Judith Byberg: le sue lampade illuminano lo Spazio TID

di Camilla Golzi Saporiti

Judith, Uovo è la lampada che più ti rappresenta: come mai?
«Perché esprime gran parte della mia filosofia. Si tratta di un prodotto fatto a mano che mi permette di mantenere un rapporto sinergico con la materia, per me fondamentale. In più, la lavorazione hand made lo rende inevitabilmente un pezzo unico: anche se riprodotto più volte, ogni pezzo finito non sarà mai uguale all’altro, avrà sempre delle sue peculiarità. E, poi, Uovo è un punto luce e, come tale, nella mia concezione, esprime quello che in danese definiamo hyggelig, cioè il raccoglimento domestico, il luogo dove la famiglia si riunisce».

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Ed è biodegrabile ed ecosostenibile al cento per cento…

«Certo. Oltre all’uso di illuminazione a Led, il prodotto dopo anni di utilizzo, si getta nell’umido o si usa come concime in giardino. Non inquina e non ingombra: ha un impatto ambientale del tutto trascurabile e educa all’anti-spreco».

Nel tuo design c’è sempre un fondo educativo o sbaglio?
«Non sbagli affatto. Lo scopo ultimo della mia ricerca è di riportare l’attenzione verso l’uomo, evocando emozioni senza mediazioni, senza interpretazioni, mantenendo una costante attenzione all’aspetto ecologico e sensibilizzando le persone al consumo attento, al riciclo nell’ottica di contribuire a rendere il mondo più sostenibile».

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Vaeste, invece, è una lampada completamente diversa a livello estetico…

«Il nome prende spunto dalle leggere vesti greche e il prodotto vuole trasmettere la stessa leggerezza. All’interno, grazie a una struttura pre-esistente, nello specifico una scopa a raggiera in ferro solitamente usata per il camino, ci sono le luci. Il risultato è una lampada a sospensione che, appesa al soffitto, emana nell’ambiente una luce soft».

Di che materiale è fatta la “vaeste”?

«Uso dell’organza di seta bianca o della lana con tinture naturali».

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Non c’è il rischio che prendano fuoco?

«Per niente. Sia l’organza sia la lana sono materiali autoestinguenti: si auto-spengono. La natura riserva queste caratteristiche eccezionali, troppo spesso trascurate».

Mentre i tuoi Dischi come sono fatti?

«Nascono come esperimenti, come giochi con la materia. Uso legno, lana Bergshaf, che lavoro manualmente a lungo. Poi aggiungo punti luce e materiali che si sposano particolarmente bene, come il fil di ferro arrugginito che lega le balle di fieno, le nervature delle foglie di palma, gli imballaggi di cartone e qualunque cosa possa accostarsi al prodotto, ma anche al gusto di chi la desidera. In questo modo diventa un pezzo unico, personalizzato, capace di raccogliere il calore, l’odore e tutte le imperfezioni tipiche delle cose naturali».

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INFO: www.theinteriordesign.it/showroom-tid.php 

PHOTO COURTESY: Judith Byberg

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