momix.t : [post n° 454291]

verifica conformità: errore su ultima pratica

Ho bisogno di un vostro parere. Dopo un accesso agli atti per verificare la conformità urbanistica di un immobile ho recuperato l'unica pratica, una SCIA in sanatoria, sulla quale però c'è un'importante difformità: il salone principale è segnato come deposito. A detta dei proprietari quello è sempre stato la sala principale della casa, con tanto di camino e finiture d'epoca.
I proprietari devono procedere a una riqualificazione energetica dell'edificio e relative detrazioni 110.
Come comportarsi di fronte a questa situazione?
archspf :
La detrazione 110 non è pregiudicata dall'esistenza di irregolarità.

Tuttavia potendo questa costituire tanto una difformità (sanabile) tanto un abuso (insanabile), è opportuno procedere ad ulteriori verifiche che non possono fermarsi all'ultimo titolo ma, come da buona prassi e di recente indicazione operativa della giurisprudenza consolidata (art. 9-bis DPR 380/2001), estendere l'indagine a tutte le autorizzazioni che hanno riguardato il fabbricato: è del tutto evidente che in mancanza di un dato certo quale prova del mero errore nell'ultimo titolo non vi sia altra strada che il ripristino dello stato "originariamente" assentito ovvero la sanatoria ove possibile.

Per inciso la parola del committente senza elementi concreti ed oggettivi non ha alcun valore probatorio.
Adam Richman :
Imho servirebbe una nuova sanatoria, con cambio d'uso e pagamento degli oneri (se verificata la doppia conformità). Carta canta... Per non lasciare nulla di intentato vedi comunque se tra le pieghe del PRG c'è qualche passaggio che può aiutarti e/o se nell'ambito della sanatoria "errata" vi sia comunque stata la corresponsione di oneri per il deposito incriminato.
momix.t :
Grazie @archspf, cosa intendi con "tutte le autorizzazioni che hanno riguardato il fabbricato"? Quali sono i documenti che possono essere presi in considerazione?
momix.t :
Grazie @Adam Richman
Nel caso di cambio d'uso e pagamento d'oneri sarebbe possibile procedere senza opere, visto che il locale ha già le caratteristiche e requisiti? In questo caso successivamente si procede con la pratica di riqualificazione energetica su tutti i locali.
archspf :
@momix.t intendo tutte le licenze, concessioni, permessi, autorizzazioni, comunicazioni, segnalazioni, condoni, sanatorie...
L'ultimo titolo non costituisce la legittimità (in toto) dell'immobile.
momix.t :
Ah certo, ma purtroppo è l'unica pratica esistente.
archspf :
Se è una SCIA (peraltro in sanatoria) è francamente improbabile che sia l'unica pratica che riguarda l'immobile, dal momento che la stessa deve "agganciarsi" al precedente titolo di legittimità.
Se l'immobile è d'epoca è probabile che ci sia un planimetria catastale di impianto (e sottolineo di impianto) che determina la legittimità "originaria" in assenza di ulteriori autorizzazioni, progetti e soprattutto norme di pianificazione territoriali preesistenti.
momix.t :
La SCIA in sanatoria si rifà a una planimetria catastale del 93. In comune non hanno altro oltre a questa pratica. Nel frattempo la planimetria catastale del 93 è stata aggiornata dopo la sanatoria.
Adam Richman :
Se ci sono i presupposti urbanistici, igienico-sanitari, ecc., per sanare l'abuso e qualificare il locale come abitabile fai una pratica espressamente dedicata all'accertamento di conformità, naturalmente senza opere, pagando il dovuto in termini di oneri concessori e sanzioni. Una volta conclusa la sanatoria procedi con una apposita pratica per i nuovi interventi. (Questo al netto delle condizioni specifiche per i bonus).
archspf :
Attenzione che la planimetria catastale del 93 non determina alcuna legittimità della preesistenza, pertanto la pratica in sè perderebbe di valore.
Questo purtroppo è il risultato di anni di "pratiche" fatte tanto per farle e sulla base di "credenze popolari" piuttosto che solide basi di una buona prassi.
Adam Richman :
@archspf A rigore hai ragione, nella realtà per molti Comuni piccoli o micro è prassi reinterpretare l'art. 9bis.1bis del 380 ed accettare - in assenza di titoli abilitativi su vecchi immobili - un confronto tra lo stato di fatto rilevato oggi ed una planimetria catastale non di primo impianto ma più recente. Immagino le tue mani nei capelli per una prassi non aderente al 380, ma questa è quanto ho visto in diverse situazioni. So di altri Comuni che in assenza di titoli abilitativi danno per legittimo di default l'attuale stato di fatto
momix.t :
Penso sia andata proprio come dici. Sulla base di questo come procedere? Si riuscirebbe a richiedere l'annullamento della pratica in sanatoria non avendo presupposti normativi? Oppure ci sono altri scenari?
Grazie per il supporto a un giovane tecnico!
Adam Richman :
Credo che al 99% nessuno contesterà mai la legittimità della scia in sanatoria. Molti procederebbero con il sanare le difformità ancora esistenti rispetto a tale scia (come il soggiorno) e guarderebbero avanti. Se invece questa procedura non ti lascia tranquillo poiché non aderente al 380, prova a cercare il catasto di primo impianto ed in base a cosa trovi vedrai poi come muoverti. Annullare una sanatoria (per la quale erano verosimilmente stati pagati oneri e sanzioni) mi pare comunque un iter complesso e assolutamente raro.
momix.t :
Depositare una sanatoria dopo una sanatoria non è un controsenso? L'ufficio tecnico potrebbe non accettare la procedura?
Adam Richman :
Non vedo problemi. Potrebbe trattarsi di un abuso successivo all'ultima sanatoria oppure - se antecedente - di una "dimenticanza" che oggi risolvi con una nuova sanatoria. Tieni presenti che ai fini della verifica della doppia conformità il proprietario deve dichiarare - nell'ambito della sanatoria - a quando risale l'abuso.
archspf :
@Adam Richman, si purtroppo ne sono consapevole, tuttavia sono gli stessi (taluni) amministrazioni/tecnici a non esserlo di fronte ad una colossale infrazione normativa che si regge forse sul filo di una vaghissima interpretabilità (a mio giudizio ormai inesistente data la ratio dell'art. 9-bis ed il tenore consolidato della definizione di «stato legittimo»). Quanto all'avere i paraocchi, questo non deve distoglierci dal fare comunque le cose per come vanno affrontate, secondo la mia modesta opinione professionale.

@momix.t non sono rari i casi di dover sanare una "pratica", anzi è all'ordine del giorno: ad ogni modo è da valutarsi la modalità corretta poichè la strada dell'annullamento in certe situazioni non è solo auspicabile ma addirittura necessaria (per quanto rara) a causa del "corto-circuito" che genera nella linearità del percorso delle trasformazioni-autorizzazioni. L'ufficio in ogni caso non può non accettare la procedura di "sanatoria", poichè di contro si opporrebbe ad una formale richiesta di regolarizzazione, ed allora si che si avrebbe un controsenso, tutto quanto come giustamente indicato dal collega che mi precede, se sussistono le condizioni di doppia conformità.
Adam Richman :
@archspf: Premesso che da 1 anno lavoro in Comune (senza ruoli di responsabilità!!) dopo 10 di p.iva, e che seguo il forum anche per migliorare nel nuovo lavoro, mi chiedo: in caso di applicazione "con il paraocchi" dell'art. 9bis non c'è il rischio reale che edifici ante 1967 (quindi "consolidati") possano risultare illegittimi in assenza di documentazione adeguata? La prassi diffusa (nei piccoli Comuni) di cui abbiamo scritto credo serva ad evitare questa eventualità. A monte sono comunque d'accordo che sia una forzatura e che con tutta probabilità un giudice darebbe ragione a te.
archspf :
Credo, che se il legislatore avesse voluto inquadrare una via di uscita per determinate situazioni, non credo gli sia mancata occasione.
Il fatto che esistano edifici ante 1967 costruiti legittimamente, non ci pone al riparo di edifici del tutto illegittimi (tra il 1942 ed 1967, in centro abitato, per esempio) sui quali l'unica cosa consolidata, permettimi la battuta nel piacevole scambio di visioni, potrebbe essere l'aver reiterato per anni irregolarità o abusi. Pertanto in determinate situazione più che un rischio è una amara certezza ;-).
Dietro una prassi ritengo, infine, ci debbano comunque essere adeguate motivazioni normative, altrimenti diviene solo una arbitraria abitudine per aggirare il problema.
Auspico un nuovo "anno zero" dell'urbanistica proprio per uscire da questo empasse.
momix.t :
@archspf @adamrichman vi ringrazio ancora per gli spunti che state dando. Stamattina mi sono confrontato con il comune presentando i dubbi rispetto alla legittimità dell'ultima sanatoria in riferimento alle definizioni dell'art.9bis c.1bis
Ho proposto quindi di procedere con una SCIA sanatoria verificando la doppia conformità del locale in questione.
Il tecnico ha precisato che in questi casi si procede al pagamento pari al doppio del contributo di costruzione secondo l'art.37 del TUE.
Leggendo l'articolo non trovo un riferimento rispetto a quanto prospettato e non mi è chiaro se si parla di sanzione (in quanto sanatoria) o di oneri veri e propri.
Quale è il vostro punto di vista a riguardo?
archspf :
@momix.t, su tale argomento puoi trovare molte informazioni in bacheca, in quanto la norma soggiace alla "specificità" locale, in particolare della regione (legge regionale) e poi comunale (regolamento).
L'art. 37 si riferisce ai casi di sanatoria di interventi realizzati in assenza o difformità dalla SCIA e prevede la corresponsione di una oblazione (oltre gli oneri) per il "consolidamento" del titolo (silenzio-assenso): nel caso di specie, posso darti maggiori indicazioni solo per il Lazio.
Tuttavia visto il tenore della norma citata, per analogia, posso indicarti che il calcolo va effettuato tenuto conto degli oneri che sarebbero (stati) necessari, per applicare poi il doppio (sanzione), più una volta (oneri).
Adam Richman :
@archspf: grazie per confronto, utile sia nel merito che per la tua difesa di un approccio "rigoroso" (nel senso buono del termine) che tenterò di avere più presente in futuro

@momix: ti dico come facciamo da noi (ahimè senza la certezza che sia corretto) per gli accertamenti di conformità: oneri di urbanizzazione in misura doppia (sia art. 36 che art. 37 del DPR 380, quando dovuti, ad es. per ampliamenti volumetrici o cambi d'uso); costo di costruzione in misura doppia (solo art. 36) sulla base di un cme redatto dal professionista; oblazione min. 516€, in base alla variazione del valore venale dell'immobile derivante dall'abuso (solo art. 37) sulla base di una attestazione del professionista.
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