In copertina: Trace of Land, ELSE. Foto: © Gustav Willeit
La balla perde la compressione e si apre in una traiettoria morbida che attraversa l'Armentara, come se il declivio ne scandisse la metrica: sale, scende, accenna un salto e lascia il segno. Su questo andamento lo studio ELSE (Zhifei Xu e Zimo Zhang) disegna un'intelaiatura sottile che interpreta la topografia e la condensa in un percorso: un tracciato continuo che ordina il passo, misura lo sguardo e ricuce il rapporto con il versante.
Tra le vincitrici dell'open call di SMACH (attiva dal 2013), l'opera si dispone nel paesaggio dolomitico come traccia praticabile: da lontano richiama i sentieri incisi nella montagna; da vicino la tessitura vegetale filtra la luce e costruisce pause. La misura è umana, il ritmo variabile: in alcuni punti la copertura sfiora il terreno, in altri si solleva e invita a passare sotto, rallentare, guardare.
Sostenuta da esili tondini d'armatura e aste in acciaio, la struttura a tratti si fa portico leggero, un'ombra abitabile che protegge chi passa e incornicia scorci. Un manto erboso essiccato, legato con corde d'erba, vi si appoggia con discrezione, richiamando la cultura dei tablà - capanni lignei di valle - e riconducendo l'architettura alla sua radice: dare riparo con materia povera, tecnica minima e cura del luogo.
L'intervento si inserisce nel ritmo della fienagione puntando su reversibilità e bassa impronta: ciò che oggi mitiga il sole, domani torna suolo. In questo senso la pensilina riconosce la cultura materiale alpina e la restituisce come esperienza condivisa, tra memoria del lavoro e uso contemporaneo del paesaggio.
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foto: © Gustav Willeit
Tra tablà e il tema "la cu"
Il fieno non è un'icona bucolica: è l'esito di una filiera contemporanea: taglio, pressatura, trasporto, stoccaggio. Con la cu (la pietra cote che affila le lame), SMACH 2025 mette al centro il rapporto fra strumento e paesaggio: qui l'idea diventa spazio e azione, una grammatica essenziale che tiene insieme fatica, tecnica e territorio. La traccia vegetale entra in risonanza con i tablà, i fienili lignei delle valli ladine: ombra che ventila, materia che respira, misura quotidiana del lavoro in quota.
"Affilare" è anche una postura progettuale: togliere il superfluo, regolare il bordo, trovare l'angolo utile tra materiale, clima e uso. Come la cote restituisce efficacia al taglio, una struttura minima lega il ritmo della fienagione — sfalcio, essiccazione, raccolta — all'aria che attraversa il manto, all'ombra che protegge e al deposito che attende. Non un simbolo sovrapposto, ma un modo di lavorare con il paesaggio: pochi elementi, ben calibrati, per far emergere ciò che c'è.

foto: © Gustav Willeit
Un riparo stagionale (che torna suolo)
Trace of Land invita a una fruizione lenta: si procede a passo corto, ci si accosta alla copertura e, dove si solleva, la si attraversa. Le soste nascono quasi da sole: un gradino d'ombra, una pendenza che frena, il microclima che cambia quando l'aria filtra tra gli steli essiccati. Il prato diventa strumento di lettura: al mattino la trama è fredda e tesa, a mezzogiorno vibra, nel tardo pomeriggio trattiene l'odore dell'erba e attenua il riverbero.
La temporaneità è progetto: la materia vegetale si consuma, perde peso, vira di tono; la struttura accompagna questa deriva senza forzarla. A stagione conclusa, tutto rientra nel ciclo: il manto si integra nel suolo, rete e tondini si recuperano. Più che un oggetto, un protocollo di cura: abitare il paesaggio senza lasciargli addosso nulla che non possa essere riassorbito.
Le fotografie di Gustav Willeit






foto: © Gustav Willeit
Crediti del progetto
Titolo del progetto: Trace of Land
Progetto e design: ELSE
Committente: SMACH
DATI GENERALI
Localizzazione: La Crusc (Santa Croce), Badia - Val Badia, Dolomiti UNESCO
Anno: 2025
SUPERFICI
Superficie indicativa: 100 m²
FOTOGRAFIE: Gustav Willeit [profilo IG | sito web]
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