Il viaggio in metro come esperienza di bellezza: è questo il fil-rouge seguito dalle stazioni della metropolitana di Napoli, dove la fruizione dell'arte e dei tesori dell'archeologia incontra le grandi firme dell'architettura.
Nella città partenopea l'ultima stazione ad arrivare al taglio del nastro è quella di Benedetta Tagliabue, fondatrice con Enric Miralles (1955-2000) dello studio internazionale Embt, ben noto per opere come la sede del Parlamento di Edimburgo, il rinnovato spazio pubblico di HafenCity ad Amburgo o come la Chiesa di San Giacomo Apostolo a Ferrara scelta tra i progetti in lizza per l'ambito Mies Van der Rohe Award.
Niente arte e nemmeno archeologia per la stazione del Centro direzionale, ma l'eccezionalità della bellezza da godere in viaggio resta. Il calore del legno, le linee sinuose che, come in un collage, sono interrotte da piani spigolosi, rese dinamiche dal gioco di luci e ombre che il complesso disegno proietta ovunque, si oppongono alla rigidità e all'anonimità del centro direzionale suddiviso in rigidi livelli funzionali (quello pedonale al piede dei grattacieli e quello per le auto al di sotto), dimostratisi un grosso fallimento. Impossibile con una "semplice" stazione sconvolgere e rompere lo schema di Kenzo Tange ideatore del centro per uffici. E, allora, ribellarsi è la soluzione.
Portare tra le torri la varietà della topografia e del paesaggio cittadino, quello autentico, il calore partenopeo, scardinando lo schema di Tange è l'obiettivo. Benedetta Tagliabue, allora, lo fa con un disegno estremamente dinamico, scegliendo una materia estranea alla "City".
Dunque, l'obiettivo del progetto - come lo studio Embt scrive - «è trasformare la superficie artificiale dell'area in una topografia complessa, con un edificio di grande impatto visivo, caratterizzato da un'intricata struttura tettonica».
Il legno è il materiale principale e «crea un contrasto organico» con il centro ideato negli anni Settanta del secolo scorso e, spontaneamente, rimanda subito per forma al mercato di Santa Caterina a Barcellona, progettato sempre dallo studio Embt.
L'idea delle volte reinterpretate con le sinuosità del legno sono un omaggio alle grandi stazioni; mentre i molteplici sostegni obliqui e confluenti nei pilastri in cemento armato nascono anche dall'intenzione di ricreare la sensazione di passeggiare in un bosco.
«In un certo senso, ciò che abbiamo cercato di realizzare - scrive ancora lo studio Embt - è una sorta di nuova piazza organica e fluida, come se stessimo camminando in una foresta, quando in realtà ci troviamo in un centro commerciale artificiale». Negli spazi della stazione, come nell'intero centro direzionale, le persone si disperdono: i flussi non sono così copiosi e tutto appare sovradimensionato, forse lo è o forse è tutto il centro direzionale da ripensare e ripopolare di giorno fino a sera. Sui binari esplode il colore dei pannelli lineari scanditi da sagome e nicchie dove sedersi.
Fotografie di © Mariagrazia Barletta
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