Lebia : [post n° 200629]

Uso del titolo di "Architetto"...

Apro un post abbastanza importante e vorrei il parere di molti. Mi capita di vedere molti studenti della laurea specialistica girare con biglietti da visita con scritto il proprio nome e il titolo di "Architetto". Secondo voi è possibile ed è quindi giusto fare una del genere, oppure è illegale (in quanto non hanno ancora sostenuto l'esame di stato)?
Grazie mille per le risposte!
Neo_Ninpo :
Per esser architetto devi superare l'esame di stato, altrimenti sei un "semplice" dottore.
beppe :
la laurea soltanto ti da il titolo di dottore in architettura, l'esame di stato superato ti da il titolo di architetto.

ma detto tra noi io di Architetti ne conosco soltanto 3:

Brunelleschi, F.L. Wright e R. Piano.

buona week end a tutti
Fra :
senza avere superato l'esame di stato si è solo ed esclusivamente dottori in architettura; è millantato credito il contrario. qualcuno afferma che si sia architetti solo previa iscrizione all'albo, questione su cui non sono ferrata mentre per certo so che è un titolo cui si accede solo dopo l'esame e non solo con la laurea
Blunotte :
il titolo di architetto lo da solo il superamento dell'esame di stato.....di architetti che si spacciano come tali enche se magari sono semplici arredatori ce ne sono diversi ahimè....a che serve poi....
Va :
come mai questo dubbio burocratico? ha ragione beppe.
Scarpa non era neanche Architetto, ma non aveva neanche la laurea in Architettura, non solo l'iscrizione all'Albo!
Fra :
Va, beppe avrà ragione da un punto di vista "emotivo" e ironico, però in italia attualmente c'è una legislazione precisa che norma i titoli.
allora neanche galeno era medico a essere puntigliosi, e ci sono oggi tanti laureati in medicina con tanto di iscrizione all'ordine che non sono degni di essere chiamati medici!
Va :
Si esatto è proprio quello che volevo dire: non è il titolo che fa l'Architetto o il Medico
Lebia :
Sì, effettivamente avete ragione...un buon architetto non lo qualifica solo l'aver superato l'abilitazione. Ho posto questa questione perchè sono studentessa e lavorando, vengo spesso chiamata "Architetto". Il più delle volte rispondo che non è corretto chiamarmi così perchè non ho l'abilitazione, ma vedo molti studenti che girano con i biglietti da visita con il loro nome e la scritta "Architetto". E non mi sembra corretto spacciarsi per qualcosa che non si è perchè, come "dottori in architettura" non possiamo nè firmare nè prenderci nessun tipo di responsabilità.
Grazie a tutti per le vostre risposte!
Lebia :
Volevo capire se ero io che ero troppo modesta (e comunque corretta perchè a parte la laurea, non ho l'abilitazione) oppure i miei colleghi, che si vantano del titolo di "Architetto" perchè laureati!
poipoi :
non vorrei essere smentito, ma si commette un reato solo se si dovesse firmare un progetto.

Se dovessi fare la stupidaggine di spacciarmi per architetto quando non lo sono, creo un problema al cliente quando scopre che non posso firmargli un progetto. Quindi oltre che sciocco è anche controproducente.

Poi ci sono colleghi incoscienti che firmano per conto di altri, e magari per un tozzo di pane, ma questa è un'altra storia.
tia :
Se scrivi pubblicamente che sei architetto (biglietti da visita, targhe) e non sei iscritto all'albo commetti "abuso del titolo della professione di architetto" e puoi essere perseguito penalmente. Non conta nemmeno aver passato l'esame di stato, bisogna essere iscritti.
Fra :
a costo di risultare impopolare, se fossi certa di quello che affermno io farei un esposto: un chirurgo di mia conoscenza ha obbligato dei fisioterapisti che lavoravano per lui a rifarsi i biglietti da visita perchè anzichè presentarsi come "fisioterapisti" si presentavano come dottori, cosa che non erano in quanto la scuola per fisio non rilascia la laurea. se si fossero rifiutati li avrebbe denunciati per falso e abuso di titolo (giustamente!)
desnip :
per Lebia: beata te che ti chiamano già architetto! :-)
Io ho lavorato per 10 anni in uno studio e per la maggior parte dei clienti ero " 'a signurina"...

per il resto del discorso, ragazzi, io ho smesso di arrabbiarmi. Tra studenti, arredatori, geometri o nullotitolati che si spacciano per architetti, sono in troppi per potersi far rispettare. Per me la soluzione sarebbe solo che i committenti aprissero gli occhi e si accorgessoro della differenza tra un architetto e uno pseudotale.
desnip :
P.S.:
Stamattina sono andata a fare un accesso per una ctu e la signora aveva avvisato il portiere dello stabile che sarei arrivata, il quale mi ha annunciata come "il geometra"!
Sigh, anche questo mi mancava!
archITis :
a me dicono architetta!!!!! ....maledetto maschilsmo!!!!
beppe :
x archITis
non te la predere....qualcuno mischia sempre l'aspetto tecnico.....con quello anatomico, per fare lo spiritoso come nel caso tuo.
Fra :
archITIS: tu rispondi che semmai sei... archizinna :)
Ily :
Beh, tecnicamente ARCHITETTA è la corretta declinazione al femminile di architetto (esattamente come ingegnera, avvocata, notaia, ministra, scienziata, archeologa, filosofa ecc...) è solo l'assonanza con la parte anatomica e la mancanza di abitudine che ne limitano fortementel'uso. semmai il maschilismo è dire l'ingegner Maria, il ministro Luisa e il notaio giovanna, ma questo è un altro discorso.
0xa :
Un buon architetto in dieci errori
Decalogo dissuadente per architetti italiani in pectore

Errore Primo. Iscriversi alla facoltà di architettura

Come noto il mercato dell’architettura in Italia è il più saturo del mondo. A contendersi una produzione edilizia asfittica e senza possibilità di crescita (in Italia non si costruisce anche perché tutto è già costruito) c’è un esercito di oltre 120.000 architetti: il rapporto con la popolazione residente viaggia su valori doppi rispetto a quelli delle medie europee. A ciò si aggiunge il fatto che in Italia gli architetti progettano solo il 16% di quel poco che si costruisce. Il restante 84% spetta a società d’ingegneria (con dentro qualche altro architetto), ingegneri, periti edili e geometri, figura professionale, quest’ultima, operante solo in Italia e in grazia del Regio Decreto n. 274 del febbraio 1929.
Ciononostante, e con incomprensibile slancio, tu e qualche altro migliaio di matricole decidete di iscrivervi presso una delle proliferanti facoltà di Architettura italiane, topi sedotti da chissà quale pifferaio magico.

Errore Secondo. Perseverare fino al raggiungimento della laurea

Il primo errore non è grave. Vi potresti porre rimedio facilmente decidendo di cambiare aria in fretta. D’altra parte non ti dovrebbe occorrere più di un semestre per capire che la strada imboccata è potenzialmente pericolosa: basterebbe considerare il fatto che l’ambizione media degli studenti più adulti è quella di diventare assistente universitario, ovvero, un ex-neo-laureato che non esce dall’università per restare nell’unico luogo dove poter continuare a fingere di fare l’architetto. Per fortuna la mortalità studentesca nelle facoltà d’architettura è tra le più alte. Ma tu, ahimè, sei bravo, e, nonostante tutto, ci credi. Decidi di perseverare nell’errore e nulla contano le difficoltà incontrate lungo il tragitto a cominciare dalle spese folli necessarie per sostenere gli esami: hai bisogno di un potente computer per disegnare, un congruo numero di costose riviste d’architettura per restare aggiornato e numerose stampe a colori, che costano un occhio della testa, da sottoporre alle revisioni distratte di professori ed assistenti. Ma tutto ciò sembra non contare per te. Spendi soldi, vai due o tre anni fuori corso, ma alla fine, con tenacia, ti laurei.


Errore Terzo. Iscriversi all’albo sostenendo l’esame di stato

Con una laurea in architettura non puoi fare l’architetto. Non ancora, a meno di esercitare abusivamente la professione. Per fare l’architetto ti devi iscrivere all’Albo Professionale superando l’Esame di Stato. Sai che soltanto dopo avrai il timbro, il sigillo che dovrebbe garantire a te stesso, prima ancora che agli altri, d’essere un vero architetto. Non sai, e non saprai mai, a cosa serve l’ordine professionale, ma non ti importa. Senza comprendere la gravità dell’errore che stai commettendo, affronti a testa bassa quell’insensato strumento di controllo delle nascite che è l’Esame di Stato (fai un progetto in otto ore con riga, squadra e compasso!) e paghi la prima quota all’agognato club degli architetti col timbro. E’ così che si entra nel tunnel e si accede ad un mondo pieno di insidie dove errare è ancora più facile e necessario.

Errore Quarto. Fare tirocinio presso uno Studio Tecnico

Ora sei un architetto col timbro, ma sai che ciò non basta per lavorare. La concorrenza è spietata e tu devi dimostrare d’essere bravo. Ma, ahimè, pur di dimostrarlo sei disposto a fare follie, a cominciare dalla scelta del primo lavoro: “da qualche parte si deve pure iniziare”, pensi. E così vai a bottega presso lo Studio Tecnico di tuo zio che è disposto a farti fare esperienza: lavori come un matto facendo rilievi tra i rovi, nottate al CAD, code al catasto, fotocopie e rilegature di fascicoli. Guadagni con moderazione. Nel giro di un paio d’anni ti accorgi di tre cose: fai un lavoro molto diverso da quello che avevi immaginato all’università, l’agognato timbro non ti serve e tuo zio ti sfrutta, sottopagandoti.

Errore Quinto. Decidere di mettersi in proprio

Ormai hai trent’anni e decidi di non poter fare più il garzone di bottega. Inoltre ci sono novelli architetti che a frotte spingono per venire a lavorare da tuo zio, sottopagati peggio di te. Fai spazio al nuovo che avanza, rinunci al tuo misero stipendio e provi a metterti in proprio: non lo sai ancora, ma hai appena deciso di non guadagnare nulla per i successivi tre anni. Nel frattempo progetti il bagno per tua cugina (figlia dell’altro zio), il salone per tua cugina e il corridoio di tua cugina. Apri una partita IVA ed affronti l’umiliante prova degli studi di settore: ora è ufficiale, non guadagni un cacchio. A questo punto, dopo ben cinque errori, c’è chi finalmente dice basta e rinuncia a diventare un bravo architetto giocandosi, in extremis, la carta del posto pubblico. Onore al merito a chi ci riesce. Ma per te che ancora ci credi i problemi sono appena cominciati.

Errore Sesto. Affrontare la prima pratica edilizia

Sai che per poterti esprimere come un vero architetto hai bisogno di confezionare una pratica edilizia attorno ai tuoi progetti di gloria. Sbagliando, in maniera clamorosa, decidi di affrontare la tua prima pratica e scopri, non senza iniziale sconcerto, che la normativa studiata all’università è completamente sorpassata, inutile. Hai necessità di aggiornarti e così comincia la tua avventura nella foresta incantata della normativa edilizia italiana: gigantesche leggi con ramificazioni che oscurano la vista, cammini procedurali che scompaiono dietro al tuo incedere incerto, sabbie mobili d’ufficio e poi sciami molesti di dichiarazioni, firme, timbri e marche da bollo. Ormai sei dentro e non puoi uscirne. Se ti fermi sei perduto. Navighi a vista e hai bisogno di aggiornarti continuamente. Smetti di acquistare riviste d’architettura e passi a manuali tecnici dal titolo:”Schema di contratto e Capitolato Speciale di appalto per i lavori edili e impiantistici”. Ti accorgi solo ora che i tuoi progetti non sono altro che l’ultima ed inutile cosa da fare per costruire un edificio in Italia.

Errore Settimo. Fare la direzione dei lavori

Finalmente ci sei. Hai un Permesso a Costruire. Pronti via si va in cantiere. E sbagli ancora una volta. Ti presenti con caschetto, scarpe antinfortunistica, disto laser, cartellina, penne, matite e tesserino di riconoscimento, ma lasci tutto in macchina perché intuisci, appena in tempo, che ti avrebbero inutilmente complicato la vita: è la prima volta che metti piede in cantiere e temi che presentarsi con cappa e spada non passa aiutarti a dirigere i lavori con la dovuta autorità. Fai finta di sapere cosa stai facendo, ma si vede chiaramente che non lo sai e vieni preso per i fondelli da muratori, elettricisti, idraulici ed imbianchini che ne sanno molto più di te. La tua presunta professionalità si ridimensiona anche nel nome: diventi un architè. Ma ormai ci sei, devi ammettere la tua ignoranza conservando un minimo di dignità, essere sicuro di te anche nell’errore. Capisci che la direzione lavori si impara inghiottendo umiliazioni e pensi con rancore all’inutilità dei corsi universitari.

Errore Ottavo. Fare corsi di specializzazione

Sai di non sapere e cerchi un rimedio. Ti iscrivi a corsi di specializzazione su sicurezza, certificazione acustica e certificazione energetica degli edifici. Errore tragico. Dopo aver speso tempo e soldi per frequentare i corsi, cominci a lavorare in funzione delle tue nuove specializzazioni. Finalmente guadagni qualcosa, ma non progetti più. Cerchi di smettere e non ci riesci. Ora ti chiamano e ti cercano, ma solo per produrre carta, certificati e dichiarazioni. Presto rimpiangi il tempo in cui provavi a fare l’architetto a gratis. Anzi, pur di tornare a fare l’architetto sei disposto a pagare, e allora ti iscrivi ad un Master Universitario e ti concedi una breve, ma costosa, vacanza dalla realtà professionale.

Errore Nono. Fondare uno studio associato

Da solo non puoi farcela. Raccatti i tuoi compagni d’università e insieme decidete di fare squadra: “l’unione fa la forza”, pensate, e sbagliate. Scegliete con cura un nome per il vostro nuovo Studio Tecnico, un nome a metà tra quello di un gruppo rock e quello di un partito politico. Poi vi procurate licenze software open-source, un sito internet, biglietti da visita, una partita IVA ed ecco pronto l’ennesimo mini Studio Tecnico d’Italia pronto a fare qualsiasi cosa, dall’accatastamento all’aeroporto. Ora passi la metà del tempo a discutere su cosa fare con i tuoi nuovi compagni d’avventura e l’altra metà a fare le stesse cose che facevi prima da solo. Nella nuova famiglia gli zii e le cugine si moltiplicano, ma tu guadagni come prima.

Errore Decimo. Farsi pagare la parcella

Dopo anni di lavoro gratis, pagato con rimborsi spese ed acconticini, ti trovi, per la prima volta, a compilare una parcella vera. Ultimo ed inevitabile errore. Osservi con bramosia il totale che cresce, sommatoria di minimi tariffari una volta, forse, garantiti per legge e protetti dall’ordine. “Ora sì che si guadagna”, pensi, “la metà basta!”. L’illusione dura poco. Presto capisci che quella parcella non te la pagherà mai nessuno (è fuori mercato) e che la metà è troppo pure per tua cugina. Ridimensioni ampiamente le tue speranze ed emetti fattura, ti pagano dopo un anno a lavori ultimati. Nel frattempo anticipi l’IVA e continui inesorabilmente a pagare la rata di iscrizione all’ordine.


A questo punto, oh giovane architetto in pectore, avrai fatto dieci errori e avrai circa quarant’anni. Ma, se ci crederai ancora, allora, forse, sarai diventato un buon architetto. Per esserne certo non ti serviranno ulteriori dichiarazioni o autocertificazioni: ti sarà sufficiente guardare in uno specchio e se scorgerai sopra al tuo capo una flebile aureola con su impresso un numero, quello di iscrizione all’ordine, allora avrai conquistato sul campo l’unico timbro necessario per essere un buon architetto in Italia.
Avvisami quando qualcuno risponde
Non mandarmi più avvisi

Se vuoi essere avvisato quando qualcuno interviene in questa discussione, indica un nome e il tuo indirizzo e-mail.