Autorizzazione paesaggistica, se la Soprintendenza risponde in ritardo il Comune deve motivare autonomamente il parere

La sentenza del Consiglio di Stato

di Mariagrazia Barletta

Se il parere della Soprintendenza sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica arriva oltre i 45 giorni perde ogni suo carattere vincolante per l'amministrazione che lo ha richiesto. Significa che, nel caso in cui la risposta della Soprintendenza non arrivi nel termine dei 45 giorni, il Comune deve esprimersi autonomamente sulla concedibilità o meno dell'autorizzazione paesaggistica e nelle motivazioni potrà anche utilizzare argomenti espressi nel parere tardivo della Soprintendenza, ma non potrà però acriticamente rifarsi ad esso, dovendo invece assumere interamente su di sé l'onere di decidere.

Ad affermarlo è il  Consiglio di Stato con la sentenza 9798/2022 che arriva in risposta al ricorso del Ministero della Cultura per la riforma della precedente pronuncia del Tar con la quale era stato accolto il ricorso di una cittadina che aveva presentato richiesta di autorizzazione per la realizzazione di un terrazzo a Casal Velino (Salerno) su un fabbricato ricadente nel Parco nazionale del Cilento Valle di Diano.

La Soprintendenza per le province di Salerno e Avellino, dopo aver richiesto un'integrazione documentale, aveva negato il nulla osta, esprimendo parere sfavorevole sulla compatibilità paesaggistica dell'intervento. Il Comune aveva preso atto del parere negando l'autorizzazione paesaggistica.

Dagli atti depositati, il giudice ricava il mancato rispetto del termine di giorni 45 che la Soprintendenza avrebbe dovuto rispettare. In caso di richiesta di integrazione di documenti, il termine di 45 giorni viene sospeso fino alla ricezione di quanto richiesto, per poi ricominciare a decorrere, ma considerando anche il tempo trascorso tra la trasmissione degli atti da parte del Comune e l'invio della richiesta di integrazioni. Alla luce di questa precisazione, il Consiglio di Stato - come si diceva - ha appurato che il parere della Soprintendenza era arrivato oltre la scadenza dei 45 giorni. A causa di tale ritardo, il Comune avrebbe dovuto motivare autonomamente il parere riguardo alla concedibilità o meno del nulla osta paesaggistico, senza cioè rimanere vincolata alla valutazione della Soprintendenza.

Il Consiglio di Stato conferma sia l'annullamento del diniego paesaggistico per una violazione di natura procedimentale sia la necessità di una nuova pronuncia comunale, come già aveva deciso il Tar.

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