Nessun titolo edilizio per il pergolato se aperto su tre lati e nella parte superiore

Il pergolato non richiede alcun titolo edilizio se la struttura è aperta su tre lati e nella parte superiore. Ma se coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile, diventa una tettoia che, come tale, non può rientrare nel perimetro dell'edilizia libera. A ribadire un concetto più volte espresso in giurisprudenza, è il Tar Campania con la sentenza 1666 del 2023.

I giudici del tribunale amministrativo si sono espressi sul ricorso presentato da una cittadina del comune di Anacapri alla quale, in seguito a lavori realizzati nel giardino, era stata notificata la sospensione dei lavori ritenuti abusivi e l'ordine di demolizione delle relative opere consistenti, tra l'altro, nella creazione di una struttura metallica alta circa 2,60 metri, delimitata da murature su tre lati e dotata di un massetto di calpestio.

Gli altri lavori contestati riguardano la pavimentazione di alcune aree del giardino con la posa in opera di una piscina autoportante e seminterrata, una baracca di legno con pianta quadrata con lato di 1,63 metri e 2,2 metri di altezza. Infine, un pergolato in pali di castagno con sovrastante incannucciata. Secondo il Tar, solo il pergolato in pali di castagno rientra nell'ambito dell'edilizia libera.

Quanto alla pergola, sul tema - viene ricordato nella sentenza - la giurisprudenza spiega che «Il pergolato è una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze, costituita da un'impalcatura formata da montanti verticali ed elementi orizzontali che li connettono ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone; di norma quindi, come struttura aperta su tre lati e nella parte superiore, non richiede alcun titolo edilizio; di contro, il pergolato stesso, quando sia coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile, diventa una tettoia, ed è soggetto alla disciplina relativa (Consiglio di Stato, sez. IV, 22/08/2018 , n. 5008)».

Smontate, punto per punto, anche le censure della ricorrente, secondo cui i diversi interventi realizzati sarebbero da ricondurre all'edilizia libera. «La pavimentazione - affermano, invece, i giudici - ha trasformato ampie aree destinate a giardino per cui è riconducibile a una nuova costruzione ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. e), Dpr. n. 380/2001, determinando un consumo di suolo e, dunque, una trasformazione tendenzialmente irreversibile di quest'ultimo».

Neanche la piscina e la baracca potevano essere realizzati senza alcun titolo edilizio. «La piscina - si legge nella pronuncia - è seminterrata per circa mt. 0,84 e quindi essendo fissa al suolo comporta una durevole trasformazione del territorio; la baracca in legno di mt. 1,63 x 1,63 x 2,20 di altezza seppure non infissa al suolo ha una destinazione funzionalmente stabile».

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