l.am86 : [post n° 497815]

Il lavoro da "remoto" per un Architetto: non gradito dagli studi.

Ciao a tutti,
vedo continuamente annunci di lavoro per Architetti in cui viene specificato sempre (o quasi sempre) "NO LAVORO DA REMOTO". Penso che questo venga specificato perchè la maggior parte dei colleghi in cerca di lavoro si candidi per collaborazioni da remoto.

Ora: da Architetto libero professionista, questa cosa mi spinge ad una riflessione soprattutto sull'avversione degli studi relativamente al lavoro da Remoto.

Io comprendo bene che portare avanti uno studio di Architettura o qualsiasi altra forma di impresa nel settore immobiliare è cosa molto ardua, soprattutto oggi. Comprendo anche bene che è sicuramente più conveniente avere in studio un Architetto a (finta) partita iva ma con un trattamento da dipendente (senza però i diritti del contratto da dipendente).
Tuttavia non comprendo questa avversione degli studi e delle aziende ad una modalità di lavoro flessibile laddove le condizioni di lavoro lo consentano.

Forse sarebbe arrivato il momento che gli studi italiani (specie quelli con molti anni di esperienza alle spalle) si rendano conto che le modalità di approccio alla professione da parte dei giovani architetti (ma non solo) sono molto cambiate dopo la pandemia. Il giovane architetto (ma anche architetti senior liberi professionisti) è sempre meno predisposto ad accettare incarichi libero professionali fissi in uno studio con uno stipendio medio di 1500€ per lavorare 8-10 ore al giorno (qualche volta con turni extra e festivi inclusi). Ma soprattutto le nuove figure professionali dell'Architettura non sopportano più l'idea di essere tenuti in uno studio a partita iva con un rapporto di lavoro che però è esattamente quello del lavoro subordinato.

A questo punto mi chiedo (e vi chiedo):
1) Per quale motivo gli studi di Architettura che pubblicano annunci su questo sito (e altrove) si ostinano a non aprirsi a sperimentare modalità di collaborazione più evolute e più flessibili? Andando avanti saranno disponibili a lavorare solo giovani neolaureati che dopo 1 anno vanno via dallo studio perchè comprendono le condizioni impossibili a cui sottostare. Questo non rappresenta un problema notevole per lo studio? Mi chiedo..:

2) Oggi non ci sono più limitazioni tecnologiche che rendono il lavoro da remoto infattibile: ci sono tutte le tecnologie per assimilare una collaborazione da remoto a una collaborazione in presenza (tranne ovviamente incarichi specifici che richiedono la presenza in cantiere o nelle varie amministrazioni comunali o locali). Mi chiedo: non è forse la scarsa informatizzazione e la scarsa confidenza con gli strumenti del web di alcuni Architetti Senior la barriera più rilevante al lavoro da remoto anzichè la modalità di collaborazione a distanza in sè per sè?

Se volete ditemi la vostra per cercare di farmi capire questa ostinazione e avversione aprioristica alle collaborazioni da remoto da parte degli Studi e delle società di architettura e ingegneria.
fulser :
Io un'idea me la sono fatta.
Siamo un paese culturalmente arretrato ed ignorante, e vale ancora la "bella figura": si giudicano i libri dalla copertina, e ad un potenziale cliente uno studio brulicante di giovani davanti al pc fa più "figura" del titolare di uno studio che dice che ha 20 persone che seguono i suoi progetti da casa.
Perchè l'utente medio è ignorante e non è in grado di distinguere la verità dalla fuffa, quindi si fida dello studio brulicante, preferibilmente popolato da belle figliole (lo dico da donna che sa quanto questa cosa può essere svilente).
Quando vedo la percentuale di laureati ma anche semplicemente di diplomati del nostro paese, rispetto alle medie europee, mi si accapona la pelle. Mi pare incredibile che questa cosa non sia considerata un'emergenza, una delle priorità di QUALUNQUE governo.
Eccerto, chi si preoccupa, abbiamo il sole ed il mare..... potremmo vivere anche solo di turismo.... vuoi mettere il nostro clima.... vuoi mettere come si mangia da noi.... a cosa serve studiare se tanto poi i laureati non TROVANO lavoro.....
Al prossimo che mi dice cose del genere gli sputo in un occhio.
sclerata :
concordo con fulser e aggiugno... buona parte di questi titolari di studio sono dinosauri che il pc non lo sanno usare, per cui devono stare lì dietro le spalle dal giovane malcapitato "nato digitale" a infondere la loro scienza ..

Io sono sono giovane e lavoro praticamente solo da remoto. Ma con imprese, con architetti no. Ho constatato da tempo che è impossibile.
Potrei lavorare ovunque infatti di solito in estate mi sposto un mese in baita, evito il caldo, mia figlia gioca tutto il giorno in giro tranquilla, io ho uso la connessione dello smartphone con router e lavoro benissimo.
Archilo :
Prova a tagliare il problema alla radice (tanto non c'è nulla da fare se non mettersi l'anima in pace): smettere di andare a lavorare presso gli studi degli altri. O almeno proporsi come professionista esterno autonomo oppure se si vuole restare sotto padrone provare a cercare da dipendente presso aziende che assumono architetti.
fulser :
sclerata guarda, io vado anche oltre.
La differenza non la fa chi sa usare il pc e chi no. Ma chi SA FARE IL LAVORO e chi no.
Perchè parliamoci chiaro, probabilmente tra poco chi ha bisogno di un buon render lo chiederà ad AI. In giro già si vedono i "progettini" fatti con AI.
Quindi della capacità di usare il pc come mero esecutore me ne faccio un baffo, e sono sicura che anche tu sei d'accordo su questo.
La differenza la farà chi sa distinguere tra chi mostra solo una bella apparenza e chi invece saprà anche fare il lavoro in termini ESECUTIVI. E mi dispiace dirlo, molti che sanno usare il pc e sono dei draghi con autocad il lavoro esecutivo NON lo sanno fare. Prova ne è che le figure più ambite sono le persone competenti in problem solving, in qualunque ambito.
Quindi si, è vero, ci sono i dinosauri ma ci sono anche tanti che ancora non hanno capito. E mi spiace dirlo, questa cosa del "saper usare il pc" serve spesso a molti come ALIBI perchè non sanno fare altro (o non provano a fare altro). Altrimenti non mi spiego come ci siano molti, anche qui in questo portale, che ancora scrivono delle decennali esperienze come "finto dipendente" e ancora non hanno capito quale è il vero problema: o si sa fare il lavoro o no, e se lo sai fare non resti in uno studio come finto dipendente per 10 anni.
E adesso scatenate pure l'inferno.
sclerata :
certo che sono d'accordo con te fulser.
Guarda io ho un amico che è geometra che è passato dal lavorare in studio di un architetto (un disegnatore in sostanza) a dipendente pubblico dove valuta computi, offerte ecc di ditte che fanno lavori per questo "ente", tutta roba di ufficio... E' un drago col pc, fa dei render fantasmagorici (per suo piacere personale, o meglio,ossessione) ma ti assicuro che a livello pratico non capisce una mazza. Anche a livello umano si perde in un bicchiere d'acqua, ancora un po' usa il navigatore anche per andare al cesso. E ha quasi 50 anni eh.

Io sono d'accordo con quello che dici, se sai fare il lavoro non stai 10 anni a fare il disegnatore di progetti per altri, perchè, per come la penso io, se sei così allora un posto vale l'altro. Se è solo lo stipendio che ti serve (serve a tutti ovviamente, nessuno di noi lavora per sport) cerca un posto impegatizio qualunque.
fulser :
.... lieta della tua reazione, sclerata.
E a questo punto ritorniamo alla fuffa: interessa FARE il lavoro (con onori e oneri che questo comporta) o APPARIRE architetto perchè così i genitori e l'entourage sociale sono contenti? E torniamo anche a quello che dicevo prima: non accorgersi dei danni che la mancanza di un minimo di cultura costa alla crescita sociale della popolazione in generale (popolazione che non è in grado di leggere un testo scritto o distinguere la realtà dalla fuffa), è una cosa che non riesco a giustificare.
Io francamente sono stufa di andare all'estero e sentirmi nel terzo mondo quando torno.
Archifish :
Sarò tradizionalista, ma se avessi bisogno di un vero collaboratore, ovvero qualcuno con cui condividere il flusso di lavoro e l'evolversi del medesimo, sarei restio a concedergli di lavorare in remoto.
Se il rapporto è di vera collaborazione (ma volendo anche di formazione), lo scambio di idee, il confronto, gli imput, i compiti assegnati devono poter essere continui, estemporanei e svincolati da mezzi di comunicazione remota.
Detto volgarmente, se lavori per me e ho necessità di dirti qualcosa, di discutere una modifica progettuale, di un parere, di portarti con me in cantiere all'improvviso, di mandarti da un cliente al posto mio, vorrei essere libero dal dipendere da un telefono, da un chat di messaggistica o da una videoconferenza, magari dovendo aspettare che rientri dalla corsetta al parco perchè quel giorno hai deciso di lavorare di notte e prenderti tempo libero di giorno.
Può sembrare un discorso schiavista ma non lo è. Il mio punto di vista è dettato dalla visione utopistica di uno studio in cui i collaboratori siano realmente tali, regolarmente assunti e possibilmente una risorsa a cui insegnare (investendo sul futuro) e perchè no, da cui imparare qualcosa.
A mio avviso, ritenere obsoleto il sistema del lavoro in presenza nel nostro campo, significa non aver compreso la molteplicità di sfumature della professione e/o non avere idea di quante e quali cose può capitare di dover affrontare nell'arco di una giornata. Significa essersi arresi all'impossibilità di ambire ad una vera collaborazione, ad un assunzione o ad un crescita professionale. Sembra quasi di essere di fronte alla consapevolezza di non volere o potere aspirare a nulla in più del ruolo di disegnatore, renderista e di conseguenza non riuscire capacitarsi della necessità di dover stare in ufficio. Per carità, visione comprensibile, ma in tal caso, non ci si dovrebbe domandare perchè chi cerca personale ponga la condizione della presenza, ci si dovrebbe semplicemente vendere come "collaboratore esterno" come "freelance" e scartare tutti gli altri annunci (ovviamente consapevoli che vitto, alloggio, strumentazione, software ecc, sono a carico proprio e non dello pseudo datore di lavoro).
Ad oggi bisognerebbe rendersi conto che se non si concepisce il lavoro in presenza in studio, in cantiere, in giro per negozi coi clienti, per uffici pubblici a litigare coi funzionari, a fare rilievi in mezzo a ruderi, fango e cadaveri di piccione, semplicemente non si vuole fare l'architetto e non si vuole nemmeno fare il dipendente.
Tutto ciò premesso, sono purtroppo pienamente consapevole che il punto di vista reale di chi cerca collaboratori è ben diverso dal mio ed in realtà, la maggioranza, è in caccia di manovalanza tuttofare da sfruttare e sottopagare, ragione per cui, chiedono la presenza senza dare nulla o quasi in cambio.

PS
se per qualche ragione dovessero comparire due miei interventi molto simili, è dovuto al fatto che il primo è finito sotto l'occhio della "censura" automatica del forum.
sclerata :
archifish comprendo anche il tuo punto di vista che è, banalmente, frutto di una persona seria.
Ti dico quello che vedo e ho visto sulla mia pelle : collaborazione VERA tra i miei colleghi (quelli che mi sono capitati) non ne ho vista.
Il vecchio con cui sono in studio mi usa perchè lui non può più firmare nulla. Ma sta arroccato sulla sua torre di cristallo, e mi lascia 4 briciole. Pensavo se non altro (ingenuamente) di poter avere accesso ad un parco clienti più vasto, ma alla fine anche i suoi clienti sono 4 matusalemme prossimi alla tomba.
Appena avrò sistemato un paio di cose lo lascerò alla sua pensione d'oro di architetto d'altri tempi.
Altri colleghi vogliono la manovalanza che fa il lavoro sporco mentre loro sono in giro a darsi arie...
Le agenzie immobiliari stendiamo un velo pietoso.

Io mi propongo come collaboratore esterno e freelance, ma risultati ottenuti zero.
andrea.m :
A mio modesto avviso ogni intervento coglie uno dei molteplici aspetti della situazione.
Per mia quindicinale esperienza non esiste nessun "datore di lavoro" che interpreti la collaborazione in maniera differente a quella esposta, ovvero non si configura praticamente mai una collaborazione professionale di tipo orizzontale, che potrebbe benissimo esserci malgrado il rapporto di dipendenza economica, quanto invece una verticale in cui il datore, che sappia o meno, dirige e il collaboratore esegue. Si configura spesso una condizione per cui il collaboratore è equiparato ad un Device, pertanto deve trovarsi in studio, meglio se facendo poche storie sugli orari.
Per quanto riguarda la provocazione di fulser, credo che come in ogni cosa non si possa mai generalizzare; conosco molti architetti collaboratori che mandano letteralmente avanti gli studi, con conoscenze che i titolari si sognano, ma che per varie ragioni non riescono ad avviare un'attività in proprio che gli permetta di sopravvivere!
l.am86 :
archifish sono in parte d'accordo con te. E' vero che un titolare di uno studio preferisce sempre avere tutti i suoi collaboratori in presenza perchè questo facilita la collaborazione nei suoi aspetti più tecnici e pratici. Il problema però è a monte e riguarda le motivazioni professionali e le aspirazioni/ambizioni che ti hanno condotto a conseguire una laurea in Architettura. Faccio un esempio: una persona che si laurea in scienze infermieristiche (infermiera/e) parte già con l'idea di fare il dipendente (non esistono molti infermieri libero professionisti). Una persona che però si laurea in Architettura penso (ma magari sbaglio) che sia in un certo senso portata anche e soprattutto per la libera professione o comunque per lavorare in un gruppo di persone (studi associati) in cui ognuno ha lo stesso "valore professionale" dell'altro e che non ci sia necessariamente un rapporto di subordinazione.

Quando tu dici ho bisogno di "portarti con me in cantiere" o "mandarti da un cliente al posto mio" mi sembra un modo di vedere la professione un pò arcaico in cui il dipendente sembra essere sempre "al comando" del titolare e che quindi, ad esempio: non possa gestire un cliente se non è il titolare a mandare il dipendente dal cliente oppure un dipendente che ha bisogno dell'accompagnatore per andare in cantiere. Ovviamente parlo di un dipendente Architetto preparato e con esperienza. Tutto questo lo trovo un pò superato.

Ovviamente c'è chi preferisce essere libero da messagistica e videoconferenze per una questione di attitudine a questo tipo di strumenti e lo comprendo. Tuttavia mi sembrano molto diverse le motivazioni che portano un titolare a non voler concedere il lavoro da remoto.
Penso che non venga concesso il lavoro da remoto perchè è più interessante (e conveniente) avere il finto dipendente subordinato (ma ovviamente con p.iva) per 8-10 ore in studio come se fosse assunto a tempo indeterminato per poterlo poi declinare durante il giorno in qualsiasi tipo di operatività possibile e immaginabile (dalla SCIA al render, dalla visita in cantiere estemporanea all'ascolto delle lamentele del cliente ecc...). Questo secondo me va bene all'inizio (per i primi 2 - 3 - 4 anni post laurea) poi un architetto appassionato della sua professione inizia ad essere insofferente, demotivato e demoralizzato. Inizia cioè a stancarsi seriamente di queste condizioni di subordinazione travestite da libera professione e quindi cerca di sganciarsi in tutti i modi (basta leggere i post di questo forum), di lavorare autonomamente e cercare quindi collaborazioni libero professionali vere che spesso passano necessariamente anche per il lavoro da remoto. Questo perchè non è facile raccattare incarichi solo nella zona di residenza che magari è già satura di colleghi libero professionisti che già lavorano da anni. Allora si pensa alle collaborazoini da remoto.

Ovviamente io sto generalizzando, capisco che ci siano dei colleghi che sono invece portati per il lavoro da dipendente e che pagherebbero oro per fare le classiche 8 ore in studio senza problemi di natura fiscale, senza preoccupazioni di commesse da far entrare e staccare alle 8:05 in punto.

Lo svilimento della professione di Renderista e Disegnatore è qualcosa su cui non sono assolutamente d'accordo. Il renderista è un lavoro tecnico che richiede competenze di progettazione e di analisi architettoncia e un alto senso dell'estetica. Ci sono Architetti (tipo me) che amano le attività 3D quasi più della progettazione stessa soprattutto in un periodo (che dura da almeno 15 anni) in cui le possibilità di farsi strada davvero come progettista si contano sulle dita di mezza mano.
Allora il rendering diventa anch'esso una espressione artistica e tecnica dell'Architetto, della capacità di trasformare un progetto in immagine in grado di emozionare: non mi sembra poco. Ci sono studi di rendering (i cui dipendenti sono quasi tutti in remoto, specie in altri paesi europei) che creano immagini bellissime e hanno numerosissimi incarichi importanti (sono pochi, ma ci sono). Questo per dire che se uno decide di fare il renderista perchè quella cosa lo appassiona rimane pur sempre un Architetto che genera "visioni" dell'architettura e quindi penso debba godere dello stesso rispetto del progettista. (anche perchè alla fine della fiera se il progettista vuole prendere un lavoro al committente deve mostrare dei bei renders e non una bella fotocopia del permesso di costruire, cosa fondamentale ma che semmai arriva dopo). E i renders si possono fare benissimo da remoto, ma neanche questo concedono i titolari degli studi perchè anche il renderista, se necessario, deve essere al servizio di tutto.
l.am86 :
andrea.m quando hai descritto la posizione del collaboratore come un "device" ho avuto un brivido ma è la pura verità e mi trovi d'accordo. L'architetto titolare (o almeno alcuni titolari) vedono spesso i collaboratori come device da accendere e spegnere qunando opportuno. Questo da remoto è più difficile.
La verità è che in Italia è improbabile che qualcuno paghi 1500€ - 1800€ una persona per lavorare a distanza, sembrerà sempre che siano soldi buttati anche se i risultati prodotti fossero strabilianti ed eccezionali. C'è un retaggio culturale atroce per cui se vuoi 1800€ al mese o vai tutti i giorni in studio oppure assumono il neo-laureato che ci va senza fare troppe storie. Se prometti di portare gli stessi risultati lavorando a distanza non vieni minimamente creduto.

Lo scorso anno ho conosciuto un Architetto che lavora moltissimo con progetti di ristorazione. Prima del covid aveva uno studio con 6 dipendenti, tutti architetti. Dopo il covid il suo studio ha subito una flessione che ha richiesto di dimezzare le risorse umane. Lo scorso anno il suo bacino di lavori era di nuovo aumentato ma lui non tornerebbe più ad avere dipendenti in studio in quanto ha capito che la collaborazione da remoto gli porta gli stessi risultati con una maggiore "affezione" da parte dei due collaboratori che attualmente ha dei quali: uno sta conseguendo una magistrale in progettazione architettonica e l'altra gestisce sia il lavoro al computer che il cantiere che due figli (piccoli).
Entrambi i collaboratori si recano 1 - 2 volte in studio a settimana per riunioni in presenza: il resto da casa (con delle regole, ovvio, ma da casa).

Questa disponibilità, questa efficienza permette ai collaboratori di affezionarsi sempre di più al loro contesto lavorativo e quindi anche al datore di lavoro. Quando i "senior" inizieranno a capirlo sarà oggettivamente troppo tardi.
Arch. Esaurimento :
- Mancanza di controllo, verificare un lavoro svolto a distanza da parte di un collaboratore richiede più attenzione e competenza da parte del titolare, che in questo modo non può essere guidato passo passo a capire cosa è stato fatto;
- Incompetenza informatica su larga scala. Vero che ci sono tutti i mezzi per gestire con efficienza il lavoro a distanza, ma questo richiede un minimo di tempo e risorse dedicate;
- Vale a dire soldi. Se non sei in grado di attrezzarti devi trovare qualcuno che lo fa al posto tuo, quindi spendere soldi;
- Se hai lavorato 20-30 anni senza ricorrere alla modalità a distanza per quale motivo dovresti cominciare ora?
- Se non hai nessuno in studio, come fai a scaricare qualsiasi incombenza sui collaboratori? Fai una call alle 18?
- Se non hai nessuno in studio, come fai a fare la call alle 18 col microfono che non funziona?

Tutti i soggetti che si sono potuti permettere di lavorare con queste modalità, se iniziassero in questo preciso momento, farebbero sicuramente un altro mestiere: miracolati.

Il renderista che riesce a confezionare un immagine di forte impatto visivo, in molti casi e suo malgrado, compensa addirittura la lunga serie di lacune, incongruenze, mancanza di approfondimento, ecc. ecc. che derivano da progetti scarsi. Estremamente SCARSI.

Tutta una serie di fasi del lavoro, lunghe e macchinose, proprio come gli esecutivi e i rendering, si sviluppano molto meglio in remoto.

Non è affatto automatico che lavorando in presenza in uno studio, questo comporti confronto professionale, verifiche maggiori, approfondimento, presenza di tutti i soggetti.
Archifish :
@I.am86

"Quando tu dici ho bisogno di "portarti con me in cantiere" o "mandarti da un cliente al posto mio" mi sembra un modo di vedere la professione un pò arcaico in cui il dipendente sembra essere sempre "al comando" del titolare"
Perdonami, mi sono espresso male o sono stato frinteso. Intendevo dire: "voglio portarti con me", per insegnarti qualcosa, per farti vivere un'esperienza nuova e farti accumulare esperienze o se non hai nulla da imparare, semplicemente perchè sei un mio collaboratore che magari ha curato il progetto ed è giusto che tu sia partecipe dell'evolversi delle opere (due teste sono meglio di una e quattro occhi sono meglio di due). Analogamente "mandarti da un cliente al posto mio" lo intendo come una dimostrazione di fiducia, un saper delegare (che troppo spesso manca).

Aggiungo che non era mia intenzione svilire la professione di renderista o disegnatore o BIM manager/specialist o non so cos'altro. Li ritengo semplicemente impieghi molto specifici, che richiedono alte competenze settoriali, ma hanno poco a che spartire con la vastità e multidisciplinarità della professione dell'architetto libero professionista, amaggior ragione se costoro lavorano sul progetto concepito da qualcun altro (se invece il progetto è il loro, allora entriamo nel campo di un architetto con "una marcia in più" sotto il profilo della rappresentazione digitale dell'opera). Per le specilizzazioni suddette, se si parla di meri esecutori, per quanto possa tornar comodo averli a disposizone in ufficio, sono il primo a rendersi conto che non sia poi così impercorribile la strada del lavoro in remoto e/o di esternalizzare gli incarichi.
Arch. Esaurimento :
“Renderista”: appellativo usato nel linguaggio comune degli anziani, per indicare l’unica persona presente in studio in grado di occuparsi di aspetti legati alla visualizzazione del progetto, fra cui accendere il computer. Questa persona non si occuperà soltanto di questi aspetti, tuttavia l’uso del sostantivo implica una disistima sottintesa, tentativo manifesto di sminuire il soggetto per le sue abilità, e galleggiare tranquillamente sul mare della propria inadeguatezza.

Seriamente.. escludendo gli studi strutturati (minoranza assoluta), ci sono persone che fanno solo quello?

Si fa per ridere..
ponteggiroma :
ammazza quanto scrivete oh! Cerco di essere un pochino più breve, anche se mi rendo conto che il discorso è complesso.
A mio avviso ci sono 2 motivazioni principali per cui i titolari di studi sono restii a concedere il lavoro a distanza:
- primo fra tutti è che nella maggior parte dei casi preferiscono prendere giovani neolaureati alle prime esperienze perché così gli danno poco e quindi, ovviamente, devi avere questi ragazzi a stretto contatto altrimenti da soli non sarebbero in grado di fare niente, data la scarsa esperienza;
- secondo: si tratta di ansiani che non sono in grado di mandare un'email o di mettere una firma digitale e quindi hanno bisogno costantemente di un "badante" digitale a portata di mano
Insomma per farla breve, se vuoi avere gente che lavora per te a distanza devi essere in grado di standardizzare i processi e in entrambi i casi sopradescritti, non riesci a garantirlo
ivodivo :
Secondo me state approcciando la questione dal versante opposto e sbagliato, cioè mettendovi nei panni del titolare e non del collaboratore.

Io sono vecchio (abbastanza), padroneggio senza problemi la tecnologia indispensabile per svolgere la nostra professione (email, software, firme digitali, scanner, droni, termocamere, portali....), ma cerco collaboratori che siano presenti fisicamente perchè è l'unico modo per crescere, migliorare, imparare.

Non sbaglia il titolare che rifiuta il lavoro in remoto, sbaglia il collaboratore che lo richiede. Dimostra di non aver compreso quale sia la natura della nostra professione che è quella di, oltre a fare voli pindarici sulla progettazione di musei, teatri, ospedali, aeroporti (che se va bene ne fai uno nella vita), toccare i materiali, andare in cantiere, parlare con i fornitori, annusare l'intonaco fresco...

I.am86 hai mai visto legare le armature dai carpentieri, hai mai visto posare i cubetti di porfido dai bergamaschi (aimè ormai anche loro sostituiti dai cinesi), un lattoniere che taglia le scossaline su un tetto. Per fare questa professione devi essere un pò umarell! Se non lo sei non è colpa di chi non vuole il lavoro in remoto, hai semplicemente sbagliato lavoro. Niente di male. E' un pò come se un dentista non volesse mettere le mani in bocca alle persone o un meccanico che odia l'odore della benzina.

E aggiungo: i collaboratori crescono in studio ma fanno crescere anche i titolari! Grazie al loro entusiasmo, al loro modo di pensare inevitabilmente diverso dal vecchio titolare, al loro estro, alle loro esperienze, sono indispensabili per evolversi ed avere una proiezione nel futuro della professione. Perlomeno questo è quello che capita a me, sono fortunato? Forse si...
sclerata :
iodivo... tu hai trovato un titolare che ti ha fatto fare tutto quello che dici? Da collaboratore?
Sei stato fortunato, o bravo da andare da chi te l'ha fatto fare.
Perchè per far sì che (nella media) ti facciano fare tutte queste esperienze, per far sì che le tua opinione/visione di "novellino" conti qualcosa devi essere come minimo figlio del titolare o nipote o parente.
Ma tanti "titolari" son talmente gelosi e hanno talmente la fottuta paura che chi arriva gli rubi i clienti che agiscono tutto al contrario.
Basta farsi un giro su sto sito.
Arch. Esaurimento :
@ivodivo mi trovi perfettamente d'accordo, gli aspetti che hai evidenziato sono fondamentali per la professione, ti aiutano a migliorare la qualità del tuo lavoro e risolvere in maniera più rapida delle problematiche.

Aggiungo che il confronto e il dialogo sono molto più semplici di persona che in remoto, con tutto quello che ne consegue. Essere a contatto con altri professionisti tutto il giorno ti permette di cogliere degli aspetti importanti anche dal punto di vista umano.

Sicuramente la fortuna bisogna aiutarla molto.. e se ti sei creato una condizione di questo tipo avrà comportato impegno, errori, fatica.

Anche per la mia esperienza stai parlando più dell'eccezione che della regola. Tutti i compiti che esulano dalla produzione di elaborati o gestione di incombenze di varia natura è molto difficile che vengano delegati.

Un conto è lavorare in presenza per delle reali motivazioni come quelle da te elencate. Se so che in una giornata ho sopralluoghi, incontri, valutazioni sui materiali, è impensabile fare tutto in remoto.

Se ho la prospettiva di lavorare al computer per settimane, l'altra modalità diventa l'eccezione. Se so che quello che devo fare è davanti a un computer, le motivazioni per cui lo devo fare in presenza sono altre e hanno poco a che vedere con la natura della professione.
ivodivo :
Sclerata il livello di sclerosi di molti che scrivono su questa bacheca in effetti fa pensare.... Mi spiace soprattutto perchè è un sito pubblico e in tanti (spero di no) potrebbero leggerci e non facciamo sicuramente una bella impressione.

Sclerata sì! Non sono il figlio di nessuno e mi sono fatto il culo (scusa il francesismo) scegliendo chi mi permetteva di fare tutto quello che ti ho detto. Ed è per questo che ora faccio lo stesso con chi viene a fare da noi quello che io ho fatto quando ero più giovane.

Scegliere è una libertà concessa a tutti che però evidentemente ha un costo che si traduce in sacrifici, in chilometri da percorrere ogni giorno per raggiungere il posto di lavoro, accettare inizialmente compensi sotto le tue aspettative, non avere orari, ma è una scelta che se mai fai mai otterrai quello cui aspiri.
l.am86 :
@ivodivo sull'aspetto formativo sono pienamente d'accordo conte: il valore aggiunto della presenza in studio o in cantiere è quella di imparare, il più possibile. Detto questo però arriverà anche un momento in cui un architetto possa sentirsi sufficientemente formato da meritare una maggiore libertà di azione e di non doversi sentire obbligato a presenziare in studio per fare cose che avrebbe potuto fare tranquillamente da casa (produzione elaborati, progettazione, render, ecc...ecc...).

Per "lavoro da remoto" io non intendo quello di un collaboratore che si chiude nel suo studio (o a casa), lavora da lì e non vuole vedere nessuno. Intendo il lavoro di un Architetto che ha già acquisito la sua esperienza (con 2 - 3 - 4 anni in presenza) e che intende lavorare più da libero professionista/consulente che da dipendente potendo gestire come ritiene opportuno gli incarichi e gli obiettivi professionali.

Se c'è bisogno di andare 1 - 2 giorni in studio o in cantiere ci si va tranquillamente (anzi, è una cosa molto motivante e positiva) ma se questo bisogno non c'è non dovrebbe esserci l'obbligo di prendere la macchina, magari guidare per 40km per arrivare in studio, inquinare e spendere soldi inutilmente per fare in studio cose che si sarebbero potute fare da remoto.
Idem se il collaboratore decidesse di presenziare 1 giorno a settimana in studio per relazionarsi con i colleghi: è una cosa positiva e motivante. E' semplicemente l'obbligo arcaico della presenza che non ha proprio più alcun senso.

L'idea che un collaboratore in studio debba essere "cronometrato" è un'idea che definire arcaica e paleolitica o medievale è davvero poco, è un'idea che non ha più motivo di esistere. Continuo a leggere su questo sito annunci di lavoro in cui viene indicato l'orario di lavoro (orario: 09:00-14:00 | 15:00 - 18:00) e ogni volta che lo leggo penso che chi scrive quegli annunci appartenga ad un'altra era e che, molto probabilmente, potrà trovare solo studenti neolaureati che lavoreranno per 1 o 2 anni e poi abbandoneranno lo studio. E' sempre stato così e sempre sarà così perchè, fortunatamente, i tempi sono cambiati, sono evoluti e i giovani architetti danno molto valore al loro tempo, alla loro professionalità e al loro lavoro.
ponteggiroma :
I'am stai tranquilla che chi ha esperienza (ma esperienza vera in settori specifici, non 3 o 4 anni da disegnatore generico) viene ricercato e non da un solo studio, ma da più studi e si può permettere tranquillamente di dettar legge su come e quando lavorare da remoto come libero professionista "vero", non finta partita iva. E' la legge di mercato pura e semplice: curva della domanda e curva dell'offerta...
l.am86 :
@ponteggiroma però noto che si continua a denigrare la figura del "disegnatore" e del "renderista" come se si trattasse di figure marginali, secondarie. Guarda che non è così: come ho già detto in un altro intervento qui sopra il renderista ha delle competenze che l'architetto senior spesso non ha.
Certo, non progetta, non inventa ma conosce il dettaglio costruttivo, conosce l'organizzazione degli spazi e ha una mente molto portata all'attività artistica e creativa che, fino a prova contraria, fa parte dell'Architettura e che dovrebbe distinguere un Architetto da altre figure tecniche ingegneristiche.

Fino a che continueremo ad usare il termine "disegnatore" e "renderista" con questa sufficienza i renderisti e i disegnatori verranno continuamente sfruttati dagli studi in quanto considerate sempre figure di serie B (ingiustamente e immeritatamente). Io sono un renderista bistrattato da 12 anni, lavoro con la tecnologia 3D e ho progettato pochissimo. Non mi sento arrivato certo, non mi sento un archistart ma non mi sento inferiore a nessuno in quanto a competenze acquisite.
Arch. Esaurimento :
@i.am86 chiarisco che il mio commento di prima era volutamente provocatorio.

Chi si occupa di visualizzazione ad un certo livello ha indubbiamente delle capacità e delle competenze che possono fare la differenza nel processo di progettazione e di comunicazione.

La provocazione era sul fatto che molto spesso chi svolge questi compiti (non solo questi, e probabilmente non allo stesso livello di chi fa solo quello), ne svolge anche tanti altri. E di fatto molto spesso all'interno di uno studio non c'è una figura specializzata e che si occupa solo ed esclusivamente di rendering, c'è qualcuno che deve fare anche quello.

In contesti più strutturati possono esserci queste figure anche interne allo studio, così come si può scegliere di organizzare il lavoro in maniera più efficiente rivolgendosi a professionisti esterni.

Mediamente è una competenza richiesta, necessaria, a cui non sempre corrisponde il giusto credito.

A chi sostiene che l'AI eliminerà la necessità di rivolgersi a qualcuno che curi la parte grafica, invito a provare. Se è così semplice ottenere il risultato che desiderate, buttatevi.
fulser :
scusate, faccio solo qualche piccolo appunto:
è ovvio che la condivisione di un cantiere, sapere come opera un lattoniere o un serramentista è enormemente formativo, e do per scontato che chi vuole fare seriamente questo mestiere sia molto interessato a condividere queste esperienze; in un mondo ideale così si dovrebbero svolgere le cose.
E' ovvio però anche che la realtà non è proprio così, e molti vengono relegati ad un lavoro impiegatizio o usati come apparenza, o come device (interessante questo parallelo) da chi non tanto NON SA approcciarsi alle nuove tecnologie ma da chi NON VUOLE o non ha interesse a farlo.
E' altrettanto vero però che la strada da intraprendere, da questi soggetti andrebbe scelta con una certa velocità ma soprattutto obiettività, e coerenza, e se per molti anni rimani seppellito in uno studio facendo sempre le stesse cose, senza ragionare in modo indipendente, mi farei qualche domanda sul mio percorso.
Insomma mi pare che si parli di condizioni ideali e chimeriche che francamente non vedo molto in giro.
Quanto al renderista (perdonatemi il termine sicuramente riduttivo) o all'aspetto puramente "grafico" del mestiere, certo che siamo tutti consapevoli che ci vuole capacità per farlo. Ed è proprio questo il punto: volete che vi faccia vedere i progetti in cui mi sono imbattuta negli ultimi mesi partecipando a 3 gare d'appalto (ne cito 3, ma ne avrei molte altre, in questo caso con progettisti del centro-nord Italia molto diversi tra loro come stile e background)? Con il render probabilmente fatto da qualcuno nello studio che NON aveva nemmeno colto i fondamentali del progetto (che sicuramente l'AI avrebbe fatto meglio)? Con le piante che non corrispondono al prospetto? Con le indicazioni sulle caratteristiche dei serramenti sbagliate? Con le uscite di sicurezza che si aprono verso l'interno dell'edificio?
E parlo solo come serramentista, non voglio nemmeno entrare nella parte strettamente edile.
Quindi: se qualcuno sa fare le cose, secondo me questi aspetti li supera.
Rimane il fatto che gli studi che si tengono gli schiavetti non avranno mai interesse a far lavorare da remoto. E se lo schiavetto non viene EDUCATO ad avere una mentalità indipendente e critica (da lì il mio discorso sulla scuola, ma vale anche per le famiglie), non si toglierà mai le catene di dosso.
ponteggiroma :
I.am premetto che non era assolutamente mia intenzione denigrare qualsiasi forma di specializzazione, soprattutto in virtù del fatto che io sono convinto che sia la nostra unica speranza di sopravvivenza, infatti, come puoi leggere dal mio post ho specificato "generico". Se, al contrario, sei competente, ma sempre in un settore specifico, come disegnatore/renderista tanto da sbarazzare la concorrenza, ritorno alle mie conclusioni. Ti devono venire loro a cercare perché nel tuo settore SEI IL MIGLIORE!
Arch. Esaurimento :
Riassumo le qualità dei collaboratori:

- bella presenza
- lentezza cognitiva
- sostituibili
- avversione per il XIII° emendamento
- Amore per l'informatica, tutta da Paint a Python

Qualità del Leader:
- Sa fare tutto, solo che non ha voglia di farlo
- Intuisce l'informatica, ma non la pratica

Siamo ufficialmente pronti perchè l'AI prenda il sopravvento su tutto, può solo migliorare le cose
Kia :
Questo del lavoro da remoto è proprio un bel tema di discussione. Io penso che possa funzionare bene solo a determinate condizioni e cioè che il "datore" sia di un certo tipo e il "prestatore d'opera" anche. Nel senso che se un collega "senior" (o anche "non senior") che magari mi conosce bene e sa come lavoro mi chiede di "alleggerirlo" di alcune pratiche comunali, lo posso fare tranquillamente da remoto e poi ci gestiamo tranquillamente per le verifiche anche per le compilazioni a portale. Magari ci si vede in ufficio una volta per illustrare il progetto e cosa fare. Ecco una cosa del genere funziona tranquillamente. Altre cose sinceramente non lo so perchè bisogna anche conoscersi de visu ed è pieno di colleghi lavativi. Per quanto riguarda la questione dei "collaboratori di studio non da remoto" ci sono molti livelli a mio avviso e dipende da come il titolare imposta il rapporto. Io ho una collaborazione quasi ventennale con uno studio ma non sto tutto il giorno e faccio anche lavori miei ma non sono neppure segregata in studio davanti al pc. Sono sempre andata parecchio in giro col titolare (non siamo parenti) e mi è servito molto per maturare lavorativamente parlando e farmi anche qualche contatto per imprese e artigiani. Per cui boh, il lavoro da remoto non lo avrei voluto neppure perchè non mi sarebbe stato utile per le cose che voglio fare io dove è importante anche farsi vedere un po' in giro e frequentare gli uffici comunali. Se parliamo di render e di altre cose poi alzo le mani perchè non è il mio campo.
Ily :
Archifish quello che vuoi tu ha un nome: LAVORATORE DIPENDENTE, che però ha dei costi maggiori di un collaboratore a partita Iva, e diritti come gravidanza, ferie pagate, permessi, legge 104, tredicesima ecc.
Se invece vuoi un collaboratore a partita Iva, che può essere lasciato a casa in qualunque momento, il collaboratore ha perfettamente ragione a organizzarsi il lavoro come meglio desidera, quindi anche a lavorare di notte e dormire di giorno se preferisce. Questo, ovviamente, non impedirà al collaboratore responsabile di concordare giorni e orari di "reperibilità" o presenza in studio (che ne so, tutti i martedì e venerdì, faccio per dire).
In altre parole, non puoi avere una persona con obblighi da dipendente e trattamento economico da freelance.

"A mio avviso, ritenere obsoleto il sistema del lavoro in presenza nel nostro campo, significa non aver compreso la molteplicità di sfumature della professione e/o non avere idea di quante e quali cose può capitare di dover affrontare nell'arco di una giornata".

Guarda, ti posso dire che a distanza si può fare quasi tutto: i sono riuscita anche a gestire con ottimi risultati - lavoro a regola d'arte e budget rispettato al centesimo - un cantiere a 200 km dalla mia residenza. Come ho fatto? Azienda di cui mi fido e che lavora a livelli di eccellenza, capocantiere veramente bravissimo, operai e restauratori esperti e motivati, RUP che mi supportava al 100%, aggiornamenti quasi quotidiani con il capocantiere, sopralluoghi in presenza (da mezza giornata l'uno, non 10 minuti) ogni 10 giorni circa. Nella mia carriera ho fatto sopralluoghi in posti pieni di piccioni morti; sono entrata nella trincea fangosa del mio ultimo cantiere; ho fatto piccoli rilievi con il drone...
Kia :
Ily tu hai portato l'esempio di un lavoro a distanza gestito da te in prima persona. Un tuo cantiere. E quello ci può anche stare. Penso che per "lavoro da remoto" si intendesse altro in questo post. Devo dire che io ad alcuni colleghi non affiderei proprio un bel nulla né in presenza né manco in remoto perchè vedo tanto pressappochismo e poca voglia di far bene... ahimè non mi fido a delegare! Per me sarebbe quello il vero scoglio dell'affidamento da remoto!! :-))) ma il problema fortunatamente non si pone perché non ho uno studio mio
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