Legge sull'equo compenso: cosa cambia se il cliente è una Pa

Nuovo Codice: incarichi gratuiti possibili come eccezione, se motivati

di Mariagrazia Barletta

La legge sull'equo compenso, approvata in via definitiva dal Parlamento lo scorso 13 aprile, ha rafforzato l'obbligo per la pubblica amministrazione e per i cosiddetti "clienti forti" di corrispondere al professionista un compenso equo. Per essere tale, il compenso deve essere conforme alle disposizioni dei cosiddetti decreti parametri e risultare proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale.

La legge è attesa ancora in Gazzetta ufficiale per la pubblicazione e la successiva entrata in vigore. Per capire cosa cambia nel caso in cui il committente sia una pubblica amministrazione, bisogna confrontare le nuove norme con le precedenti e intrecciarle con le disposizioni del nuovo Codice degli appalti (Dlgs 36 del 2023) che sarà operativo dal prossimo primo luglio (ad eccezioni di alcune disposizioni che diventeranno efficaci dal 2024).

Va ricordato che già il Dl Fiscale del 2017 (Dl 148) aveva introdotto tutele a favore dei professionisti verso i clienti "forti", individuati nelle imprese bancarie e assicurative e nelle imprese diverse dalle Pmi, nonché verso la pubblica amministrazione. In particolare, per quanto riguarda le Pa, l'articolo 19-quaterdecies afferma: «La pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti». In maniera non molto differente, la nuova legge prevede l'applicazione dell'equo compenso «alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione».

Dunque, la legge già nel 2017 ha introdotto tutele per i professionisti, ma ciò non ha impedito alla pubblica amministrazione di affidare incarichi a fronte di un compenso nullo. E, la giurisprudenza, sulla scorta della legge sull'equo compenso del 2017, ha comunque - con diverse sentenze (Consiglio di Stato 07442/2021 e 2084/2023) - affermato il principio secondo cui le prestazioni gratuite nei confronti della Pa non sono vietate. In sintesi, secondo i giudici amministrativi, che si sono espressi interpretando le norme sull'equo compenso del 2017, la pubblica amministrazione deve corrispondere al professionista un compenso congruo, ma solo se il compenso è previsto, altrimenti, resta percorribile la strada degli incarichi gratuiti.

C'è dunque da domandarsi se la nuova legge sull'equo compenso e il nuovo Codice appalti vietino alla Pa di affidare incarichi senza prevedere alcun compenso. Nella nuova legge sull'equo compenso non vi è alcuna disposizione che neghi espressamente questa possibilità. Ciò che viene però rafforzato è il riferimento ai parametri ministeriali.

Più nel dettaglio, la legge considera nulle alcune clausole contrattuali svantaggiose per il professionista, tra queste quelle che prevedono un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali. Inoltre, la nuova legge afferma anche che la convenzione, il contratto, l'esito della gara, l'affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso non congruo possano essere impugnati dal professionista innanzi al tribunale competente al fine di far valere la nullità della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l'attività prestata.

Qualche tutela arriva anche dal nuovo Codice, che pure ingloba il riferimento ai parametri che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono utilizzare, però non esclude del tutto gli incarichi gratuiti. Secondo il Dlgs 36 del 2023 (art. 8, comma 2) «le prestazioni d'opera intellettuale non possono essere rese dai professionisti gratuitamente, salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione. Salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce l'applicazione dell'equo compenso». Dunque, probabilmente, sarà ancora una volta la giurisprudenza, a colpi di sentenze, a tracciare i confini della prestazione gratuita e dei «casi eccezionali» che possono derogare alla regola generale. 

Sempre il nuovo Codice, con uno degli allegati che lo rendono "autoesecutivo", e più precisamente con l'allegato I.13 introduce alcune novità sul fronte dei parametri. L'allegato precisa innanzitutto come quantificare i compensi non appena la progettazione definitiva sarà abolita. In particolare, quasi tutte le prestazioni afferenti all'ex definitivo sono trasferite al progetto di fattibilità tecnica ed economica. L'allegato inserisce anche l'obbligo di prevedere un incremento del 10% dell'onorario per tutti gli appalti per i quali è obbligatorio l'impiego della metodologia Bim (Building information modeling).

Sempre sul fronte dei parametri, la nuova legge sull'equo compenso ne prevede la revisione. I parametri di riferimento delle prestazioni professionali vanno aggiornati ogni due anni su proposta dei consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.

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