Crescente la richiesta, da parte di alcune stazioni appaltanti, di indicare un Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) di riferimento anche per gli affidamenti relativi ai servizi di ingegneria e architettura. Molte le segnalazioni che sono arrivate in merito al Consiglio nazionale degli Ingegneri che ha diramato una circolare, affermando che tale richiesta «è priva di fondamento giuridico e non trova riscontro nel Codice dei contratti pubblici».
Le richieste delle stazioni appaltanti fanno leva sull'articolo 11 del Codice, così come modificato dal Correttivo, secondo cui «Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente».
Secondo il Consiglio nazionale degli Ingegneri «il decreto legislativo n.36/2023, così come modificato da ultimo dal d.lgs. n.209/2024, prevede chiaramente che per i servizi di natura intellettuale l'operatore economico non è tenuto a indicare i costi della manodopera. Tale principio è sancito dall'articolo 108, comma 9, d.lgs. n.36/20232, il quale stabilisce espressamente che - per gli appalti di servizi che non comportano l'impiego di manodopera dipendente - l'operatore economico non è obbligato a indicare i costi della manodopera nell'offerta».
La circolare ricorda anche l'articolo 57 del Codice dei contratti che disciplina le clausole sociali nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, imponendo alle stazioni appaltanti di richiedere l'applicazione dei Ccnl di settore. «Tuttavia, questa previsione - secondo il Cni - riguarda esclusivamente i contratti che implicano l'impiego di personale dipendente e non può essere estesa agli incarichi professionali di natura intellettuale, che si caratterizzano per la prevalente componente di carattere autonomo e per la loro esecuzione diretta da parte del professionista».
«Alla luce di tali disposizioni - conclude il Cni -, la richiesta di applicazione del Ccnl per un appalto di servizi di ingegneria e architettura è giuridicamente errata e priva di qualsiasi utilità pratica, in quanto: non è prevista dalla normativa vigente, la quale esclude l'obbligo di indicazione dei costi della manodopera per le prestazioni intellettuali; non ha alcun rilievo ai fini della valutazione economica dell'offerta, in quanto il professionista non impiega manodopera subordinata; costituisce un aggravio ingiustificato e privo di fondamento giuridico per gli operatori economici partecipanti alla gara».
E c'è di più, secondo il Cni «nell'ipotesi in cui venga comunque avanzata tale arbitraria richiesta da parte della stazione appaltante, il professionista potrà legittimamente rifiutarsi di indicare un Ccnl, richiamando il disposto dell'art.108, comma 9, del d.lgs. n.36/2023, evidenziando al contempo che l'indicazione del Ccnl è irrilevante per l'appalto di servizi intellettuali e non può essere imposta unilateralmente per iniziativa della stazione appaltante».
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