoro, e credimi che le soddisfazioni più grandi le ricevo proprio in ambito extralavorativo!
Ily :
Ti trascrivo questo mio post del mese di settembre:

"UNA GIORNATA INDIMENTICABILE

Sono stata a caccia.
Caccia grossa.
Lo confesso.
A Verona.
Armata, armatissima: I-pad spianato, scarpe comode, bottiglietta d'acqua, occhi aperti.
Il mio carniere è colmo: una decina di facciate affrescate quattrocentesche e cinquecentesche, con un bugnato diamantato policromo e una fonta tappezzeria che non riesco a datare (secondo me si tratta rispettivamente di un rifacimento settecentesco e una patacca ottocentesca).
Ho visto una facciata con lacerti di affresco a fiorellini. Tutta la facciata, ma non riesco a datarla.
Una giornata così è ossigeno per il cuore e la mente. Una giornata così e capisco perché ho studiato architettura. Una giornata così e capisco che ristudierei architettura. Una giornata così e ringrazio il cielo di aver studiato architettura.
:-)"
Ily :
Garbocatt, se vuoi scrivermi in privato puoi farlo a email.
garbocatt :
E' una cosa che odio di me, ma probabilmente è proprio razionalizzando che sogno, ma ti ringrazio perchè mi rendo conto che è impazzendo per il futuro che si perde di vista il presente, e non c'è cosa più vera di quella che hai detto circa le aspettative.

Bella anche la canzone ;) non la ascoltavo da tempo
garbocatt :
Quante cose vere... mi sento anche io abbastanza depresso, tormentato più che altro... persino la notte mi capita di sognare le stesse riflessioni cicliche e sconclusionate che faccio durante il giorno.

Sul fatto dei grandi maestri non avevo grandi aspettative. Nello studio di un commercialista che ora ha 91 ho trovato i libri su cui aveva studiato all'università, non ricordo tutti i nomi degli autori, ma per certo Einaudi e Fanfani... non che nutra tutta questa stima per le istituzioni e i loro rappresentanti, ma che mi piaccia ho meno li conosco pure io che mi sono staccato dalla tetta relativamente "poco fa", e lì ho capito il suo entusiasmo nel raccontare i suoi anni universitari, seppur tra guerra e fame.
Certo è che non mi aspettavo nemmeno di considerare alcuni docenti beoti che hanno rimediato alla meglio alla disoccupazione... io non sono solito manifestarmi presuntuoso, ma l'idea che mi vengano insegnate nozioni su una soletta da chi non ne ha mai vista realizzare una un pò mi inquieta (cosa che nella realtà non è mai avvenuta dato che soggetti di quel quorum preferiscono ripiegare sulla composizione, ma era l'esempio migliore che mi veniva in mente).

Il mercato non è un dato di cui sento di potermi lamentare visto che al momento dell'immatricolazione mi sono "assunto" (col permesso di chi mi finanzia, s'intenda) le annesse responsabilità, ad ogni modo ti credo
garbocatt :
Credevo di aver risposto in maniera ordinata, quanto a sopra si intenda che il primo messaggio era per d.n.a. e il secondo per kia :)

Ily mi ritrovo molto nella tua visione del contemporaneo, da un lato è consolante... anche se temo di non essere in grado di innamorarmi come chiaramente sei tu per la conservazione ed il restauro.
Il tuo post "poesia" è però molto motivante, non capisco molto di quel mondo perchè non ci sono ancora arrivato, ma sono convinto si tratti di un vero e proprio manifesto del tuo mastiere, o quantomeno un coming out del tuo amore per lo stesso.

Circa le passioni riesco a capire e a credere che si possano coltivare anche e sopratutto fuori dal lavoro, ma è anche per questo che spesso mi chiedo se sia realmente necessario sacrificarsi e darsi al solipsismo, come mi sembra di dover fare ultimamente per sopravvivere al tedio, quando probabilmente potrei fare cernita di cosa voler imparare e cosa no in tema di architettura pur facendo altro (ingegneria ad esempio) nella vita. E mi chiedo sopratutto che genere di rimpianti avrei nel farlo.
Ily :
Ti ringrazio Garbocatt. Purtroppo lavoro in uno studio e faccio cose che sostanzialmente non mi piacciono. Si, l'amore per l'architettura storica e' una parte fondamentale della mia identità, ovviamente io mi sono innamorata di quello, ma tu potresti trovare il tuo campo. Potrebbe essere il design, il paesaggio, l'urbanistica, qualunque cosa insomma... Ma continua a fare architettura, e non te ne pentirai. Quando ho scelto gli opzionali, e la mia tesi... Sono rinata! Sarei stata una pessima ingegnera, mentre ora forse mi pubblicheranno la tesi, e ho intenzione di dedicarmi alla mia passione, fosse anche solo con un blog a cui dedicare i ritagli di tempo. Non sono un architetto (cioè, lo sono legalmente in quanto iscritta all'albo) come forma mentis, ma una studiosa.
biba :
Ciao studente perso nella nebbia, visto che sei già stato molto prolisso tu, io cercherò di essere sintetica (mi perdonerai quindi se ti sembrerò un po’ troppo diretta). Premetto che non vorrei farti cambiare idea, ma solo darti un quadro della situazione reale, perché tu mi sembri un po’ un sognatore.
Allora: l’università di architettura e la professione di architetto sono due robe diverse che più diverse non si può. Non pensare che fare l’architetto oggi, almeno per il 99,9% di noi, significhi avere committenti danarosi, progettare partendo dal foglio bianco, tirare su delle superfici curve e rivestirle con dei materiali innovativi. Se tu nella vita vuoi fare queste cose qui, sarai frustrato forever (a meno che tu non sia il prossimo frank gehry, nel qual caso mi scuso).
Questa professione oggi contempla: la sciura maria che vuole spostare una parete e rifare bagno e cucina; il cliente che viene da te con il preventivo del geometra e il disegno già fatto e ti dice “se mi prende meno, lo faccio con lei”; gli amici che ti chiedono i consigli gratis e poi fanno i lavori in abuso; il giovane che deve vendere la casa ereditata dal nonno, solo che la casa è piena di abusi, tu devi trovare il modo di sanare tutto, ma ovviamente lui non vuole spendere una lira di sanzioni... ah, e in fretta! che lui domani va a rogito; l’aggiornamento della planimetria catastale; la certificazione energetica “però a meno di 50 euro altrimenti me la fa il mio geometra”; il rendering; perdere tempo ad inserire le luci, nei rendering; perdere tempo a inserire nel salotto le poltrone di Le Corbusier quando poi il tuo cliente andrà da Ikea, sempre nei rendering; assumerti la responsabilità di quello che l’impresa e il cliente combinano in cantiere, a volte senza dirtelo; cercare di convincere il cliente a fare la sicurezza per il suo cantiere, solo che lui non vuole pagarla e quindi non ci riesci, e poi tu la notte non dormi perché temi che arrivi l’usl; aggiornarti sempre sulle norme che riguardano pratiche edilizie, prevenzione incendi, sismica, acustica, impianti, e sicurezza ovviamente; fare i computi metrici; lavorare oggi ed essere pagato alla fine; dover sollecitare i pagamenti; far fronte ai costi dello studio se non vuoi fare lo schiavo a vita; seguire ogni cliente come se avessi solo lui, perché lui se lo aspetta; spiegare al tuo cliente come deve fare per avere le detrazioni fiscali perché, anche se sei un architetto e non un commercialista, lui se lo aspetta; mercanteggiare con tutte le figure con cui collabori nella progettazione per cercare di fare un progetto decente, es. fare ridurre un setto a pilastro dallo strutturista, fare ingugnare un ponte termico al termotecnico, convincere l’elettricista a fare gli attacchi della lavatrice lo stesso, anche se la doccia è a meno di 60 cm altrimenti non sai dove ficcarla perché il bagno è minuscolo, ma il cliente ha visto una soluzione su Casa Vogue dove lo facevano proprio così e lo vuole così. Soldi pochi, assunzioni nessuna, mutui difficili, obbligo di POS, PEC, assicurazione, formazione professionale… Gli amici che fanno dei lavori ‘veri’ che hanno ferie, malattia, maternità, tredicesima, ammortizzatori sociali. Tu che ti difendi pensando che in compenso fai il lavoro che sognavi da bambino…
Ecco ora hai un quadro più chiaro di ciò che hai idealizzato? Sicuro sicuro che sia peggio dell’ing. gestionale o del commercialista?
poipoi :
non mi sono mai pentito di aver studiato architettura, anche se poi non faccio propriamente l'architetto.
Sono grato all'università per avermi permesso di fare teoria. Teoria che trovi molto di rado nel mondo della professione. Ma quella teoria, in realtà, costituisce il valore vero e proprio di quel corso di studi. Le norme, i trucchi, le porcate, c'è sempre tempo per impararle. Ma la capacità di concepire il progetto nell'insieme, la capacità di districarsi nel caos (molto più di un ingegnere gestionale), è proprio quel tipo di studi che te lo permette. Io me ne sono accorto negli ultimi anni di corso.
È una facoltà che ti apre la mente, e proprio per questo - è il mio caso - ti permette anche di fare altro quando esci. Anche gestire un'azienda...
giulio :
la sintesi! grazie. Tutti siamo stati studenti, tutti ci aspettavamo qualcosa tutti abbiamo trovato qualcosa di sostanzialmente diverso. la vita professionale rischia di non essere diversa. vuoi lasciare? lascia pure rimarrai con il sogno incompiuto... vuoi sapere quale è stata la mia ancora al mio sogno http://easaitalia.altervista.org/about/ buona fortuna garbocatt
ps se lasci la facoltà scrivi un romanzo, leggi tanto (si perpepisce) puoi anche scrivere per lavoro
garbocatt :
Biba ti ringrazio davvero per quello che hai scritto, è più utile di quanto si possa immaginare.
Sino ad ora gli architetti con cui ho parlato o di cui ho letto sono stati molto distanti dal pianeta Terra circa il "cosa" fanno, concretizzando solo il "come" ed il "quanto".
Nel mio messaggio non credo di aver idealizzato la professione perchè non ne ho parlato molto, ma sono contento del fraintendimento perchè la tua risposta offre un quadro ben diverso da quello che avevo in mente, e per quanto possa sembrarti/vi ridicolo credevo che il lavoro fosse peggiore... almeno in termini di mansioni.
Non so se dipenda dal fatto che probabilmente sei una libera professionista (nel senso reale del termine, non parlo di partite iva), ma io credevo che nella realtà gli architetti fossero chiuse in logore stanze a disegnare scale di sicurezza, gazebi e piscine, e per quanto rimanga molto poco allettante il quadro che offri tu è più appetibile. Ovviamente parlo delle mansioni, non dei guadagni in tempo e in denaro.


poipoi parli di cose che voglio confidare che arrivino, presto o tardi, ma che ancora non vedo. L'unica cosa che percepisco e il prevalere di un caos astratto in ogni cosa, preferito alla precisione della realtà materiale e concreta. E non voglio sembrare un giocatore di scacchi sovietico nel fare questi discorsi, negli altri ambiti della vita sono poche le cose che detesto quanto il materialismo.

Il tuo percorso è senz'altro interessante, se mi è concesso: di che genere di azienda ti occupi? e che ruolo rivesti?
Arch3B :
Magari fossi costretto a chiudermi in una stanza logora a disegnare piscine e gazebi (qualcuno lo fa).
Difficile dire caro garbocatt, se diventerai il nuovo Renzo Piano, o se la tua vita professionale si svolgerà esclusivamente in uno stanzino senza finestra a spulciare tristi pratiche di archivio....il mestiere dell'architetto è talmente vario.....così vario che talvolta si chiude partita iva perché si finiscono i soldi, e si apre un negozio di ciabatte ;-)
Hermes :
Con una tessera di partito ed il babbo costruttore che ti raccomanda nei migliori studi italiani il negozio di ciabatte non lo devi aprire.
molly :
grande biba, hai reso bene l'idea!!!!
kia :
@biba
hai reso benissimo!! cmque mi sono disegnata dei blocchi cad con mobilio ikea e metto quello direttamente!altro che le poltrone di le corbusier!è capitato solo una volta in un cantiere di studio che le abbiano messe sul serio e ci siamo tutti commossi!!ah!ah!
molly :
ah...ah....ah..ah!!!!!!!!!
biba :
mah... no, invece, non ho reso bene per niente visto che il ragazzo ancora insiste che è un quadro "appetibile" :-(
Comunque approfitto di questo post aperto in cui ci siamo quasi tutti per dirvi che abbiamo scritto in diversi in risposta a quell'annuncio di lavoro "free", ma vedo che le risposte del tipo "state scherzando, che si offre del lavoro gratis??" vengono istantaneamente rimosse... A me arrivano le notifiche delle vostre risposte perché avevo scritto anche io. Forse ultimamente siamo diventati troppo polemici e ci censurano in massa!
kia :
@biba
io mi sono anche trattenuta sul Free....volevo chiedere se anche loro lavoravano FREE giusto per fare l'esperienza di far finta di essere archi star facendo la villa stile Hadid.
garbocatt :
@biba Non sono certo di essermi fatto capire.
Il mio dubbio non riguarda lo scegliere cosa sia meglio tra il fare l'architetto, senza tutele nè prospettive, a 15000 euro lordi l'anno e l'entrare in azienda puntando alla carriera da manager in abito gessato.
Riguarda invece lo scegliere tra una carriera da architetto felice ed orgoglioso di ciò che fa indipendentemente dalle tasche bucate, piuttosto che quella di un ingegnere che a conti fatti si ritrova a reputarsi una persona mediocre per ciò che fa, nonostante la banca gli accordi il mutuo sul trilocale.

Che questo faccia di me un sognatore è plausibile, visto che quando faccio discorsi simili in casa volano piatti e bicchieri, ma vedo che gran parte delle risposte al mio post mi incoraggiano in questa direzione.
Ciò che ho realmente bisogno d capire è se ciò che il mondo reale offre (quando lo offre) può accostarsi ai miei interessi e alla mia personalità. In base a questo sto decidendo se sia opportuno o meno lasciare un anno "in bianco" sul mio curriculum per cambiare completamente strada.
Quello che hai scritto tu, in questo senso e per il motivo che ho detto prima, mi è immensamente utile, perchè ho interpretato le tue mansioni come quelle di un professionista che ha già un percorso consolidato all'interno del mercato (parlo di anni di esperienza e esercizio della libera professione, confermi?)
Di norma avrei il pudore di non chiederlo, ma se volessimo approfondire il discorso potresti anche darmi il tuo parere dicendomi quanto la tua condizione sia migliore o peggiore rispetto alla media e quanto - ed in quanto tempo - sia accessibile da una persona con (ad esempio) 5 anni di esperienza. Non per farmi gli affari tuoi chiaramente, ma per avere informazioni a campione che le statistiche non possono darmi.


@Arch3B Intendi dire che sei più impegnato e hai più responsabilità di chi disegna piscine oppure che hai aperto un negozio di ciabatte?
Considerando che la scelta che devo fare riguarda il cambiare percorso o meno, a rigor di probabilità preferisco non guardare al lavoro di Renzo Piano ma quello dei comuni mortali :) Anche se certamente anche il futuro avrà i suoi Renzo Piano, e nonostante le difficoltà del nostro tempo saranno anch'essi della mia o vostra generazione.
Ily :
Io ti appoggio assolutamente Garbocatt. Fare un lavoro che non piace è galera, non è vita IMHO. Semplicemente, non so come sia possibile studiare all'università qualcosa che non piace, non riesco proprio a capire quelli che "mi sono iscritto a ingegneria/economia perché si trova lavoro".
Garbocatt, i tuoi genitori a mio parere non hanno il diritto di contestare le tue scelte.
Certo, anche io dopo il primo semestre volevo mollare, ma i miei hanno avuto l'ottima idea di costringermi a finire il primo anno, in modo che potessi riflettere senza prendere decisioni avventate, lasciandomi poi libera di cambiare facoltà o smettere di studiare per lavorare (e io decisi di rimanere).
E sempre i miei a partire dalla terza superiore mi consigliarono, dato l'interesse che avevo manifestato per certi temi, di fare architettura e non il DAMS (santi e benedetti consigli dei miei): ma questo IMHO si chiama stare vicino a un figlio e aiutarlo a scegliere la propria strada e valutare le alternative migliori, non costringerlo a fare qualcosa di sgradito. Tra consigli e obbligo ci passa una enorme differenza.
Ricordo gli sforzi titanici per studiare le materie che non piacevano, e invece l'esame di economia urbana preparato sotto l'ombrellone al mare (prendendo 30 e lode).
Arch3B :
@garbocatt
Intendo dire che stai cercando di stabilire le mansioni di una categoria di professionisti che comprende Fuksas e il tuo prossimo panettiere di fiducia :-)
Anche tra i comuni mortali, il mestiere dell'architetto è troppo diversificato (come hai scritto anche nel tuo post di apertura), per farsi un'idea che non sia fuorviante della professione.
Il lavoro che andrai a fare dipenderà più dalle raccomandazioni che avrai, che dalla tua bravura o dagli anni di praticantato che farai; inoltre chissà come sarà la situazione del mercato tra 3 o 5 anni...

Il problema comune a chi cerca di farsi strada senza alcun aiuto, in autonomia, è la carenza di incarichi ben pagati (e anche mal pagati) come potrebbe essere una piscina, ma anche un gazebo non si butta mica via eh ;-)
Un incarico da svolgere chiuso in una stanza progettando un pollaio, potrebbe essere l'unica cosa che separa chi non ha molti appoggi dal chiudere p.iva, per questo la prospettiva di rintanarmi da qualche parte a progettare, piscine, scale di sicurezza etc....(al plurale!) non mi pare così grigia.
arko :
io a distanza di dieci (10) anni ho la sindrome da "immaturi": sogno che mi mancano ancora sette ( 7) esami per laurearmi... di media lo sogno un paio di volte al mese....
sogno anche che devo rifare l'anno di servizio civile...mi sa che ho un problema con gli obblighi istituzionali.
Per il resto quoto Ily...l'unico modo per sopportare i professoroni depressi è nutrire un serio interesse per l'architettura
io, a differenza di Ily, amo progettare...quando capita...ormai sempre più di rado....
ma come lei ho sviluppato un amore per il vecchio...
da quando vivo da solo ho capito che non vivrei mai in un loft di cemento con una finestra a 3 metri di altezza e un cubo dove sedermi... da quando vivo da solo recupero oggetti, li restauro, arredo, sposto, illumino...e lo faccio come non lo farei per un cliente...
questo è il punto...ti insegnano che l'architettura è quella: no battiscopa..per carità!!!
..poi però quando fai direzione lavori, ti fanno notare che le pareti so storte e le mattonelle non si possono comprare a sottomultipli della tua area di pavimentazione..e quindi c'hai la mattonella tagliata a **** sotto alla parete..e quindi il battiscopa ti serve eccome...
per dirne una eh..ma se vuoi ti elenco tutta una serie di cavolate che ti inculcano quando ti fanno vedere le foto delle archistar, vecchie e nuove...senza pensare che nel quotidiano hai bisogno del wc, e che al wc è collegato un tubo ...non è che la materia organica scompare da sola...
scusa per la sintassi e per il modo veloce di scrivere..ma seguo il flusso dei miei pensieri..

esattamente come ho fatto quando mi sono iscritto ad architettura...e ora...a causa di quel flusso sono architetto..
un po' me ne pento... un po' no.
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