Se realizzate su un immobile ricadente in un'area sottoposta a vincolo, le vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, le cosiddette Vepa, devono essere accompagnate da un titolo edilizio (va bene la Scia) e dall'assenso dell'autorità preposta alla tutela del vincolo gravante sull'area.
A dirlo è il Tar Lazio con la recente sentenza 9579 del 2025, analizzando il caso di una cittadina romana che aveva realizzato delle Vepa per il suo appartamento, descritte dalla ricorrente come un'opera «amovibile e richiudibile "a pacchetto"; totalmente trasparente; installata su un balcone aggettante; non configurante uno spazio stabilmente chiuso e non integrante una variazione di volumi e superfici».
Ad essere impugnata è la determinazione dirigenziale con la quale la competente autorità municipale le ingiungeva di provvedere, entro 60 giorni dalla notificazione, a rimuovere gli interventi di ristrutturazione edilizia compiuti in assenza di titolo.
Il punto "caldo" è la presenza due vincoli: un vincolo paesaggistico imposto con il piano territoriale paesaggistico regionale e un vincolo di tutela a protezione di zone di interesse archeologico. È proprio la presenza dei vincoli ad imporre l'ingiunzione al ripristino del bene in quanto l'installazione delle Vepa - al di là della loro ascrivibilità o meno al novero dell'attività edilizia libera - è avvenuta in assenza di titolo in un'area sottoposta ad un duplice vincolo, paesaggistico ed archeologico.
I giudici ricordano che, nell'inserire le Vepa tra le attività di edilizia libera (lo ha fatto la legge 142 del 2022 con cui è stato modificato l'art. 6 del Tu Edilizia), la norma ha fatto salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, nonché il rispetto delle altre normative di settore come le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio.
«Ed allora - concludono i giudici amministrativi -, quand'anche l'intervento in questione dovesse ritenersi rientrante nel novero di quelli eseguibili in assenza di titolo abilitativo, nondimeno ciò non esimerebbe l'autore del medesimo dal rispettare le prescrizioni contenute nel Dlgs 42/2004 e, a tal fine, dal munirsi di un titolo - quantunque minimale quale potrebbe essere anche la sola Scia ex art. 22, Dpr 380/2001 - accompagnato, comunque, dall'assenso alla realizzazione dell'intervento da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo gravante sull'area».
«Pertanto - conclude la pronuncia -, la mancata presentazione di un valido titolo edilizio, accompagnato dal conseguimento preventivo del relativo parere di compatibilità paesaggistica da parte della competente autorità tutoria, rappresenta ragione più che legittima per l'ingiunzione alla demolizione dell'opera».
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