Buongiorno,
Ho presentato da qualche settimana una pratica per opere di manutenzione straordinaria interne ed esterne senza opere strutturali rilevanti. Le modifiche prevedono una diversa disposizione interna dell'appartamento per ricavare un bagno ed una camera/studio. Le modifiche prevedono anche apertura di una finestra ed allargamento di un paio per rispettare il rapporto luminosità/volume. Il comune, come integrazione a tale pratica, mi richiede il calcolo ed il pagamento dei costi di costruzione e ristrutturazione relativa alle superfici dell'appartamento (si parla di circa 3500 euro). La cosa contestata sono le aperture delle finestre che secondo loro vengono realizzate al fronte di una modifica interna e quindi non rientrano nelle casistiche indicate nel decreto semplificazioni, che parla di edifici "leggittimamente realizzati".
Secondo loro io posso dividere l'appartamento e fare tutte le finestre/aperture che voglio e lo stato leggittimo non esiste, ma se modifico la divisione interna lo stato leggittimo vale...insomma a me non quadra molto questo ragionamento.
Secondo il mio architetto e diversi tecnici interpellati, sembrerebbe che tali oneri non siano dovuti, ma il comune non vuole sentire ragioni e sostiene che tutte le pratiche vengono gestite così.
Secondo la vostra opinione, tali oneri sono dovuti?
Se no, come posso fare a dimostrare la cosa? Non vorrei ricorrere a situazioni che mi portino via del tempo prezionso per avviare i lavori.
Grazie per l'attenzione.
Cordiali saluti,
Massimo
Massimo : [post n° 463585]
Revisione Interna appartamento e apertura finestra
Non centra nulla lo "stato legittimo", eventualmente lo "stato esistente".
La semplificazione introdotta dal DL 76/2020 convertito in legge 120/2020, ha previsto il declassamento di determinati interventi sui prospetti, ed in particolare, quelli finalizzati esclusivamente all'acquisizione dell'agibilità, si considerano opere di «Manutenzione Straordinaria» ai sensi dell'art. 3 comma 1 lettera b) DPR 380/2001.
Ad ogni modo la ratio stessa della norma (stralcio) si riferisce ad edifici ove tali trasformazioni sono disgiunte da ulteriori fattispecie e comunque nell'intento di adeguare ciò che è (legittimamente) preesistente.
All'infuori di questo particolare caso, peraltro poco frequente, come ho avuto occasione più volte di ribadire ([post n° 444063] ), la trasformazione, apertura, chiusura di vani finestrati e più in generale la modifica di prospetto, precedentemente considerata «Ristrutturazione edilizia Pesante» (ai sensi dell'art. 10 comma1 lettera c) DPR 380/2001; tale da richiedere Permesso di Costruire/Scia alternativa all'autorizzazione), è inquadrata oggi come «Ristrutturazione Edilizia Leggera» (ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. d) DPR 380/2001) ed è attuabile tramite SCIA (art. 22 DPR 380/2001).
Gli oneri pertanto sono stati giustamente richiesti dal comune, poichè riguardano una tipologia di intervento edilizio per cui le norme locali richiedono proprio la corresponsione del contributo concessorio, ancorché calcolato sul solo costo di costruzione.
Tuttavia, ciò che potrebbe a mio parere essere contestata è la base di calcolo degli oneri stessi, che dovrebbero, per il noto principio di «ragionevolezza e proporzionalità», essere relativi alle sole modifiche di prospetto e non anche all'intervento di riassetto interno.
In estrema sintesi: la necessità di modificare le aperture per rispettare i requisiti igienico-sanitari (rapporti aeroilluminanti) legata ad un "obbligo formale" (tecnico-normativo) quale quello derivante proprio da una modifica della planimetria in conseguenza alla quale è necessario adeguare le finestre, non può ritenersi al pari di una modifica "spontanea" ed in ogni caso relativa ad uno stato preesistente.
La semplificazione introdotta dal DL 76/2020 convertito in legge 120/2020, ha previsto il declassamento di determinati interventi sui prospetti, ed in particolare, quelli finalizzati esclusivamente all'acquisizione dell'agibilità, si considerano opere di «Manutenzione Straordinaria» ai sensi dell'art. 3 comma 1 lettera b) DPR 380/2001.
Ad ogni modo la ratio stessa della norma (stralcio) si riferisce ad edifici ove tali trasformazioni sono disgiunte da ulteriori fattispecie e comunque nell'intento di adeguare ciò che è (legittimamente) preesistente.
All'infuori di questo particolare caso, peraltro poco frequente, come ho avuto occasione più volte di ribadire ([post n° 444063] ), la trasformazione, apertura, chiusura di vani finestrati e più in generale la modifica di prospetto, precedentemente considerata «Ristrutturazione edilizia Pesante» (ai sensi dell'art. 10 comma1 lettera c) DPR 380/2001; tale da richiedere Permesso di Costruire/Scia alternativa all'autorizzazione), è inquadrata oggi come «Ristrutturazione Edilizia Leggera» (ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. d) DPR 380/2001) ed è attuabile tramite SCIA (art. 22 DPR 380/2001).
Gli oneri pertanto sono stati giustamente richiesti dal comune, poichè riguardano una tipologia di intervento edilizio per cui le norme locali richiedono proprio la corresponsione del contributo concessorio, ancorché calcolato sul solo costo di costruzione.
Tuttavia, ciò che potrebbe a mio parere essere contestata è la base di calcolo degli oneri stessi, che dovrebbero, per il noto principio di «ragionevolezza e proporzionalità», essere relativi alle sole modifiche di prospetto e non anche all'intervento di riassetto interno.
In estrema sintesi: la necessità di modificare le aperture per rispettare i requisiti igienico-sanitari (rapporti aeroilluminanti) legata ad un "obbligo formale" (tecnico-normativo) quale quello derivante proprio da una modifica della planimetria in conseguenza alla quale è necessario adeguare le finestre, non può ritenersi al pari di una modifica "spontanea" ed in ogni caso relativa ad uno stato preesistente.