In copertina Zona espansione nord ZEN di Palermo (1970) _ disegni concorso | Courtesy Sergio Bianchi e Fondazione MAXXI, Roma,
Collezione MAXXI Architettura e Design contemporaneo, Archivio Luigi Pellegrin
Le ricorrenze del 2025 erano troppe affinché non si facesse (finalmente) questa mostra: quest'anno, infatti, è sia il centenario dalla nascita di Luigi Pellegrin sia il XXV Giubileo di Roma.
Curata da Sergio Bianchi e Angela Parente, Luigi Pellegrin: Prefigurazioni per Roma propone, infatti, i lavori dell'architetto degli anni Novanta con gli interventi immaginati per il Giubileo del 2000 e la ricerca svolta sulle aree delle Ferrovie, che prefigurava connessioni e sviluppi infrastrutturali ancora attuali e, per molti aspetti, futuribili.
Una retrospettiva densa sull'attività professionale di Pellegrin, seppur non esaustiva, che presenta al pubblico i due nuclei prevalenti del corpus di materiali conservati al MAXXI, attraverso suggestioni oniriche, visioni utopiche, disegni di fantasia, spaccati prospettici di progetti di macrostrutture da sviluppare sul territorio. E ben 4 plastici di grandi dimensioni. Oltre che un imponente volume monografico, "Copiare Saturno. L'evoluzione di un'idea" edito da LetteraVentidue (se vi chiedete il perché di questo titolo, è quello che nel 1986, invitato ad un concorso su temi ecologici a Los Angeles, Pellegrin propose come metodo per rivoluzionare l'attuale utilizzo dei suoli: una megastruttura posizionata duecento metri sopra l'equatore che abbraccia la superficie terrestre come gli anelli di Saturno).
"Partendo delle celebrazioni promosse dal Comitato del Centenario, la mostra offre una lettura critica del lavoro dell'architetto, attraverso i materiali d'archivio conservati nelle Collezioni del MAXXI Architettura — in larga parte inediti — relativi soprattutto agli ultimi due decenni della sua attività." ha dichiarato Lorenza Baroncelli, Direttrice del MAXXI Architettura "Il focus su Luigi Pellegrin si inserisce nella programmazione museale in stretto dialogo con la grande retrospettiva Roma nel Mondo curata da Ricky Burdett, che riflette sul ruolo di Roma tra le metropoli globali, ecosistema urbano contraddittorio e complesso e, al tempo stesso, unicum storico-architettonico senza eguali."
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I progetti per Roma: nodi intermodali
È interessante rileggere oggi - alla luce dei tanti interventi fatti sulla città in occasione dell'anno giubilare - quanto il pensiero di Pellegrin fosse avanti, interpretando istanze e visioni più ampie attraverso nuovi scenari.
Per lui il tema non è mai la singola infrastruttura: il potenziamento di quelle ferroviarie diventa, al contrario, occasione di rigenerazione urbana a livello sistemico. Il sistema intermodale, opportunità di sinergia e miglioramento dell'intera area metropolitana. La grande occasione in tal senso arriva nel 1991 con il piano di assetto urbano per le aree centrali delle Ferrovie dello Stato e i progetti di sviluppo delle aree delle stazioni. Proposte immaginifiche le sue, che avrebbero fatto di Roma una città davvero moderna. Roma che per lui è madre, radice, banco di prova.
I primi studi si focalizzano sulla riorganizzazione della Stazione Termini. Poi, l'ambito degli studi si dilata: a partire dal 1992 infatti Pellegrin inizia a lavorare sull'idea dell'anello ferroviario, una stazione anulare soprelevata passante per le linee dell'Alta Velocità sopra le aree di servizio di scalo San Lorenzo. Una grande rotatoria aerea che fluidifica la percorrenza ferroviaria alleggerendo il traffico su Termini, che diviene la porta di accesso, zona ricca di servizi, infrastrutture e di parchi, che ricuce in modo organico il tessuto urbano.
Pellegrin immagina l'integrazione di sistemi di mobilità leggera per attivare ulteriori connessioni. La prima idea è quella di realizzare una nuova sede stradale sovrapposta alle linee ferroviarie: un viadotto. Poi immagina un asse viario che collega Stazione Tiburtina, passando attraverso le stazioni Ostiense e Trastevere con l'intento di realizzare in prospettiva un collegamento con l'autostrada per l'Aeroporto di Fiumicino. In una seconda fase Stazione Termini potrebbe essere collegata a Stazione Tuscolana: centro storico e periferia si salderebbero così in un sistema integrato connesso da un sistema di parchi che realizza un continuum.
Ma chi era Luigi Pellegrin?
Nato nel 1925 in Francia da una famiglia di genitori friulani - padre falegname, madre contadina- incontra precocemente l'architettura una volta arrivato a Roma: a 5 anni il padre lo porta a vedere la Casa provinciale della Congregazione di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore, dove lavorava come capo carpentiere. Il bimbo si appassiona alla frequentazione del grande cantiere al punto da seguirne tutta la costruzione, durata cinque anni. Il complesso è opera di Armando Brasini, uno dei più influenti architetti del periodo.

Autoritratto | Luigi Pellegrin 1925-2001
Nel 1946, subito dopo la fine della guerra, si iscrive alla facoltà di architettura, dove fu allievo di Mario De Renzi, Enrico Del Debbio, Vincenzo Fasolo, Arnaldo Foschini, Saverio Muratori, Pier Luigi Nervi, Marcello Piacentini. In quello stesso periodo, collabora anche con la Soprintendenza di Roma alla catalogazione di una collezione di antichi manufatti.
Per approfondire la lezione organica americana, nei primi anni '50, Pellegrin si trasferisce negli Stati Uniti: nel 1953, a 28 anni, lavora a New Orleans presso lo studio di W.R. Burck con cui partecipa alla progettazione di scuole. È un periodo di fervida attività professionale, ma soprattutto di ricerca e apprendimento in presa diretta della lezione di Frank Lloyd Wright - che conoscerà personalmente - e di Louis Sullivan a Chicago, di cui apprezza più che gli edifici, disegni e decorazioni. Nel 1955 torna a Roma, dove entra in contatto con Bruno Zevi aderendo all'APAO, l'Associazione per l'Architettura Organica. Collaborerà alla ricostruzione, sia in campo politico che intellettuale, pubblicando e curando varie collane di libri, e insegnando all'Università, prima a Venezia poi a Roma, dal 1963 al 1979.
In questo periodo Zevi ha appena iniziato la pubblicazione de "L'architettura cronache e storia", rivista che si prefiggeva di documentare le esperienze internazionali e le tendenze in atto. Per questo Zevi propone a Pellegrin di raccontare la sua esperienza dell'architettura organica con una serie di foto e articoli. Ma anche i suoi stessi progetti, a testimonianza di un'iniziale adesione al linguaggio wrightiano, seppure autonomamente rielaborato, che poi trovò una ancor più originale declinazione espressiva e spaziale sia nei progetti dei vari quartieri INA-Casa (tutti eseguiti, tra gli altri, con Ciro Cicconcelli, con il quale collaborò ripetutamente) sia nei progetti di edifici per abitazioni, sia nei numerosi progetti di scuole, incluse le tante prefabbricate, in cui Scharoun è un altro riferimento rilevante.
Il 1964 è un anno importante nella vita privata di Pellegrin; lascia lo studio di via Giulia, nasce Paolo, il primo figlio, diventato oggi un importante fotografo e progetta la casa per la sua famiglia al km.11 di via Aurelia. Nel 1966 nasce la secondogenita Chiara. Sono anni, quelli a seguire, in cui oltre a realizzare molto, Pellegrin partecipa a tantissimi concorsi (giusto per citarne qualcuno: da quello per la Camera dei Deputati, del 1967 a quello per l'università autonoma di Barcellona, 1969, da quello per Les Halles a Parigi al Parc de la Villette al Lingotto di Torino, dall'Eur alla Stazione San Pietro a Roma).
L'8 ottobre 2000, Luigi Pellegrin viene insignito del Premio alla Carriera dall'Ordine degli architetti di Roma. Muore il 15 settembre 2001 dopo aver intrecciato vita, ricerca e lavoro senza soluzione di continuità.
Utopia come categoria di pensiero
Pellegrin non si sentiva artista, voleva essere chiamato architetto. Nel suo profondo pragmatismo, le sue erano visioni fatte di futuro e nostalgia che cercavano però concreta realizzazione, non sogni.
"Quello che mi stupisce oggi, rileggendo i suoi scritti," commenta il curatore Sergio Bianchi "è la corrispondenza con la situazione che stiamo vivendo. La sua attenzione si focalizzava sui problemi energetici, sull'effetto straniante della tecnologia delle comunicazioni sui nostri comportamenti, sul consumo di suolo, sul dramma dello sprawl e di un ambiente senza qualità, sui conflitti e sulle migrazioni, sullo spazio per gli esclusi dalla società. Tutto quello che oggi stiamo vivendo ad una dimensione sempre più estrema era già oggetto della sua indagine. Pellegrin percepiva la crisi in atto e sentiva l'obbligo morale di adoperarsi per attivare una riflessione che, nell'obiettare, attivasse un processo propositivo diverso."
La ricerca per lui non era mai chiusa, doveva andare sempre avanti, sempre più in profondità, in uno scavare incessante che diventava tutt'uno con l'esistenza. Quei progetti non sono mai finiti, restano ancora oggi come brandelli di un work in progress mentale che apre uno spiraglio su una riflessione coraggiosa, solitaria in parte, alla ricerca di una nuova armonia interspecie.

Senza titolo, dalla serie Se gli "altri" progettassero sulla terra (1970)
Disegnare, una necessità
Il disegno è una costante nell'attività di Pellegrin. Lo è da sempre, ma diventa necessità dopo che all'Art Institute di Chicago resta folgorato dai disegni di Sullivan da cui trarrà un incessante nutrimento negli anni a venire. Per lui il disegnare, infatti, non coincide solo con il progetto architettonico, è uno strumento di indagine.
Usa il disegno per capire, in modo non differente dai grandi del Rinascimento, lo usa per immaginare nuovi mondi, nuove forme di socialità e soprattutto nuovi modi di abitare il pianeta. In questo, il suo disegnare si avvicina alla fantascienza. I suoi disegni sono visioni.
Quello che importa non è la tecnica - matita, pastelli, cera, olio, collage - quanto veicolare il messaggio che cerca di trasmettere. Nei suoi disegni c'è tutta la foga di esprimere il concetto, e l'urgenza di verificare l'idea su carta, senza la preoccupazione della bellezza del disegno in sé. Nella vasta produzione di schizzi di fantasia, Pellegrin salda la matrice classica a quella organica e megastrutturale.
Alla base della sua ricerca c'è sempre l'anelito verso la libertà, la leggerezza, l'elevarsi verso il cielo. "Ho cercato a lungo di fare para - esecutivi di organizzazioni tentacolari, macro insetti sospesi da terra. Che significato ha avuto il mio posizionarmi a latere della ufficialità culturale? Non lo so. So che mi ha regalato tempo per credere in altre prassi." (LP)
Liberare il suolo
Alla fine degli anni '60 Pellegrin passa con decisione dalla scala dell'edificio a quella territoriale. Il tema del fuoriscala, della dimensione planetaria di un pensiero più vasto rispetto ai nuovi habitat lo affascina. L'approccio organico iniziale si trasforma, ibridandosi alla componente megastrutturale e all'ingegneria (di Musmeci, per esempio). Se Sullivan illuminò Pellegrin, furono gli Archigram e Buckminster Fuller a gettare luce sui temi ambientali, ecologici e tecnologici. In una visione che nega l'antropocentrismo, il suo interesse non è solo alle città e alle infrastrutture, ma alla produzione di energia e all'agricoltura, all'antropologia e alla biologia, a nuovi modi che lascino spazio alla natura, nella necessità di riformare un rapporto interspecie che non può essere ad esclusivo beneficio di quella umana. Un modo più equo di abitare il pianeta, di grande rispetto per l'ecosistema. Un sentire dove l'umanità non è centro, ma parte del tutto.
Nelle sue visioni la superficie terrestre è liberata dall'ingombro di città che si estendono a macchia d'olio, dove le due opzioni per le altre specie sono essere cibo o animale da compagnia. Per lui co-esistenza, vuol dire riscoprire la sostenibilità come valore, non come componente tecnica. Liberare il suolo diventa imperativo etico, al punto che negli anni Pellegrin sviluppa una sua metodologia precisa, una sorta di abaco di elementi che applica per organizzare il territorio e, letteralmente, liberare il suolo. Un nuovo modo di progettare, nel tentativo di costruire un habitat dove le infrastrutture sono spostate in alto in magnifiche strutture aeree. "Nei suoi progetti visionari vi è sempre una tensione estetica tra il rigore dell'idea e la visione fantastica di habitat meravigliosi che letteralmente volano sopra al terreno, per non sprecarlo." ha commentato Luigi Prestinenza Puglisi.
Da vedere!
Alcuni disegni
© Courtesy Sergio Bianchi e Fondazione MAXXI, Roma,
Collezione MAXXI Architettura e Design contemporaneo, Archivio Luigi Pellegrin
Disegni su foto di cantiere Villa via Aurelia, Roma (1964)
Habitat Cellule MVR, S.A.I.E., Bologna (1975)
Senza titolo _dalla serie Se gli "altri" progettassero sulla terra, fotoinserimento (1975)

Concorso Les Halles, Parigi (1979)
Concorso Parc de la Villette, Parigi (1982)_Sezione
Concorso per il Lingotto, Torino (1984), Sezione prospettica della Fase 3

1991 The arrival of new Zambia (1991)_dalla serie il progetto che arriva dall'alto
LUIGI PELLEGRIN: PREFIGURAZIONI PER ROMA
mostra al maxxi
17 dicembre 2025 - 6 aprile 2026
Via Guido Reni, 4a, Roma
Lunedì chiuso
da martedì a domenica 11-19
la biglietteria è aperta fino a un'ora prima della chiusura del Museo
aperture e chiusure straordinarie durante le Feste
- mercoledì 24 dicembre ore 11 > 16:30
- giovedì 25 dicembre chiuso
- mercoledì 31 dicembre ore 11 > 16:30
- giovedì 1 gennaio ore 11 > 19
- lunedì5 gennaio ore 11 > 19
- martedì 6 gennaio ore 11 > 19
maxxi.art
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