Dal concorso ai lavori: la nuova uscita delle Cappelle Medicee di Zermani vicina al cantiere

Mentre gli Uffizi attendono (dopo 21 anni dal concorso) la fantomatica «loggia Isozaki», un'altra uscita museale si appresta a diventare realtà e, questa volta, dal render alla gara dei lavori sono trascorsi solo poco più di due anni. Quasi un miracolo in un Paese in cui un gran numero di concorsi finisce nel nulla, o per mancanza di finanziamenti o per bandi sbagliati (come per le 51 scuole del Miur), per ricorsi infiniti (come per il nuovo ospedale del Trentino) o per cambi di amministrazione (si pensi alla copertura dell'Arena di Verona).

A tagliare il traguardo della gara dei lavori (che ormai volge al termine) è la nuova uscita del Museo delle Cappelle Medicee a Firenze, secondo il progetto di Paolo Zermani, architetto e docente di Composizione architettonica e urbana all'Università di Firenze. Dopo il concorso (bandito dai Musei del Bargello), lo studio di Architettura Zermani e Associati (di Zermani e Eugenio Tessoni) ha sviluppato il progetto fino all'esecutivo (arredi compresi), che poi è stato mandato in gara (scorporando gli arredi e impianti).

Il progetto, come è noto, prevede la realizzazione di una scala di uscita del Museo in corrispondenza della zona compresa tra la Cappella dei Principi, la Sagrestia Nuova di Michelangelo e l'estremità del transetto della Basilica di San Lorenzo. Nello spazio interrato, già realizzato al rustico nel 2017, saranno realizzati il bookshop, uno spazio espositivo e i servizi igienici. Un'area, quella di intervento, valorizzata dalla presenza anche di reperti archeologici, nello specifico, al piano interrato, vi sono un tratto di muro romano e una struttura di fondazione del XII secolo.

All'esterno, su via Canto dei Nelli, saranno visibili solo due elementi: il blocco parallelepipedo che perimetra e protegge la scala e la seduta posta al centro della piazza. Un'urna a dimensione urbana, così viene definita dai progettisti la configurazione urbana del progetto, che allude alla memoria, sempre viva, che San Lorenzo custodisce e trasmette attraverso la chiesa, la Biblioteca laurenziana e le tombe. Due le opere d'arte che i progettisti indicano come riferimento: il Giudizio universale di Beato Angelico e la Resurrezione di Piero della Francesca. Entrambe «vincolano la morte alla vita, al suo continuo riformarsi e riprodursi. Tale è il senso più profondo del museo», si legge nella relazione che accompagna l'esecutivo.

 

Il corpo principale, che custodisce la scala per la risalita, è disposto parallelamente al muro della Sagrestia Nuova, emerge di tre metri dal piano della piazza ed è aperto verso la Cappella dei Principi. Dal punto di vista strutturale, il blocco si sviluppa a partire dal piano interrato, inglobando la scala tra due muri paralleli collegati da una testata aperta alla quota inferiore e chiusa a livello della piazza. Su questi tre setti appoggia il solaio-lucernaio in vetro trasparente, che permette di vedere il cielo e i monumenti durante la risalita. Dunque un blocco di pietra che lascia che la luce naturale irrompa nell'ambiente sotterraneo.

La seduta nella piazza è come una pietra tombale ribaltata e «contribuisce a coinvolgere gli edifici storici posti al perimetro e lo spazio della città contemporanea nella dialettica proposta dall'antica fabbrica del San Lorenzo, dal suo museo, dalle sue cappelle funerarie».

 

Sia il corpo della scala che la seduta sono rivestiti di pieta locale, ossia di pietra di Rapolano (del tipo travertino in falda "terra toscana"). Hanno una loro autonomia e una discreta identificabilità, seppure dialoghino con discrezione con le emergenze architettoniche.

 di Mariagrazia Barletta

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