Buongiorno colleghi,
voi che ne pensate del fatto che i geometri (ah ora ci sono anche i geometri laureati!) nella sostanza della pratica lavorativa, siano sovrapponibili agli architetti? Alla fine, per la maggior parte delle ristrutturazioni più o meno piccole, possono essere affidate ad un geometra. Togliendo edifici vincolati che necessitano di autorizzazione da parte della Soprintendenza (quindi firma architetto) o parti strutturali (quindi ingegnere) fanno sostanzialmente i nostri stessi lavori.
Non dovrebbero prevalentemente occuparsi ti catasto, topografia e via dicendo?
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Una palese polemica
una palese polemica vecchia come il cucco oltretutto.
E' così da decenni ormai. Non penso nulla, tranne che siamo in Italia e che ognuno può improvvisarsi qualsiasi cosa.
E' così da decenni ormai. Non penso nulla, tranne che siamo in Italia e che ognuno può improvvisarsi qualsiasi cosa.
So che scatenerò le ire di qualcuno, ma ritengo che alla fine vince sempre la competenza specifica sui vari temi e che i titoli di studio valgono si, ma fino a un certo punto.
Io fino a qualche anno fa ritenevo ingiusto che un geometra potesse fare alcune delle cose che fa un architetto. Oggi invece dico che i titoli contano poco, i risultati si vedono sul campo.
Sono un Architetto e non sto dicendo affatto che i geometri siano "migliori" degli architetti professionalmente (in alcuni casi si, lo sono). Sto solo dicendo che non è giusto basare una valutazione sui "titoli" posseduti ma bisogna riconsiderare per bene le competenze.
Sono un Architetto e non sto dicendo affatto che i geometri siano "migliori" degli architetti professionalmente (in alcuni casi si, lo sono). Sto solo dicendo che non è giusto basare una valutazione sui "titoli" posseduti ma bisogna riconsiderare per bene le competenze.
Concordo che l'esperienza e la professionalità possono risultare più qualificanti di un titolo di studio, ma ora come ora, visto il crescendo di responsabilità e la necessità di figure specializzate per far fronte ai mille temi afferenti l'ediliza, forse ci sarebbe margine per non contendersi l'osso accettando di buon grado di fare ogniuno il proprio "mestiere".
Resto del parere che la soluzione alla sovrapposizione dei ruoli andrebbe ricercata in un utopico riodrino delle professioni. Riordino che dovrebbe iniziare con percorsi scolastici e formativi specifici e professionalizzati per concretizzarsi, poi, in una chiara distinzione delle competenze, dei poteri e delle limitazioni in campo professionale.
Volendo semplificare, direi che lascerei volentieri ai geometri la sicurezza in cantiere, il catasto, le successioni, la topografia e l'amministrazione condominale. Io, architetto, poi, mi guarderei bene dall'interferire con i geometri di cui sopra, con gli ingegneri in materia di strutture e con i termotecnici in tema di impianti. Soprattutto godendo della certezza che gli architetti siano gli unici a potersi occupare di urbanistica, progettazione architettonica, restauro e beni soggetti a vincoli di varia natura.
Ormai i tempi e l'evoluzione del settore sarebbero maturi per accettare che, un architetto ben formato (abilitato alla professione non per mezzo di esame farsa) dovrebbe essere l'unica figura di riferiemento se si parla di composzione architettonica.
Un geometra, oggigiorno, dovrebbe avere l'umiltà di accettare che il gioco è diventato troppo complesso per potersi considerare un tuttofare con un diploma (se anche laureato, allora, che si iscirva nel rispettivo ordine).
Un ingegnere dovrebbe avere la priorità di approfondire tematiche inerenti le strutture, anzichè occuparsi di distribuzione degli spazi dell'abitare, di boiserie in legno a poro aperto o di accompagnare la cliente della "Milano bene" nell'ardua scelta di pavimenti in gres e sanitari (esempi a caso).
Tutto questo, ovviamente, mantenendo un briciolo di competenza interisciplinare ed una elevata propensione alla collaborazione tra specialisti. Dopotutto apparteniamo al medesimo settore e dovremmo capire di avere tutti bisogno gli uni degli altri.
Non dico che perseguendo il mio disegno folle i problemi di fatturato sarebbero risolti, ma che si dovrebbe/potrebbe legiferare nella direzione di rendere indispensabili tutte le figure professionali che, per competenze specifiche, concorrono al compimento del processo edilizio.
Sia chiaro che sto semplicemente fantasticando su qualcosa che non avverrà mai; perchè i diritti acqusiti, seppure ci portino a scannarci per quattro spiccioli, ci illudono di poter potenzialmente accedere a qualsiasi commessa oltre a redere i forti sempre più forti (ma si sa, è nella natura umana, gli ultimi tengono duro nella speranza, quasi sempre irrealizzabile, di poter diventare primi).
Resto del parere che la soluzione alla sovrapposizione dei ruoli andrebbe ricercata in un utopico riodrino delle professioni. Riordino che dovrebbe iniziare con percorsi scolastici e formativi specifici e professionalizzati per concretizzarsi, poi, in una chiara distinzione delle competenze, dei poteri e delle limitazioni in campo professionale.
Volendo semplificare, direi che lascerei volentieri ai geometri la sicurezza in cantiere, il catasto, le successioni, la topografia e l'amministrazione condominale. Io, architetto, poi, mi guarderei bene dall'interferire con i geometri di cui sopra, con gli ingegneri in materia di strutture e con i termotecnici in tema di impianti. Soprattutto godendo della certezza che gli architetti siano gli unici a potersi occupare di urbanistica, progettazione architettonica, restauro e beni soggetti a vincoli di varia natura.
Ormai i tempi e l'evoluzione del settore sarebbero maturi per accettare che, un architetto ben formato (abilitato alla professione non per mezzo di esame farsa) dovrebbe essere l'unica figura di riferiemento se si parla di composzione architettonica.
Un geometra, oggigiorno, dovrebbe avere l'umiltà di accettare che il gioco è diventato troppo complesso per potersi considerare un tuttofare con un diploma (se anche laureato, allora, che si iscirva nel rispettivo ordine).
Un ingegnere dovrebbe avere la priorità di approfondire tematiche inerenti le strutture, anzichè occuparsi di distribuzione degli spazi dell'abitare, di boiserie in legno a poro aperto o di accompagnare la cliente della "Milano bene" nell'ardua scelta di pavimenti in gres e sanitari (esempi a caso).
Tutto questo, ovviamente, mantenendo un briciolo di competenza interisciplinare ed una elevata propensione alla collaborazione tra specialisti. Dopotutto apparteniamo al medesimo settore e dovremmo capire di avere tutti bisogno gli uni degli altri.
Non dico che perseguendo il mio disegno folle i problemi di fatturato sarebbero risolti, ma che si dovrebbe/potrebbe legiferare nella direzione di rendere indispensabili tutte le figure professionali che, per competenze specifiche, concorrono al compimento del processo edilizio.
Sia chiaro che sto semplicemente fantasticando su qualcosa che non avverrà mai; perchè i diritti acqusiti, seppure ci portino a scannarci per quattro spiccioli, ci illudono di poter potenzialmente accedere a qualsiasi commessa oltre a redere i forti sempre più forti (ma si sa, è nella natura umana, gli ultimi tengono duro nella speranza, quasi sempre irrealizzabile, di poter diventare primi).
bhe un geometra ha come minimo 5 anni di esperienza in piu di un architetto, e parlo di esperienza pratica e fidatevi i 5 anni di geometra non hanno nulla a che invidiare ai 5 e oltre di architettura (ho fatto entrambi) , gia a 19 anni lavorano, mentre molti architetti si laureano a quasi 30 con tante idee teoriche...purtroppo ancora figli di una cultura del 68...
Sono architetto con un diploma da geometra.
Posso confermare che ai miei tempi, quello per geometri, fosse un istituto tecnico serio e formativo (se si aveva la fortuna di incontrare i professori giusti, quasi tutti anche liberi professionisti).
Puntualizzo che nel mio intervento precedente ho ipotizzato che, per gli architetti, ci sarebbe da rivedere il percorso formativo e quello di abilitazione ed inserimento nel lavoro (ora come ora si immettono nella professione potenziali armi di distruzione di massa senza esperienza, senza la benchè minima idea della complesistà del mondo reale, ma soprattutto delle responsabilità che implica il titolo).
In ultima istanza, a scanso di equivoci, aggiungo che ora come ora, il percorso di studi dei geometri sta vivendo un declino soprattutto in termini di "vocazione" e di numero di iscritti (quantomeno nella realtà che vivo ed a giudicare dai pareri nostalgici di chi esercita e/o insegna).
Nell'ottica di preservare una "specie" in via d'estinzione, tanto varrebbe farne una figura con limiti d'azione meglio delineati, ma, al contempo, con un ruolo ben specifico e specialistico. Pochi ma buoni, con una ragionevole certezza di risultare utili, per non dire necessari, una volta giunti nel mercato del lavoro (logica che andrebbe applicata analogamente alle altre professioni del settore).
Posso confermare che ai miei tempi, quello per geometri, fosse un istituto tecnico serio e formativo (se si aveva la fortuna di incontrare i professori giusti, quasi tutti anche liberi professionisti).
Puntualizzo che nel mio intervento precedente ho ipotizzato che, per gli architetti, ci sarebbe da rivedere il percorso formativo e quello di abilitazione ed inserimento nel lavoro (ora come ora si immettono nella professione potenziali armi di distruzione di massa senza esperienza, senza la benchè minima idea della complesistà del mondo reale, ma soprattutto delle responsabilità che implica il titolo).
In ultima istanza, a scanso di equivoci, aggiungo che ora come ora, il percorso di studi dei geometri sta vivendo un declino soprattutto in termini di "vocazione" e di numero di iscritti (quantomeno nella realtà che vivo ed a giudicare dai pareri nostalgici di chi esercita e/o insegna).
Nell'ottica di preservare una "specie" in via d'estinzione, tanto varrebbe farne una figura con limiti d'azione meglio delineati, ma, al contempo, con un ruolo ben specifico e specialistico. Pochi ma buoni, con una ragionevole certezza di risultare utili, per non dire necessari, una volta giunti nel mercato del lavoro (logica che andrebbe applicata analogamente alle altre professioni del settore).
Gli unici geometri che conosco personalmente per motivi lavorativi sono bravissimi (sono un lui e una lei) e lavorano per due distinte imprese edili. Vedo il contatto con loro come una bella occasione per me di miglioramento su aspetti pratici per tenuta della contabilità e sui materiali. Soprattutto con lei, che è un esempio di come si possa stare in edilizia nonostante l'ambiente totalmente maschile e non sempre favorevole. Detto ciò loro non hanno penso pretese di essere sovrapponibili all'architetto mentre io vorrei essere sovrapponibile a loro ma ahimè la vedo difficile, forse con un bel training in impresa.