In copertina scorcio della stazione di Santa Maria Novella, © photo Serena Acciai, 2025
A Firenze, ora come allora, ciò che di nuovo appare sul panorama architettonico cittadino è soggetto a critiche feroci velate da quella sagace ironia che probabilmente suggerì a Curzio Malaparte che "i Toscani hanno il cielo negli occhi e l'inferno in bocca": così anche la nuova Santa Maria Novella, uno tra i primi edifici moderni in Italia non fu risparmiata da tale catarsi.
Oggi, a novant'anni dalla costruzione dell'edificio di Michelucci e dei suoi giovani allievi, fa quasi sorridere leggere come una tale icona del moderno fu apostrofata all'epoca e come i suoi autori ne dovettero difendere la fiorentinità di fronte alle polemiche. Questo clima, che a Firenze intercettò oltre che i dettami dell'Accademia anche il mood cittadino, era all'epoca di più ampia portata e pertanto la stazione di Firenze fu un fondamentale punto di svolta nello sdoganamento del linguaggio moderno.
indice dei contenuti

Autore non identificato, La stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, Firenze, 1935, stampa alla gelatina al cloro bromuro d'argento, © Archivi Alinari-collezione Aranguren, Firenze
Ripercorrendo attraverso le arti gli ultimi 90 anni con l'evento della FAF
Poesia, musica, balletto, fotografia, grafica, cinema e ovviamente architettura hanno alimentato nel pomeriggio del 30 ottobre l'iniziativa per l'anniversario dell'inaugurazione della stazione avvenuta esattamente 90 anni fa alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Nella privilegiata cornice della Palazzina Reale, sede dell'Ordine degli Architetti di Firenze, la serata ideata e organizzata dalla FAF (Fondazione Architetti Firenze) ha avuto il merito di ricreare l'atmosfera degli anni '30. Con canzoni e balli dell'epoca eseguiti dal vivo, costumi, manifesti, filmati dell'Istituto Luce, poesie, ricerche in atto e aneddoti sulla stazione, il racconto di cosa sia in effetti Firenze SMN per la città si è dipanato come una festa (nelle parole di Caterina Bini, Presidente di FAF), che sarebbe piaciuta a Michelucci e agli altri autori del progetto.

Galleria di testa della Palazzina reale, © photo Serena Acciai, 2025
Modello delle stazione in bronzo e mostra per l'evento del 30 ottobre presso la Palazzina Reale dell'Ordine Architetti di Firenze © photo Serena Acciai, 2025
L'evento "Le arti per i 90 anni della stazione di Firenze SMN" in collaborazione con la Fondazione Michelucci, la Fondazione Alinari Firenze e l'Archivio di Stato di Firenze, ha voluto mettere in luce come la stazione sia stata un progetto totale in cui tutte le arti hanno trovato la loro collocazione.
Basti pensare all'orologio di Nello Baroni, al dipinto di Giampaolo Talani "Partenze", agli affreschi di Ottone Rosai presenti all'interno del bar delle stazione, agli arredi d'epoca come le panchine in legno e ottone che abbracciano i pilastri lungo i binari, alle lunghe lampade al neon dell'illuminazione, ai font utilizzati nella grafica delle scritte, all'abbinamento cromatico dei rivestimenti in marmo che ancora rimangono originali e raccontano di quando gli architetti progettavano "dal cucchiaio alla città".
Ottone Rosai, Campagna Toscana, 1935, bar della stazione/oggi libreria

Particolare, scala del sottopassaggio tra i binari, © photo Serena Acciai, 2025

Scritte segnaletiche entro il bar/oggi libreria della stazione, © photo Serena Acciai, 2025
Ambientare il moderno nel rinascimento come un atto di coraggiosa continuità
Il progetto di Michelucci, Baroni, Gamberini, Berardi, Guarnieri e Lusanna fu paragonato alla Pescaia di Santa Rosa sull'Arno, o ad una cassa d'imballaggio, come testimoniano gli estratti di giornali dell'epoca, e fu coperto di polemiche che durarono per un lungo anno, concentrate sul fatto che la nuova stazione non rispettasse la tradizione fiorentina.

Estratto da XCI "Il Brivido", 26 febbraio 1933.

Altro estratto da "Il Brivido", 26 febbraio 1933
Fu grazie ai poeti, come Mario Luzi che ne colse invece la forza dirompente: "la magnifica nascente fatta di ossa di esili fusti di ferro vestiti cemento" e agli stessi progettisti come Michelucci che ne spiegava il carattere di non architettura, che nel non apparire valorizzava la chiesa di Santa Maria Novella mostrando così una coerenza di linguaggio tale da inserirsi nella città storica.
Anche Nello Baroni, come emerge dall'attenta analisi dell'Arch. Brunella Guerra - Nello Baroni e il tempo della stazione - (DIDA, UNIFI) ebbe un ruolo in questo dibattito fornendo analogie con il valore urbano e la figuratività di altre architetture storiche fiorentine, come Palazzo Pitti o Palazzo Vecchio coi loro volumi puri e sinceri dove ogni elemento della composizione ha un carattere prettamente funzionale. Sono ancora le parole di Nello Baroni a difesa della stazione a farci comprendere l'entità della battaglia sul linguaggio architettonico che si compì in quegli anni: per Baroni le forme della stazione, ha raccontato ancora l'Arch. Guerra, non furono niente di estraneo ma un "semplice atto di coraggiosa continuità rispetto alla città rinascimentale".
E così anche grazie alla grande visibilità che il risultato del concorso conferì alla stazione, a differenza di quanto era successo ad esempio al Novocomum di Terragni (1928) che per essere costruito dovette essere celato alla commissione di ornato, la stazione di Firenze senza tanti indugi aprì la via alla modernità in Italia, proprio nella città che era stata la culla di un altro grande rinnovamento nelle arti, il Rinascimento.

Cascata vitrea sulla piazza di Santa Maria Novella, © photo Serena Acciai, 2025
Quando la modernità è senza tempo
La stazione di Firenze a distanza di 90 anni è ancora moderna e questo significa che la sua modernità è senza tempo e in ciò risiede anche la sua classicità. Un edificio moderno lo può essere al di là del tempo e dello spazio e questo non significa che la stazione potrebbe stare in qualsiasi luogo, anzi: è stata progettata a Firenze e per Firenze per relazionarsi col suo magnifico centro storico, fatto di giustapposizioni tra gli elementi e spazi a misura d'uomo.
Alla sera è rassicurante ritrovare le sicure linee orizzontali e la maestosa cascata vitrea di Santa Maria Novella che con le slanciate pensiline ripara sempre dalla pioggia oppure offre scorci di tramonto ambrato guardando là in direzione del mare grazie a quel suo linguaggio architettonico che nella sua metafisica silenziosità sarà sempre attuale.

Schizzo sul rapporto con il fianco della chiesa di Santa Maria Novella, © Serena Acciai, Laboratorio di Progettazione I, DIDA - UNIFI a.a. 2001/2002.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
pubblicato il:

