Venticinque anni sono un quarto di secolo, sono mediamente gli anni di uno studente alla fine di un percorso formativo universitario. Ma venticinque anni sono anche il tempo trascorso dalla posa della prima pietra del complesso monastico del Siloe a Sasso d'Ombrone, in provincia di Grosseto, che il 7 dicembre inaugurerà la Chiesa "Dio Padre Creatore", iniziata quattro anni fa.
Alludendo a una grande tenda come luogo di riparo e conforto per i fedeli, quest'ultimo tassello firmato dallo studio Edoardo Milesi & Archos, con sede a Montalcino, si inserisce con equilibrio nel contesto, interpretando il pensiero dei monaci, la regola benedettina e la tradizione cistercense. La natura tutt'intorno scorre lentamente, mentre la luce orienta le giornate, definendo un'architettura pensata come luogo delle relazioni e della vita comunitaria.
Cresciuto ed evoluto con il tempo per lotti funzionali, seguendo il ritmo delle stagioni, dopo venticinque anni il complesso è diventato un tutt'uno con il contesto e la comunità. La pazienza dell'attesa ha dato forma a un'architettura abbracciata e protetta dalla collina, dove natura, luce e costruito dialogano in armonia, seguendo proprio i principi della comunità che ospita.
L'inaugurazione della chiesa è prevista per domenica 7 dicembre 2025, alle ore 15.00.
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foto: © Andrea Ceriani
Il progetto della Chiesa Dio Padre Creatore, fatta di luce, ombra e materiali primari
Un volume essenziale e rigoroso dà forma alla chiesa, anch'essa guidata nella progettazione dalla luce naturale, sia da un punto di vista formale che da quello simbolico. Proprio come nelle abbazie medievali, l'architettura è ridotta all'essenziale: superfici chiare, ombre controllate, luce zenitale, materiali primari.
Con la responsabilità di ultimo elemento del complesso, l'edificio mostra la sintesi progettuale del Siloe: orientamento, proporzione, semplicità costruttiva, rapporto con la natura, funzionalità senza superfluo. Così la chiesa diventa il punto catalizzatore di significati, percorsi e relazioni costruiti negli anni.
"L'idea che luce e silenzio sono i veri materiali del monastero di Siloe - spiegano i progettisti - sintetizza questa filosofia: l'architettura non è protagonista, ma dispositivo percettivo; non cerca di resistere al tempo come oggetto, ma come luogo; non occupa il paesaggio, ma lo interpreta".

foto: © Cristian Carrara
La storia del complesso monastico del Siloe: 25 anni di architettura, paesaggio e silenzio
Oggi il progetto per la Comunità monastica di Siloe si articola sulla figura di un quadrato con i lati di circa 40 metri. Al suo interno, si distinguono l'area di culto, le attività ricettive associate ai servizi e la residenza dei monaci della Comunità.
Furono i monaci, alla fine degli anni Novanta, a stabilirsi sulla collina di Poggi del Sasso, perché qui avevano finalmente trovato un'area ideale, un luogo isolato, lontano dal caos, composto solo da paesaggio, un vecchio ovile in pietra e una grande quercia che indicava un punto di concentrazione energetica.
Fu nel 1999 che i progettisti iniziarono a rapportarsi con l'ambiente, immaginando un'architettura frutto dell'ascolto di quel territorio. Il primo atto fu la trasformazione dell'ovile in Cappella del Pellegrino, origine fisica e simbolica dell'intero complesso.
L'impianto primitivo venne conservato, dai due muri antichi alle aperture verso il mare, fino alla feritoia d'oriente, adoperando materiali semplici - come legno, pietra, intonaci di terra - per innestare in maniera controllata l'abside gli altri elementi per la nuova funzione. Consacrata nel 2001, la cappella segnò il primo asse fondato del monastero, linea generatrice dell'intero impianto dettato dalle regole della natura.
A partire da questo nucleo minimo si sviluppò il corpo principale del monastero, dando al chiostro, misura archetipica della vita monastica, il ruolo di elemento ordinatore dell'intero complesso.
"La sua geometria derivata dalla tradizione benedettina e cistercense - spiegano i progettisti - non è soltanto un riferimento simbolico: organizza percorsi, funzioni e relazioni, assicurando compattezza, efficienza e una chiara distinzione tra gli spazi della vita comunitaria e quelli del lavoro e dell'accoglienza".

foto: © Cristian Carrara
L'edificio, composto da pietra nei piani bassi e legno in quelli superiori, si orienta in relazione alla luce, con aperture ben calibrate per limitare l'impatto sul paesaggio mimetizzando l'edificio nella collina.
Il secondo lotto è dedicato alla parte più pubblica del complesso, caratterizzata da setti che filtrano la luce modulandone l'esposizione, sottolineando la natura laica dello spazio. Spetta alla biblioteca, posta a sud del chiostro, il compito di segnare il confine tra nucleo monastico e territorio, diventando un punto di vista culturale per l'intera comunità.
L'anfiteatro, invece, realizzato nello scavo delle fondazioni, si integra perfettamente nel paesaggio, con le lastre in acciaio corroso, le essenze spontanee che invadono le fessure, il recinto di lamiera pronti ad essere nuovamente assorbiti dalla natura, come a comporre una sezione aperta della collina.

foto; © Andrea Ceriani
A completare il sistema di accoglienza fu poi, nel 2017, la Foresteria del Pellegrino, composta da una serie di volumi disposti lungo il pendio per mantenere un rapporto diretto tra architettura e suolo.
L'impianto è sobrio e funzionale, con il solo utilizzo di legno grezzo, pietra, intonaci in calce, rappresentando concretamente, con materiali e forme, l'idea di un luogo dedicato solo a meditazione, studio e preghiera lontano dal frastuono del mondo, in una relazione equilibrata con il paesaggio circostante.
"È una piccola opera che però rappresenta molto bene il mio modo di intendere l'architettura nel paesaggio - spiega Edoardo Milesi - Qualcosa che gli appartenga. Non mimetica, ma come se fosse sempre stata lì. Come un albero, ben radicata, ma leggera e un po' sospesa".

foto: © Cristian Carrara
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