Non è regolare la fattura con un oggetto troppo generico

Le fatture che descrivono con eccessiva genericità e ampiezza le prestazioni effettuate sono irregolari e dunque soggette a sanzioni. A ribadirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza 21980 del 2015. La fattura deve riportare natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell'operazione, ricorda la sentenza citando il secondo comma dell'art. 21 del Dpr 633/72. Dettagliare l'oggetto della fattura è questione di trasparenza, e serve per consentire all'amministrazione finanziaria lo svolgimento di attività di controllo e verifica. Le Entrate devono dunque essere messe in condizione di poter identificare in maniera precisa l'oggetto della prestazione.

Il caso nasce da un ricorso dell'Agenzia delle Entrate, che aveva irrogato sanzioni nei confronti di una società per irregolare compilazione delle fatture. Queste erano state emesse con l'indicazione di un oggetto generico ("servizi professionali, magazzinaggio, trasporto, tenuta contabile, marketing e promozione vendite"). La società aveva presentato ricorso, accolto dai giudici di appello. La sentenza di primo grado dava ragione, infatti, alla contribuente. Pur riconoscendo «l'estrema genericità e ampiezza della casistica relativa alle prestazioni effettuate», riteneva comunque «accettabili» le ragioni che avevano spinto la contribuente a optare per una descrizione generica delle prestazioni, poiché «trattandosi di collaborazioni correnti in molti anni, la descrizione poteva anche ricomprendere quelle effettivamente prestate nei vari periodi e pertanto quelle prestate negli anni 2001, 2002 e 2003».

L'Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso in Cassazione e l'esito della sentenza, appena arrivato, dà ragione all'amministrazione finanziaria. Secondo la Cassazione, infatti, hanno sbagliato i giudici della Crt, che, avendo riconosciuto la genericità e l'ampiezza del contenuto delle fatture, avrebbero dovuto anche riconoscerne la difformità rispetto alla legge e dunque confermare le sanzioni decise dall'Agenzia delle Entrate.

«Va da sé - si legge nella sentenza - che un'indicazione generica dell'operazione fatturata, [...] che accorpi indistintamente in un'unica descrizione attività assai disparate sotto il profilo dei loro contenuti, spaziando da attività materiali (trasporto e magazzinaggio), ad attività d'ordine (tenuta contabilità), ad attività a più alto contenuto di professionalità (promozione vendite) e ad attività del tutto generiche (servizi professionali e marketing), non soddisfa le finalità conoscitive che la norma intende assicurare».

IL DOCUMENTO
» Corte di Cassazione - Area Civile, sez. 5, sentenza 21980 depositata il 28 ottobre 2015.

pubblicato il: