Ciao a tutti. Vorrei capire se è normale non trovare lavoro dopo la specialistica, e ancora di più se è normale avere l'impressione di non essere preparato per lavorare in uno studio, sapere come si fanno le cose.
Grazie a chi vorrà condividere esperienze e opinioni.
Rob
Rob : [post n° 465644]
Neoarchitetto. Non trovo lavoro
è normale non trovare lavoro nemmeno dopo 10 anni dall'abilitazione. spremuti, dissanguati dagli studi, masticati e vomitati per la cifra mensile che una colf in nero prende in mezza settimana.
poi ci sono i pochi fortunati che trovano lavoro ma a condizioni insostenibili (1000 euro lordi al mese).
se puoi, espatria oppure buttati sui concorsi pubblici. l'italia non è un paese per architetti, se potessi tornare indietro col senno di poi, farei altro (e quando mi sono immatricolata io la situazione invece era florida e non si subodorava minimamente la crisi del settore che sarebbe calata come una mannaia meno di un decennio dopo).
quanto all'esperienza, si fa solo stando in studio
poi ci sono i pochi fortunati che trovano lavoro ma a condizioni insostenibili (1000 euro lordi al mese).
se puoi, espatria oppure buttati sui concorsi pubblici. l'italia non è un paese per architetti, se potessi tornare indietro col senno di poi, farei altro (e quando mi sono immatricolata io la situazione invece era florida e non si subodorava minimamente la crisi del settore che sarebbe calata come una mannaia meno di un decennio dopo).
quanto all'esperienza, si fa solo stando in studio
Non essere preparato a lavorare è normale, lo si imparerà facendo pratica. Alcuni criticano l'università troppo teorica, altri (me compreso) ritengono che con almeno 40 anni di carriera lavorativa davanti si avrà tutto il tempo di imparare e che quindi l'università non debba insegnarti ad es. come fare una CILA. Vuoi lavorare in uno studio ed in futuro metterti in proprio? Per una vita più tranquilla (ma magari meno appassionante) valuta in alternativa se cercare fin da ora lavoro in aziende private o enti pubblici, magari facendo un tirocinio post laurea tramite la tua università. In bocca al lupo
Fissa degli obiettivi e cerca di perseguirli: vuoi fare esperienza in qualche studio? Poi magari aprire una attività tutta tua? Vuoi lavorare in aziende? vuoi buttarti nel pubblico? tutto ha un peso e tutto nella vita è una bilancia con 2 piatti. Io all'inizio ho puntato tutto sul "voler fare", avevo una energia pazzesca, famelico di imparare e fare. Sono riuscito ad avere uno spazio nell'articolato mondo del design e, nel contempo, dopo una brevissima esperienza con un attività in proprio, mi sono buttato in uno studio perché avevano clienti, un bel giro di clienti, e avendo come obiettivo il voler fare, all'interno di questo studio di certo avrei fatto, come infatti è successo. Il mio problema è che non mi sono saputo vendere! Non ho mai preso in considerazione il lato "soldi" (non provengo da una famiglia benestante!) perché nella mia testa esisteva solo il binomio "Bravura=Soldi". NON E' COSI'!!!Ora, superati i 35 anni, non avendo più alcuna agevolazione sulle tasse, i miei obiettivi sono decisamente cambiati: chiudere al più presto la partita iva (e si! sono anch'io sono un architetto finta partita iva) e cambiare del tutto, magari in un ente pubblico, seguendo i consigli del Checco nazionale!!!
Quindi quello che mi sento di dirti è avere degli obiettivi e cercarli di perseguirli. Non è detto che dove non riesce qualcuno non debba riuscirci tu!!
In bocca al lupo
Quindi quello che mi sento di dirti è avere degli obiettivi e cercarli di perseguirli. Non è detto che dove non riesce qualcuno non debba riuscirci tu!!
In bocca al lupo
È così da ben più di un decennio, ma non ti eri informato della situazione pietosa nella quale versano gli architetti prima di intraprendere questa strada?
arch.PD, sinceramente non gliene farei una colpa. a 18/19 anni è difficile avere gli strumenti per informarsi adeguatamente, a maggior ragione se anche adulti scafati vivono ancora nella convinzione che gli architetti siano tutti ricchi e che facciano gli abbinamenti tra tende e tappeti, opinione anche sostenuta dai media che ciclicamente propongono tabelle del tutto fantasiose sui presunti stipendi, da cui risulta che un architetto incassa a 3 anni dalla laurea circa 35.000 netti annui (io non so se ridere o incazzarmi quando leggo articoli dove scrivono che un impiegato pubblico prende 40.000 netti all'anno, o quando mi dicono che sono una privilegiata perchè c'è questa fantasia che io non abbia orari, lavori solo due ore la mattina, entri quando voglio, per tutta l'estate e a tutti i ponti stia in ferie pagate, ad agosto gli uffici chiudano tutto il mese, ecc...)
@Adam Richman
Il tuo intervento mi suggerisce una riflessione.
Personalmente critico un'università troppo teorica e retorica (per lo meno la mia, ai mie tempi) e completamente scollegata dal mondo della professione. Fosse troppo tecnica, come asserisci, sarebbe il male minore.
Capisco perfettamente che un laureato in architettura potrebbe, virtualmente, intraprendere percorsi professionali dalle sfumature talmente diverse che prepararlo a tutti sarebbe quasi impossibile, ma non prepararlo del tutto (fatto salvo per un paio di corsi attinenti alla professione), credo sia la causa all'origine di un mercato del lavoro malato e viziato. Liberare nel mondo reale centinaia di laureati in architettura (ed architetti abilitati) privi di un minimo "saper fare", li espone inevitabilmente ad anni di apprendistato privi di tutele, trattati come garzoni di bottega e come tale retribuiti.
Percorsi di studi più professionalizzanti e perchè no, un paio d'anni obbligatori di pratica per tutti (anche solo con spese rimborsate) prima dell'abilitazione, creerebbero un regime di sana concorrenza in cui i giovani potrebbero, se non competere coi "vecchi", per lo meno costituire una sorta di minaccia sulla piazza a breve/medio termine. Tutto ciò, credo, potrebbe riequilibrare l'osceno scenario dei rapporti di lavoro e dei compensi, oltre a generare apprendisti da subito più produttivi e quindi meglio retribuibili.
Purtroppo, a pensar male si fa peccato, ma sembra davvero che non ci sia una reale volontà, da parte dei "senatori" della professione, che a volte sono docenti ed altre sono nei consigli degli ordini, di migliorare la categoria e le condizioni della medesima sin dalla genesi dei tecnici che l'andranno a costituire.
Il tuo intervento mi suggerisce una riflessione.
Personalmente critico un'università troppo teorica e retorica (per lo meno la mia, ai mie tempi) e completamente scollegata dal mondo della professione. Fosse troppo tecnica, come asserisci, sarebbe il male minore.
Capisco perfettamente che un laureato in architettura potrebbe, virtualmente, intraprendere percorsi professionali dalle sfumature talmente diverse che prepararlo a tutti sarebbe quasi impossibile, ma non prepararlo del tutto (fatto salvo per un paio di corsi attinenti alla professione), credo sia la causa all'origine di un mercato del lavoro malato e viziato. Liberare nel mondo reale centinaia di laureati in architettura (ed architetti abilitati) privi di un minimo "saper fare", li espone inevitabilmente ad anni di apprendistato privi di tutele, trattati come garzoni di bottega e come tale retribuiti.
Percorsi di studi più professionalizzanti e perchè no, un paio d'anni obbligatori di pratica per tutti (anche solo con spese rimborsate) prima dell'abilitazione, creerebbero un regime di sana concorrenza in cui i giovani potrebbero, se non competere coi "vecchi", per lo meno costituire una sorta di minaccia sulla piazza a breve/medio termine. Tutto ciò, credo, potrebbe riequilibrare l'osceno scenario dei rapporti di lavoro e dei compensi, oltre a generare apprendisti da subito più produttivi e quindi meglio retribuibili.
Purtroppo, a pensar male si fa peccato, ma sembra davvero che non ci sia una reale volontà, da parte dei "senatori" della professione, che a volte sono docenti ed altre sono nei consigli degli ordini, di migliorare la categoria e le condizioni della medesima sin dalla genesi dei tecnici che l'andranno a costituire.
Rob é normale non sentirsi preparati al lavoro dopo essersi laureati, anche perché l'università purtroppo non prepara al mondo della professione... Anche io sono stata nella tua stessa situazione, come tutti credo...
All'epoca io avevo bussato alla porta di studi che conoscevo e che erano nella mia zona. Ho fatto un paio di anni di praticantato in uno studio dove lavoro tutt'ora. Quei due anni mi sono serviti per iniziare ad apprendere il mestiere, dopodiché ho sostenuto l'esame di stato per l'abilitazione alla professione.
Quindi il mio consiglio è di cercare di fare te la prima mossa, andando di persona negli studi che sono nella tua zona e chiedere se hanno bisogno. Con un pò di fortuna qualcuno disposto ad "assumerti" ci sarà..
Poi inizierai a farti esperienza un pò alla volta..
In bocca al lupo.
All'epoca io avevo bussato alla porta di studi che conoscevo e che erano nella mia zona. Ho fatto un paio di anni di praticantato in uno studio dove lavoro tutt'ora. Quei due anni mi sono serviti per iniziare ad apprendere il mestiere, dopodiché ho sostenuto l'esame di stato per l'abilitazione alla professione.
Quindi il mio consiglio è di cercare di fare te la prima mossa, andando di persona negli studi che sono nella tua zona e chiedere se hanno bisogno. Con un pò di fortuna qualcuno disposto ad "assumerti" ci sarà..
Poi inizierai a farti esperienza un pò alla volta..
In bocca al lupo.
@Archifish
a pensarci bene, almeno per quanto riguarda la mia esperienza personale, anche il lavoro all'interno degli studi è caratterizzato molto spesso da un lungo apprendistato focalizzato su mansioni scarsamente professionalizzanti.
Vale a dire che ogni piccolo passettino in avanti, nel fare qualcosa di cui non hai già avuto esperienza, avviene molto lentamente. Quindi entri in uno studio con un bagaglio di cose che sai fare, o puoi fare, e poi continui a farle per anni. Argomenti come:
- Definizione dei compensi
- Lettera d'incarico e come farsi pagare
- Interpretazione normative
- Rapporti con i clienti e presentazione dei progetti
- Gestione del cantiere e direzione lavori (non a braccio, ma con un po' di metodo e qualche tutela)
- Pratiche edilizie e responsabilità correlate (che magari ci serve anche per capire quanto dobbiamo essere pagati ad esempio)
Quindi si, penso anche io che sarebbe molto utile, ma non solo per uno studente, un bel bagno di realtà. E sulle cose che ho elencato, molto raramente mi capita di imbattermi in qualcosa di realmente utile, anche nella formazione professionale obbligatoria.
Aspetto con ansia i commenti a venire di tutti i fenomeni che diranno:
- Ah quando farai effettivamente la libera professione e avrai il tuo studio capirai!! ( come se con un partita iva da architetto, mi dedicassi all'arte della norcineria come lavoro )
- Eh ma quegli argomenti li impari solo facendo! ( certo, la tecnica di imparare a nuotare gettandosi nel mare, a giustificazione implicita della propria mal celata onnipresente incompetenza )
- Oh ma quelle cose li richiedono tempo extra al di fuori dello studio ( già me li immagino che sono li il sabato sera, a natale, nel tempo libero, a leggersi manuali, leggi regionali, circolari dell'ade, tutti paladini dell'architettura)
a pensarci bene, almeno per quanto riguarda la mia esperienza personale, anche il lavoro all'interno degli studi è caratterizzato molto spesso da un lungo apprendistato focalizzato su mansioni scarsamente professionalizzanti.
Vale a dire che ogni piccolo passettino in avanti, nel fare qualcosa di cui non hai già avuto esperienza, avviene molto lentamente. Quindi entri in uno studio con un bagaglio di cose che sai fare, o puoi fare, e poi continui a farle per anni. Argomenti come:
- Definizione dei compensi
- Lettera d'incarico e come farsi pagare
- Interpretazione normative
- Rapporti con i clienti e presentazione dei progetti
- Gestione del cantiere e direzione lavori (non a braccio, ma con un po' di metodo e qualche tutela)
- Pratiche edilizie e responsabilità correlate (che magari ci serve anche per capire quanto dobbiamo essere pagati ad esempio)
Quindi si, penso anche io che sarebbe molto utile, ma non solo per uno studente, un bel bagno di realtà. E sulle cose che ho elencato, molto raramente mi capita di imbattermi in qualcosa di realmente utile, anche nella formazione professionale obbligatoria.
Aspetto con ansia i commenti a venire di tutti i fenomeni che diranno:
- Ah quando farai effettivamente la libera professione e avrai il tuo studio capirai!! ( come se con un partita iva da architetto, mi dedicassi all'arte della norcineria come lavoro )
- Eh ma quegli argomenti li impari solo facendo! ( certo, la tecnica di imparare a nuotare gettandosi nel mare, a giustificazione implicita della propria mal celata onnipresente incompetenza )
- Oh ma quelle cose li richiedono tempo extra al di fuori dello studio ( già me li immagino che sono li il sabato sera, a natale, nel tempo libero, a leggersi manuali, leggi regionali, circolari dell'ade, tutti paladini dell'architettura)
Io mi permetto di intervenire solo perchè sono probabilmente la più vecchia sulla piazza: la situazione era già così anche 30 anni fa, la cosa è solo un po' (credetemi, neanche tanto) peggiorata, soprattutto per via dei numeri. Dei miei colleghi di università solo 2 fanno gli architetti.
Aggiungo solo una considerazione che ho già fatto mille volte, per quanto vale.
L'architetto (nell'accezione più "nobile" del termine, perdonatemi questa definizione) è una professione; non si cerca lavoro da architetto (o da ingegnere), perchè presuppone la libera professione: questo vuol dire, come caratteristica intrinseca, lacrime e sangue per anni (così come per un artigiano o un commerciante, anzi di più). E' legittimo "cercare lavoro" da "dipendente" negli studi, ma quella è un'altra cosa, e in un mercato sfalsato come quello italiano è frustrante e quasi irrealizzabile.
Di buono c'è che una preparazione da architetto, SE FATTA BENE, offre molti sbocchi anche non necessariamente negli studi professionali; personalmente ho colleghi architetti (dipendenti dell'azienda) che sono pronta a scommettere progettano e vanno in cantiere più dell'architetto medio. Certo non puoi fare il dott arch che va in giro sbandierando il titolo, ma il mutuo lo paghi. Personalmente non ci vedo niente di male a non fare la libera professione, anzi!, ma molti ancora non ragionano così.
E qui si vede anche perchè sono più d'accordo con Adam Richman sul ruolo dell'università, piuttosto che con Archifish: un'università non potrà MAI darti tutte le nozioni che servono, perchè le devi imparare tutti i giorni, e questo vale (chi più, chi meno) per OGNI professione. L'università può solo darti gli strumenti per sapere "dove" e "come" cercare. Purtroppo le lacune dell'università italiana le sappiamo, ma non è tutta colpa sua: non può essere che non solo un laureato, ma neanche un diplomato, non abbia cognizione di come affrontare un mutuo, leggere una normativa o calcolare quanto pesa il ferro di una struttura per tirarne fuori il prezzo (si, è successo, c'era un post proprio qui): se le basi le hai, non serve che ti abbiano insegnato a fare le moltiplicazioni, lo sai da solo dove cercarti le informazioni per farle.
Aggiungo solo una considerazione che ho già fatto mille volte, per quanto vale.
L'architetto (nell'accezione più "nobile" del termine, perdonatemi questa definizione) è una professione; non si cerca lavoro da architetto (o da ingegnere), perchè presuppone la libera professione: questo vuol dire, come caratteristica intrinseca, lacrime e sangue per anni (così come per un artigiano o un commerciante, anzi di più). E' legittimo "cercare lavoro" da "dipendente" negli studi, ma quella è un'altra cosa, e in un mercato sfalsato come quello italiano è frustrante e quasi irrealizzabile.
Di buono c'è che una preparazione da architetto, SE FATTA BENE, offre molti sbocchi anche non necessariamente negli studi professionali; personalmente ho colleghi architetti (dipendenti dell'azienda) che sono pronta a scommettere progettano e vanno in cantiere più dell'architetto medio. Certo non puoi fare il dott arch che va in giro sbandierando il titolo, ma il mutuo lo paghi. Personalmente non ci vedo niente di male a non fare la libera professione, anzi!, ma molti ancora non ragionano così.
E qui si vede anche perchè sono più d'accordo con Adam Richman sul ruolo dell'università, piuttosto che con Archifish: un'università non potrà MAI darti tutte le nozioni che servono, perchè le devi imparare tutti i giorni, e questo vale (chi più, chi meno) per OGNI professione. L'università può solo darti gli strumenti per sapere "dove" e "come" cercare. Purtroppo le lacune dell'università italiana le sappiamo, ma non è tutta colpa sua: non può essere che non solo un laureato, ma neanche un diplomato, non abbia cognizione di come affrontare un mutuo, leggere una normativa o calcolare quanto pesa il ferro di una struttura per tirarne fuori il prezzo (si, è successo, c'era un post proprio qui): se le basi le hai, non serve che ti abbiano insegnato a fare le moltiplicazioni, lo sai da solo dove cercarti le informazioni per farle.
io ho imparato tantissimo nel secondo stuido dove ho lavorato, anche se l'ambiente umano era allucinante: nel primo, dove sono rimasta un anno, ero da sola e la titolare non mi ha insegnato nulla, non veniva mai in studio se non un paio d'ore al giorno perchè dormiva fino a mezzogiorno.
nel secondo invece ho imparato praticam,ente tutto quello che mi è servito poi, ma soprattutto ho imparato a gestire le lacune perchè ho appreso il metodo, e quello non lo impari certo in università.
a mio avviso l'università deve rimanere astratta perchè il suo scopo è plasmare il cervello, non generare burocrati o manovalanza. quando si ha la testa sufficientemente aperta allora sui è in grado di usare gli strumenti del pensiero critico per affrontare le situazioni, e certo non si può pensare appena abilitati di mettersi in proprio nemmeno con alle spalle un praticantato di un anno fatto da studenti. però questo è solo il mio pensiero, opinabilissimo.
il problema del tirocinio è la fortuna di finire in posti dove ti formano invece che quelli dove ti mettono in angolo a fare fotocopie o mettere le quote ai disegni.
e sono d'accordissimo con fulser... a 21 anni, senza avere internet e senza conoscere la nuova città in cui mi ero trasferita, avevo sufficienti mezzi culturali per pormi il problema di volturare le utenze e arrangiarmi a capire come fare. non è certo una nozione che la scuola può o deve insegnare. la scuola forgia le capacità di ragionare e trovarsi le informazioni dove servono
nel secondo invece ho imparato praticam,ente tutto quello che mi è servito poi, ma soprattutto ho imparato a gestire le lacune perchè ho appreso il metodo, e quello non lo impari certo in università.
a mio avviso l'università deve rimanere astratta perchè il suo scopo è plasmare il cervello, non generare burocrati o manovalanza. quando si ha la testa sufficientemente aperta allora sui è in grado di usare gli strumenti del pensiero critico per affrontare le situazioni, e certo non si può pensare appena abilitati di mettersi in proprio nemmeno con alle spalle un praticantato di un anno fatto da studenti. però questo è solo il mio pensiero, opinabilissimo.
il problema del tirocinio è la fortuna di finire in posti dove ti formano invece che quelli dove ti mettono in angolo a fare fotocopie o mettere le quote ai disegni.
e sono d'accordissimo con fulser... a 21 anni, senza avere internet e senza conoscere la nuova città in cui mi ero trasferita, avevo sufficienti mezzi culturali per pormi il problema di volturare le utenze e arrangiarmi a capire come fare. non è certo una nozione che la scuola può o deve insegnare. la scuola forgia le capacità di ragionare e trovarsi le informazioni dove servono
Non mi è chiaro questo passaggio:
"E' legittimo "cercare lavoro" da "dipendente" negli studi, ma quella è un'altra cosa, e in un mercato sfalsato come quello italiano è frustrante e quasi irrealizzabile."
Quindi "Lo Studio" è un'entità astratta che produce da sola progetti, relazioni, ecc?
Gli studi italiani al loro interno non hanno delle persone che lavorano?
Sul fatto che l'università debba dare una formazione culturale e sui temi più alti della progettazione siamo d'accordo, ma ritengo personalmente che sarebbe utile affrontare anche argomenti più legati alla professione, che non significa "come si fa un progetto" (vedi il calcolo del ferro), ma come ci si muove all'interno di normative, responsabilità, gestione economica, gestione cantiere.
"E' legittimo "cercare lavoro" da "dipendente" negli studi, ma quella è un'altra cosa, e in un mercato sfalsato come quello italiano è frustrante e quasi irrealizzabile."
Quindi "Lo Studio" è un'entità astratta che produce da sola progetti, relazioni, ecc?
Gli studi italiani al loro interno non hanno delle persone che lavorano?
Sul fatto che l'università debba dare una formazione culturale e sui temi più alti della progettazione siamo d'accordo, ma ritengo personalmente che sarebbe utile affrontare anche argomenti più legati alla professione, che non significa "come si fa un progetto" (vedi il calcolo del ferro), ma come ci si muove all'interno di normative, responsabilità, gestione economica, gestione cantiere.
Eh ma infatti io posso ritenermi abbastanza fortunata perché ho trovato persone che mi hanno formata alla professione indicandomi la strada per poter iniziare. Poi certo le normative me le sono dovuta andare a cercare, a comprendere e conoscere.
Così come è necessario saper usare i software necessari per la progettazione.
Non è detto comunque che rimarrò qui a vita, ma per iniziare fare un pò di pratica in uno studio può anche andare bene.
Solitamente capita che i titolari degli studi lasciano poco spazio per crescere anche perché spesso rimangono a vita prendendosi la parte migliore della torta e lasciando le briciole agli altri. Almeno però si fa esperienza e ci si forma, poi se capita di meglio ben venga....
Così come è necessario saper usare i software necessari per la progettazione.
Non è detto comunque che rimarrò qui a vita, ma per iniziare fare un pò di pratica in uno studio può anche andare bene.
Solitamente capita che i titolari degli studi lasciano poco spazio per crescere anche perché spesso rimangono a vita prendendosi la parte migliore della torta e lasciando le briciole agli altri. Almeno però si fa esperienza e ci si forma, poi se capita di meglio ben venga....
@ArchiFra
Se il problema fosse solo "volersi aprire lo studio ad un anno dalla laurea", saremmo molto fortunati.
E' un problema anche a 10-15 anni dalla laurea per chi volesse farlo ora.
Mi piacerebbe poi vedere, avere una testimonianza, di persone che lavorano in uno studio e:
- Fanno le fotocopie
- Mettono le quote in un angolo buio dello studio
Che facciano solo ed esclusivamente quello però, mentre i titolari chiaramente si smazzono tutto il resto, dal rendering alla progettazione esecutiva, alla preparazione di tutti gli elaborati, ai portali, alle telefonate, le scadenze.
Li vorrei conoscere: le persone che stanno in uno studio a fare le fotocopie, mentre il titolare fa tutto il resto
Se il problema fosse solo "volersi aprire lo studio ad un anno dalla laurea", saremmo molto fortunati.
E' un problema anche a 10-15 anni dalla laurea per chi volesse farlo ora.
Mi piacerebbe poi vedere, avere una testimonianza, di persone che lavorano in uno studio e:
- Fanno le fotocopie
- Mettono le quote in un angolo buio dello studio
Che facciano solo ed esclusivamente quello però, mentre i titolari chiaramente si smazzono tutto il resto, dal rendering alla progettazione esecutiva, alla preparazione di tutti gli elaborati, ai portali, alle telefonate, le scadenze.
Li vorrei conoscere: le persone che stanno in uno studio a fare le fotocopie, mentre il titolare fa tutto il resto
@ ArchiFra (a parte che ricordo benissimo la tua storia professionale di cui hai parlato anche qui....) ti scrivo solo perchè anch'io resto sempre basita quando leggo quegli "articoli" sulle "realtà" professionali, che secondo me non sono altro che la rappresentazione di come ormai a tutti i livelli, anche nel giornalismo, molte categorie siano cadute in basso. Mi pare desnip (?) citava mesi fa il caso di quel tipo che aveva ucciso la moglie e veniva definito architetto anche se non lo era, ma ben pochi "giornalisti" si erano presi la briga di verificare quanto scrivevano... ecco, ormai, dappertutto è così; a ciò si aggiunga il fatto che molti articoli non sono altro che il frutto di copia-incolla di cose scritte da altri, mai minimamente verificati... (gli articoli sono tutti uguali, in tutte le testate; per lo più non si capisce che è il primo che ha scritto, che è evidente non è pagato in proporzione alla diffusione, e qui entriamo nel discorso che non voglio neanche affrontare, di costi e compensi che non vengono pagati ma su cui qualcuno guadagna....). La lettura di certi presunti articoli on-line è una tortura, spesso notizie raffazzonate e magari anche tratte da pagine straniere malamente tradotte con google translate, senza che nessuno si disturbi nemmeno a correggere grammaticalmente la traduzione... Ma il peggio è che l'andazzo si sta diffondendo anche nelle testate giornalistiche di "prestigio". Con queste premesse, trovare un articolo con dei fondamenti realistici sulle professioni è quasi un'utopia.
@Arch. Esaurimento, mi pareva di essere stata chiara, è una cosa di cui abbiamo parlato allo sfinimento:
Non troverai lavoro pagato da dipendente in uno studio, perchè tutti (o quasi) ti offriranno una finta Partita Iva. Il lavoro da dipendente negli studi professionali esiste in qualche accezione all'estero, ma in Italia no. Se poi uno vuole cercare a tutti i costi di essere assunto come dipendente, è un'altra cosa, ma la vedo difficile. Quello che non capisco è come mai questa cosa sia sempre una sorpresa per chi si affaccia al mondo del lavoro dopo la laurea, è una cosa che per quanto mi riguarda è sempre stata lampante, fin da prima dell'iscrizione all'università.
Non troverai lavoro pagato da dipendente in uno studio, perchè tutti (o quasi) ti offriranno una finta Partita Iva. Il lavoro da dipendente negli studi professionali esiste in qualche accezione all'estero, ma in Italia no. Se poi uno vuole cercare a tutti i costi di essere assunto come dipendente, è un'altra cosa, ma la vedo difficile. Quello che non capisco è come mai questa cosa sia sempre una sorpresa per chi si affaccia al mondo del lavoro dopo la laurea, è una cosa che per quanto mi riguarda è sempre stata lampante, fin da prima dell'iscrizione all'università.
esaurimento, presente. durante l'università (nel mio post parlo di tirocinio, non di professione avviata e collaborazione autonoma) sono stata per circa 6 mesi in uno studio a fare esattamente questo: lucidare le tavole (non esisteva autocad) in un tecnigrafo in un angolo, fotocopiare i moduli e andare al bar di sotto a ordinare il caffè per titolare e soci. non ho imparato una beneamata mazza e ho solo perso tempo che avrei potuto dedicare allo studio.
comunque io sono l'acclarato esempio di come, non avendo margine nella professione in studio, in un'epoca dove le madri vengono rifiutate a priori e dove a prescindere se sei molto molto fortunato diventi una falsa partita iva a 1000 lordi al mese, mi sono rassegnata e mi sono buttata sui concorsi pubblici.
comunque io sono l'acclarato esempio di come, non avendo margine nella professione in studio, in un'epoca dove le madri vengono rifiutate a priori e dove a prescindere se sei molto molto fortunato diventi una falsa partita iva a 1000 lordi al mese, mi sono rassegnata e mi sono buttata sui concorsi pubblici.
@ArchiFra
effettivamente mi sono lasciato un po' trasportare andando fuori tema.
In un tirocinio può essere comprensibile, non condivisibile, ma comunque triste..
Non parlo di te ma della situazione generale, della mancanza di opportunità.
Ed è il motivo per cui a mio avviso, avere una merce di scambio in mano (ovvero saper fare quello che effettivamente è necessario, come utilizzare un portale, utilizzare un software, conoscere le proprie responsabilità come progettisti, conoscere una parte delle normative che devono essere applicate), potrebbe garantire più opportunità anche e soprattutto a chi inizia la professione.
Dato che anche moltissimi, fra i colleghi più avanti nella professione, non sono diventati Alvaro Siza, e moltissimi di noi non lo diventeranno, diamo pure per scontato che il ruolo centrale della formazione universitaria dovrà sempre restare il piano culturale, ma qualcosa di più attinente al mondo reale e spendibile a mio modo di vedere sarebbe un bel regalo per chi spende almeno 5 anni del suo tempo a formarsi.
effettivamente mi sono lasciato un po' trasportare andando fuori tema.
In un tirocinio può essere comprensibile, non condivisibile, ma comunque triste..
Non parlo di te ma della situazione generale, della mancanza di opportunità.
Ed è il motivo per cui a mio avviso, avere una merce di scambio in mano (ovvero saper fare quello che effettivamente è necessario, come utilizzare un portale, utilizzare un software, conoscere le proprie responsabilità come progettisti, conoscere una parte delle normative che devono essere applicate), potrebbe garantire più opportunità anche e soprattutto a chi inizia la professione.
Dato che anche moltissimi, fra i colleghi più avanti nella professione, non sono diventati Alvaro Siza, e moltissimi di noi non lo diventeranno, diamo pure per scontato che il ruolo centrale della formazione universitaria dovrà sempre restare il piano culturale, ma qualcosa di più attinente al mondo reale e spendibile a mio modo di vedere sarebbe un bel regalo per chi spende almeno 5 anni del suo tempo a formarsi.
@Rob
Scusami se mi sono lasciato trasportare dal tema, fuori tema.
E' normale: SI
Lo sarà per molto tempo: SI, ma dipende da te
Il consiglio: parti dalle cose che sai fare. Analizza quello che serve all'interno di uno studio, o più in generale di quello che ritieni che sia utile per progettare (se è quello di cui ti vorresti occupare), o comunque finalizzato al tipo di lavoro che vorresti fare.
Dopodiché, se hai già delle competenze, devi partire da quelle, approfondire, migliorare.
Se ti sembra di non averle, devi partire da qualcosa, e migliorare fin tanto che diventa qualcosa di spendibile.
Cosa imparare:
- Come si utilizza un software per disegnare/modellare
- Come rappresentare un progetto
- Come si fa un computo metrico
Scusami se mi sono lasciato trasportare dal tema, fuori tema.
E' normale: SI
Lo sarà per molto tempo: SI, ma dipende da te
Il consiglio: parti dalle cose che sai fare. Analizza quello che serve all'interno di uno studio, o più in generale di quello che ritieni che sia utile per progettare (se è quello di cui ti vorresti occupare), o comunque finalizzato al tipo di lavoro che vorresti fare.
Dopodiché, se hai già delle competenze, devi partire da quelle, approfondire, migliorare.
Se ti sembra di non averle, devi partire da qualcosa, e migliorare fin tanto che diventa qualcosa di spendibile.
Cosa imparare:
- Come si utilizza un software per disegnare/modellare
- Come rappresentare un progetto
- Come si fa un computo metrico
ai consigli di esaurimento aggiungerei
-differenze tra architettonico ed esecutivo (non parlo dei progetti pubblici ma della normalità. per me è importante ragionare già con le misure esecutive e lasciare l'architettonico solo per la bozza preparatoria e di massima)
-sistema di archiviazione e catalogazione degli elaborati onde evitare casini nelle varie fasi di aggiornamento
-differenze tra architettonico ed esecutivo (non parlo dei progetti pubblici ma della normalità. per me è importante ragionare già con le misure esecutive e lasciare l'architettonico solo per la bozza preparatoria e di massima)
-sistema di archiviazione e catalogazione degli elaborati onde evitare casini nelle varie fasi di aggiornamento
@fulser
Dai per scontato di dovermi spiegare come si sta al mondo, immaginando che io sia un giovane neolaureato che non ha mai lavorato, non sa come funziona uno studio, e si immagina un bellissimo futuro professionale pieno di soddisfazioni e tutto in discesa.
La finta partita iva è un dipendente senza diritti, con gli oneri della partita iva: quindi di cosa stiamo parlando?
La sorpresa è il fatto che venga considerato normale
Dai per scontato di dovermi spiegare come si sta al mondo, immaginando che io sia un giovane neolaureato che non ha mai lavorato, non sa come funziona uno studio, e si immagina un bellissimo futuro professionale pieno di soddisfazioni e tutto in discesa.
La finta partita iva è un dipendente senza diritti, con gli oneri della partita iva: quindi di cosa stiamo parlando?
La sorpresa è il fatto che venga considerato normale
@ArchFra: "durante l'università (nel mio post parlo di tirocinio, non di professione avviata e collaborazione autonoma) sono stata per circa 6 mesi in uno studio a fare esattamente questo: lucidare le tavole (non esisteva autocad) in un tecnigrafo in un angolo, fotocopiare i moduli e andare al bar di sotto a ordinare il caffè per titolare e soci".
Tale e quale... io in più, pure a comprare le sigarette, ahimè!
Tale e quale... io in più, pure a comprare le sigarette, ahimè!