Legge 13/1989

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Cosa dice la Legge 13/1989 circa le barriere architettoniche

Legge 13/1989
Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati (9 gennaio 1989)

Le prime disposizioni tecniche per il superamento delle barriere architettoniche sono contenute nella Circolare Ministeriale del 19 giugno 1968, successivamente riprese ed ampliate dal D.P.R. del 27 aprile 1978 che costituisce un punto fondamentale nella disciplina della materia, soprattutto per quanto riguarda le direttive di progettazione senza barriere architettoniche negli edifici pubblici a carattere collettivo e sociale.

La legge 13 del 1989 affronta le problematiche della progettazione senza barriere nell’ambito dell’edilizia residenziale, quindi negli edifici privati di nuova costruzione, negli interventi di ristrutturazione, negli spazi esterni di pertinenza e di accesso.

Precedentemente le prescrizioni normative si riferivano alle opere ed agli edifici pubblici e privati “aperti al pubblico”, e poco significativamente agli interventi di edilizia residenziale pubblica. Con la legge 13 le disposizioni per favorire la fruizione degli spazi vengono estese a tutti gli edifici privati, residenziali e non, in sede di nuova costruzione o di ristrutturazione degli stessi.

Il 14 giugno dello stesso anno viene emanato il D.M. 236, il Regolamento di attuazione della Legge 13/89. Viene definito, in questa occasione ed in una accezione più ampia, il concetto di “barriera architettonica” e si delineano tre livelli qualitativi di progettazione e costruzione, espressi attraverso i concetti di: accessibilità, visitabilità ed adattabilità.

All’art. 2 del decreto 236 del 1989 si legge:

  • a) per accessibilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.
  • b) per visitabilità si intende la possibilità, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare. Sono spazi di relazione gli spazi di soggiorno o pranzo dell’alloggio e quelli dei luoghi di lavoro, servizio ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta.
  • c) per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.
Accessibilità (concetto più importante).
Un edificio e le singole unità immobiliari che lo compongono possono essere raggiunte e percorse senza limitazione alcuna da una persona portatrice di handicap che si muove su sedia a ruote. All’esterno deve esserci almeno un percorso senza barriere architettoniche (gradine ed ostacoli). Negli edifici con più di tre piani è obbligatoria l’installazione di un ascensore. Per gli edifici fino a tre piani deve essere garantito l’accesso al piano terra e la possibilità di una futura installazione di meccanismi di elevazione per i piani superiori, qualora se ne presenti l’esigenza. Almeno il 5% degli alloggi di edilizia sovvenzionata devono risultare accessibili con un minimo di 1 unità per ogni intervento.
Visitabilità.
Si tratta di un’accessibilità limitata ad alcune parti dell’edificio e delle singole unità immobiliari. Tale requisito si intende soddisfatto quando è garantito l’accesso agli spazi di soggiorno, ad un servizio igienico e ai percorsi di collegamento.
Adattabilità.
Rappresenta un livello ridotto di qualità, infatti gli spazi devono essere progettati in modo tale da renderli accessibili con poche trasformazioni che abbiano un costo limitato (l’ampliamento delle forature per le porte, l’asportazione di un bidet per dare spazio di manovra ad una carrozzella in un bagno, ecc.).

Alcune soluzioni tecniche:

  • porte, larghezza minima 75 cm e spazi di manovra adeguati;
  • infissi esterni, altezza della maniglia e/o del dispositivo di comando elettrico compresa tra 1,00 m e 1,30 m;
  • servizi igienici, deve essere consentito l’accostamento laterale alla tazza wc, bidet, vasca, doccia, lavatrice e l’accostamento frontale al lavabo, tenendo in conto la necessità di tutti gli spazi di manovra. La doccia deve essere a sedile ribaltabile e dotata di telefono, devono inoltre essere presenti i maniglioni ed il corrimano per consentire lo spostamento dalla sedia ai sanitari;
  • percorsi orizzontali e corridoi, devono essere larghi almeno 1,00 m e avere ogni 10 m circa degli slarghi per consentire l’inversione di manovra con la sedia a ruote;
  • rampe, non possono superare un dislivello superiore a 3,20 m, larghezza minima di 0,90 m o 1,50 m, se si vuole consentire l’incrocio di due persone, ogni 10 m ed in presenza di interruzioni mediante porte, la rampa deve prevedere un ripiano di dimensioni 1,50 x 1,50 m. La pendenza non può superare l’8%.
  • ascensore di edifici nuovi non residenziali, cabina di dimensioni minime 1,40 (profondità) x 1,10 m (larghezza), porta sul lato corto e luce netta di 0,80 m. Pianerottolo antistante minimo di 1,50 x 1,50 m.
  • ascensore di edifici nuovi residenziali, cabina di dimensioni minime 1,30 (prof.) x 0,95 (largh.), porta sul lato corto e luce netta di 0,80 m. Pianerottolo antistante minimo di 1,50 x 1,50 m.
  • ascensore in caso di adeguamento di edifici preesistenti dove non sia possibile l’installazione di cabine di dimensioni superiori, dimensioni minime: cabina 1,30 x 0,95 m, porta sul lato corto e luce netta di 0,80 m, pianerottolo antistante minimo 1,50 x 1,50 m.

Collegamenti esterni

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