Da un lato la presenza di grandi distese materiche di sabbia, strutturate come un labirinto, dall'altra l'architettura che si smaterializza attraverso l'uso del metallo, evocando il binomio distruzione-conservazione.
È questa l'interpretazione che le giovani progettiste Alessia Angela Sanchez, Erminia Cirillo e Adele Maria Saita hanno scelto per rispondere alla sfida progettuale - su scala mondiale - promossa dalla piattaforma Buildner con il concorso "The Last Bomb Memorial".
Il requisito principale era la realizzazione di un'architettura senza parole per riportare all'attenzione una delle più grandi minacce del nostro tempo: la sperimentazione delle armi nucleari.
Così il monumento commemorativo si presenta come uno scenario post-apocalittico, dove lo spettatore osserva le strade frammentate che conducono a un grande vuoto centrale. Qui, la ricostruzione spettrale in wireframe di un tempio scomparso si erge come punto focale, simboleggiando la perdita e la memoria. La sobria palette di materiali rafforza i temi dell'impermanenza e del tempo.
Il progetto è stato apprezzato dalla giuria internazionale per la capacità di "trasmettere efficacemente l'intento concettuale del progetto attraverso un mix ben bilanciato di planimetrie, prospettive aeree e rendering atmosferici".
Ad arricchire la narrazione visiva è la presenza di una figura umana vestita di blu che, oltre a fornire un forte punto focale, genera contrasto con i toni tenui della sabbia, rafforzando le differenze di scala; il richiamo all'architettura classica al centro del masterplan, invece, evoca i temi di memoria e assenza, fondendo narrazione poetica e precisione metodica.
«Per noi - spiegano le tre progettiste - l'architettura è più di un semplice mezzo per creare spazio: è un modo per dare vita alle idee, comunicare con gli altri e creare narrazioni significative attorno alle esperienze delle persone. Non si tratta semplicemente di dichiarare soluzioni, ma di porre le giuste domande, sfidare la realtà e immaginare cosa potrebbe essere. L'impatto duraturo dell'architettura la rende un'immensa responsabilità, poiché gli spazi che progettiamo plasmano il modo in cui le persone si muovono, si fermano e interagiscono attraverso le generazioni. Questa consapevolezza ci spinge ad affrontare l'architettura con cura e determinazione.
Concorsi come questo sono particolarmente significativi per noi, poiché offrono uno spazio in cui l'architettura può essere poetica, evocare emozioni e risvegliare la consapevolezza, soprattutto in risposta a profonde questioni sociali come il ricordo della bomba atomica».
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