Terremoto, Zaffina (Architetti Roma): i tecnici siano coinvolti nella prevenzione

Il Dipartimento di Protezione civile si è pronunciato per definire i requisiti dei professionisti volontari da coinvolgere nelle verifiche di agibilità nei luoghi colpiti dal terremoto dello scorso 24  agosto. In particolare, possono far parte delle squadre di architetti "verificatori" solo i tecnici che abbiano ottenuto l'idoneità attraverso un corso abilitante, organizzato in conformità agli standard condivisi con il Dipartimento della Protezione civile

Il lavoro sul campo è già iniziato, a dircelo è l'architetto Pasquale Zaffina, coordinatore del presidio di protezione civile presso l'Ordine degli architetti di Roma e che, in tema di interventi post-sisma,  ha una esperienza di oltre trenta anni, iniziata con il sisma dell'Irpinia nel 1980 e poi portata avanti con costanza.

Con Zaffina abbiamo ragionato anche sul ruolo degli architetti che fanno parte dei presìdi di protezione civile. Figure professionali formate, la cui creazione fu promossa attraverso un protocollo d'intesa sottoscritto dal CNAPPC e dal Dipartimento della Protezione civile nel 2010. Secondo l'architetto andrebbe rivisto il loro ruolo. Si tratta - ci dice - di tecnici super-specializzati ed è assurdo coinvolgerli solo per verificare l'agibilità quando hanno le carte in regola per assumere un ruolo chiave nella prevenzione. Potrebbero essere impiegati - suggerisce - anche nell'elaborazione dei piani comunali di protezione civile

Quanto ai crolli dovuti al terremoto, Zaffina punta il dito su «un modo di costruire assolutamente inadeguato».

Per approfondire:
Architetti per la Protezione civile: come contribuire alle fasi post-terremoto

Architetto, il Dipartimento di Protezione civile si è appena pronunciato sui requisiti dei professionisti chiamati a verificare l'agibilità degli edifici. Dunque, a partire per i luoghi colpiti dal sisma del 24 agosto sono esclusivamente i professionisti che hanno conseguito l'idoneità tramite un corso abilitante, è così?

Sì, esatto.

L'idoneità conseguita attraverso il corso di almeno 60 ore diventa, dunque, un requisito da cui non si può prescindere..

Veda, ormai senza corsi non si va da nessuna parte. Il corso abilita ad entrare in un elenco che si chiama Nucleo tecnico nazionale, istituito con DPCM dell'8 luglio del 2014. Questa lista ovviamente si implementa sempre di più con i tecnici che seguono i corsi e superano la verifica finale.

È successo che questa regola vigeva anche ai tempi del terremoto dell'Emilia, però, in quel momento i tecnici iscritti in questo elenco erano pochissimi e allora in quel caso si diede la possibilità di intervenire anche a chi aveva già fatto esperienze in altri terremoti. È successo poi che quell'elenco nel frattempo è stato implementato, arrivando a 6mila persone, tra ingegneri, architetti, geometri e geologi. È chiaro che la Protezione civile non ha più il problema di andare a trovare soluzioni intermedie e quindi attinge a questo elenco che ormai vige per legge.

Mi sembra un atteggiamento corretto...

Se vuole la mia opinione, il corso è molto utile perché quando siamo sul campo e abbiamo una scheda, che è uguale per tutti, accade che i tecnici non abbiano una visione univoca di una certa situazione, ad esempio di una certa lesione che va portata sulla carta. Molto spesso un tecnico la vede in un modo e un altro tecnico la vede in un altro. Si sono verificati momenti di contrasto anche in una squadra di due persone: ognuno si impuntava sulla propria visione delle cose.

Secondo me con queste schede non bisogna assolutamente permettere che ci sia una visione personale delle cose. Il nostro compito è quello di fare o non far entrare la gente negli edifici. Quindi, quando ci troviamo di fronte ad un edificio e questo per me è agibile e per un altro non lo è, come la mettiamo? Più si fanno corsi, più ci si addentra nella materia, e più è possibile giungere ad una confluenza di visioni.

È vero che nelle verifiche di agibilità viene data precedenza ai professionisti di Abruzzo, Lazio, Marche e Toscana?

No, questo è solo un fatto logistico. Essendoci poca ricettività in questo momento di crisi, preferiamo mandare le squadre che in qualche modo riescano a tornare a casa la sera, oppure che possano fare pochi chilometri. Altrimenti sarebbe disagevole per i tecnici.

Abbiamo comunque individuato degli alberghi che eventualmente possono essere contattati dai nostri tecnici che, così, la sera possono trovare una sistemazione stesso sul posto. Chiaramente è possibile anche sistemarsi nei campi, però questi campi, per il freddo della notte, man mano, lo sappiamo, saranno eliminati.

Come funziona per le spese di pernottamento?

Ognuno pagherà per sé, poi ci sarà ovviamente una delibera con la quale, su presentazione della fattura, le spese saranno rimborsate ad ogni professionista.

Le squadre di professionisti sono già al lavoro nei luoghi interessati dal sisma?

Lo stato dell'arte in questo momento è di questo genere: fino a lunedì scorso hanno agito solo i tecnici, diciamo pubblici (Genio civile, tecnici della Regione, etc...) che hanno verificato gli edifici strategici e quindi le scuole, gli uffici, le caserme, gli ospedali, e così via. Insomma gli edifici che poi devono assolvere dei compiti particolari e specifici.

Poi da martedì sono iniziate le operazioni sugli edifici privati. Stiamo intervenendo con delle squadre strutturate, circa 60 squadre al giorno, smistate sui quattro punti equivalenti alle quattro regioni interessate dal sisma.

Che ci sia una necessità urgente di diffondere la cultura della prevenzione sono d'accordo tutti. Allo stesso tempo, i presìdi di protezione civile dei professionisti sono stati creati non solo per agire in situazioni di emergenza, ma anche per dare una mano nell'azione di formazione e informazione alla cittadinanza sui temi della prevenzione. Non crede che in futuro si possa affidare ai tecnici un ruolo importante nella diffusione della cultura della prevenzione?

Per me è assolutamente indispensabile che questo Nucleo tecnico nazionale, in prospettiva, abbia una visione diversa. Fino ad ora i tecnici sono stati impiegati solo nelle verifiche di agibilità. Ma ci troviamo di fronte ad un tecnico che è super-specializzato. Non si tratta solo di volontari ma di tecnici che hanno un know how diverso da quello di un altro tecnico, hanno acquisito una professionalità.

Io vedo una professionalità da spendere, anche in periodo di pace, nella prevenzione. Altrimenti, possiamo mai aspettare che venga un terremoto per sperare di essere impiegati? Questa è un'assurdità. Io non posso pensare di sperare che avvenga una catastrofe per poi andare a vedere le cose, questa è un'aberrazione totale.

Quindi dobbiamo dare un senso a questi corsi nel futuro e so che ci sarà sicuramente una revisione degli accordi (tra protezione civile e Ordini professionali ndr). E ci deve essere una revisione di questi accordi, altrimenti rimane qualcosa che è solo fine a se stesso, qualcosa di molto spicciolo, sterile e addirittura di livello molto basso.

Cosa potrebbero fare i tecnici del Nucleo tecnico nazionale sul fronte della prevenzione?

C'è una cosa che i tecnici potrebbero fare, che è quella di creare i piani di protezione civile a livello comunale, che sono alla base di tutto. 

So che lei ha una lunga esperienza, operando da tempo nei luoghi colpiti da terremoti. Ci sono delle cause di danno che si ripetono costantemente ad ogni scossa significativa?

Ma certo. È da 34 anni che sono in questo gruppo di Protezione civile presso l'Ordine degli Architetti di Roma perché da neolaureato partii con lo zaino sulle spalle in Irpinia ed ebbi la fortuna di affiancarmi ad un ingegnere napoletano di grandissima esperienza. Da quel momento in poi ho operato in seguito ai terremoti che si sono succeduti.

Per quanto riguarda l'idea di cosa si deve fare, siamo sempre alle solite. C'è un modo di costruire assolutamente inadeguato. Si costruisce alla meno peggio per risparmiare soldi e nessuno pensa che poi possa succedere un terremoto. 

Il problema sono anche le maestranze non formate. In un cantiere un operaio non potrebbe lavorare se non dopo aver seguito una scuola seria.

Mi sembra che ci sia anche un problema di interventi scriteriati su edifici vernacolari in muratura...

È quello che stiamo verificando proprio in questo terremoto. Ogni terremoto mette in evidenza qualcosa di mal costruito. Questo terremoto sta mettendo in evidenza che si sono rafforzati i sottotetti senza mettere il classico cordolo di coronamento per rendere il tetto solidale con le strutture perimetrali. Si usa fare un solaio che diventa una lama che si sposta a volontà al di fuori delle murature.

E questo è un disastro assoluto perché alla prima scossa, appena il tetto si sposta di quel millimetro, ed esce fuori dalla portata del muro e torna indietro, fa cadere le murature sottostanti spingendole.

Questo diventa pericoloso anche per le costruzioni magari realizzate con criteri antisismici, ma che si vedono crollare addosso il peso della casa accanto...

Sì, infatti. È quello che accaduto ad una nostra collega originaria di Amatrice, sempre intervenuta in tutti i terremoti, fa parte del Nucleo tecnico nazionale. Era ad Amatrice al momento del sisma, ha perso il marito ed ora lei è in rianimazione.

Come si potrebbe intervenire per scongiurare interventi tanto scriteriati sul costruito?

Io farei una task force di insegnanti per dare alla scuola quel senso che dovrebbe avere per aumentare la cultura e soprattutto punterei sulla formazione delle maestranze. Sulla formazione di professionisti avrei poco o nulla da dire perché tutti conosciamo le regole da applicare: i progetti quando si fanno si fanno bene, poi si realizzano male. Quindi ci vorrebbero i controlli, scuole, specializzazioni e soprattutto consapevolezza di chi opera sulle costruzioni.

Mariagrazia Barletta

 

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