Trasferimento di competenze per uno sviluppo locale duraturo

intervista a Simonetta Alberico architetto presso la Provincia di Torino

pubblicato il:

Gli strumenti della pianificazione e i sistemi informativi geografici svolgono una funzione determinante nelle politiche di sviluppo, soprattutto nei territori in cui uno dei fattori critici è la “quasi totale assenza di informazioni e dati acquisibili immediatamente”.

Ce lo conferma Simonetta Alberico, architetto presso l’Assessorato alla Pianificazione Territoriale della Provincia di Torino e membro del Centro Città del Terzo Mondo (CCTM) del Politecnico, delineando due possibili forme di coinvolgimento degli architetti nella Cooperazione:

  • l’impiego delle proprie competenze tecniche a supporto degli interventi nei Paesi in Via di Sviluppo
  • e il contributo all’apprendimento di tali competenze da parte degli abitanti delle aree più arretrate.

Intervista

di Francesca Bizzarro

1. Formuli la sua idea – in quanto architetto – di Cooperazione con i Paesi in via di sviluppo

Ritengo che la Cooperazione con i PVS debba puntare, più che su interventi diretti, vale a dire la realizzazione di opere e manufatti in loco, sulla formazione tecnica di funzionari e personale locale perché solo in questo modo si possono creare condizioni per uno sviluppo durevole. Il ruolo degli architetti dovrebbe essere quello di fornire un supporto tecnico finalizzato a mettere professionisti e funzionari locali in condizione di operare autonomamente.

2. In quali settori l’apporto degli architetti può risultare determinante?

Un aspetto che nei PVS è spesso trascurato è la pianificazione del territorio e quindi la sua trasformazione secondo un piano prestabilito: spesso purtroppo tendono a verificarsi occupazioni del suolo casuali e scoordinate, che non tengono mai conto della necessità di rendere disponibili aree per la realizzazione di infrastrutture e servizi di interesse pubblico. Un apporto in materia urbanistica è quindi, a mio parere, assolutamente determinante. Per quanto attiene al campo edilizio, invece, ritengo che gli apporti più significativi siano quelli tesi a promuovere un miglioramento delle tecniche costruttive locali, partendo dal tentativo di utilizzo prioritario di materiali e mezzi presenti in loco, e puntando magari al recupero in ambito edilizio di materiali di scarto (cartoni, imballaggi, etc…). Ritengo altrettanto importante la promozione in questi contesti di soluzioni costruttive che sfruttano i principi della bioarchitettura.

3. I sistemi informativi geografici possono contribuire a semplificare e rendere più incisivi gli interventi nei Paesi in Via di Sviluppo?

Il ricorso ai sistemi informativi geografici potrebbe essere di grande aiuto soprattutto alle amministrazioni pubbliche, perché fornirebbe una base conoscitiva delle caratteristiche del territorio fondamentale per pianificarne le eventuali trasformazioni. Contemporaneamente, la possibilità di effettuare simulazioni potrebbe aiutare a compiere scelte migliori.

4. In generale, quanto incidono i costi del software sugli interventi di Cooperazione, e in che misura si ricorre a risorse “open source”?

Sugli interventi di Cooperazione che cercano di promuovere l’utilizzo dei sistemi informativi nei PVS, oltre ai costi del software incidono anche i costi per l’acquisto (e alcune volte trasferimento in loco) delle strumentazioni informatiche e per gli interventi di manutenzione.

5. Quali sono le principali difficoltà nella creazione delle banche dati?

Principalmente consistono nella quasi totale assenza di informazioni e dati acquisibili immediatamente. Di solito l’unico modo per creare banche dati è recarsi in loco e svolgere la raccolta diretta delle informazioni.

6. Quali competenze aggiuntive dovrebbero acquisire gli architetti per partecipare alla realizzazione di un SIT in una delle aree interessate da progetti di sviluppo?

Dovrebbero approfondire la conoscenza delle modalità di acquisizione dei dati territoriali necessari per la produzione di cartografie tematiche e di base (ad es. utilizzo di GPS, interpretazione foto aeree e mappe satellitari, etc…).

7. Ritiene che un master o un corso post-universitario possano integrare il bagaglio formativo “tradizionale” dell’architetto? Magari attraverso un percorso didattico modellato sulle specifiche esigenze di organismi quali le ONG?

Indubbiamente un master o un corso post-universitario possono integrare il bagaglio formativo dell’architetto, soprattutto perché gli consentono di entrare in contatto con persone che hanno un’esperienza specifica nel settore.

8. Gli Enti locali che destinano risorse alla Cooperazione, in che misura sono interessati a promuovere – con progetti formativi e tirocini – il coinvolgimento dei laureati in architettura nel settore?

Sia la Provincia di Torino, ente presso cui lavoro, che la Regione Piemonte ed il Comune di Torino dimostrano il loro interesse a promuovere la formazione nel settore (rivolta non solo agli italiani, ma anche e soprattutto a persone originarie dei Paesi in via di sviluppo) cofinanziando il Master universitario di I livello “Piani e progetti per le città del Terzo Mondo: formazione di esperti” patrocinato dal COREP (Consorzio per la Ricerca e l’Educazione Permanente).

 

Il Master “Piani e progetti per le città del Terzo Mondo: formazione di esperti” si svolge presso le sedi della Seconda Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino.

Per informazioni contattare: Segreteria Master C.so Trento 13,10129 Torino
Tel: +39 011 5645107 Fax: +39 011 5645110 e-mail:formazione@corep.it

cooperazione