in copertina | Cantina in Lugana, Bricolo Falsarella © atelier XYZ

Un fiume di domande, idee, pensieri e riferimenti colti.
Questa è stata l'intervista all'architetto Filippo Bricolo dello studio Bricolo Falsarella.

Vincitori lo scorso dicembre della Menzione Speciale al Premio Architetto italiano, per il progetto del Brolo della Cantina Gorgo, li abbiamo intervistati in occasione della tappa toscana della mostra  "Nuove Cantine Italiane. Territori e Architetture", organizzata da «Casabella». La stessa cantina premiata alla Festa dell'Architetto era in mostra a Firenze, nella Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici Riccardi, di cui Bricolo Falsarella Associati hanno curato anche l'allestimento.

Brolo, Cantina di Gorgo, Bricolo Falsarella © atelier XYZ

Brolo, Cantina di Gorgo, disegno di Filippo Bricolo

Partiamo da qui Filippo, come è nata l'idea di questo allestimento?

Il progetto nasce dal fatto che l'allestimento sarebbe dovuto essere montato in diversi spazi, quindi serviva un sistema flessibile e modulare che potesse facilmente riconfigurarsi.

La prima versione del progetto era ispirata all'allestimento di Sverre Fehn alla Basilica Palladiana, il cui setto in diagonale ci aveva colpito molto; creava una tensione nello spazio, era un oggetto che assumeva una posizione critica. Un probabile secondo riferimento sono gli allestimenti degli anni '50-'60, che usavano diversi piani di visione, come il padiglione del libro di Carlo Scarpa. L'idea è quella di accogliere il racconto delle cantine per frammenti di immagini, in modo che avessero una coralità, ma al contempo permettere di concentrarsi sui singoli frammenti.

La vera difficoltà dell'allestimento è stata l'illuminazione: l'obiettivo era illuminare i pannelli inclinati senza generare ombre, abbiamo quindi progettato un sistema di illuminazione di 12 cm con un deflettore, portando la luce direttamente sul piano; il fascio di luce arriva perfettamente al basamento della struttura, ci si può quindi avvicinare alle immagini senza avere nessuna ombra portata.

Mostra  "Nuove Cantine Italiane. Territori e Architetture" © Pietro Savorelli

Facciamo un passo indietro per conoscervi meglio. Trovo molto interessante che il vostro studio non sia in una grande città, ma abbiate scelto di rimanere in provincia. Raccontami come funziona Bricolo Falsarella Associati e il perché di questa scelta.

Lo studio nasce con me e l'architetto Francesca Falsarella. Abbiamo deciso di vivere in una casa studio, siamo degli architetti stanziali, che vivono e lavorano nello stesso posto, sempre osservati dal nostro cane Utzon (il nome nasce dalla sua passione per i raggi di luce, pensando alla casa a Maiorca Can Lis di Jørn Utzon).

Credo che esistano architetti nomadi ed architetti stanziali, noi abbiamo consapevolmente scelto di far parte della seconda categoria; una vita lontano dal caos, lontano dalle grandi città, con cantieri in un raggio di 15-20 km da casa.

Bricolo Falsarella, Casa studio

Il vostro studio però si è trasformato negli ultimi anni.

Si può dire che il percorso dello studio sia diviso in due. Io e Francesca ci siamo laureati insieme con una tesi in museografia; aperto lo studio abbiamo lavorato per sedici anni occupandoci solo di ristrutturazioni. Poi l'impostazione è cambiata e siamo passati da uno studio alla Glenn Murcutt, alla costruzione di una squadra di lavoro e ad occuparci della realizzazione di edifici ex novo.

Ogni progetto è seguito da me o Francesca, supportati poi da uno degli architetti dello studio che prende i nostri disegni, li fa propri e partecipa a tutte le fasi; per esempio l'architetto Davide Burro segue solitamente le cantine e gli edifici agricoli, ed è stato prezioso anche per l'allestimento di questa mostra.

Com'è la tua giornata tipo?

Mi sveglio molto presto, tra le 5:00 e le 9:00 del mattino faccio l'architetto e mi dedico alla fase del disegno a mano; poi per il resto della giornata faccio il problem solving.

A cosa state lavorando in questo momento? C'è un tema comune tra i vostri lavori?

Parto da una premessa: finita la lunga fase in cui ci siamo occupati solo di ristrutturazioni, ci siamo accorti che non sapevamo progettare edifici nuovi. Non avevamo mai progettato una forma, un volume nuovo. Noi lavoravamo sempre in dialogo con un altro autore, ciò che c'era. Ma la fase del restauro ci ha insegnato l'importanza della matericità degli edifici, per questo usiamo sempre i materiali del luogo. Il senso di appartenenza è fondamentale.

Al momento stiamo lavorando a 5 edifici, che si trovano tutti in una condizione di apertura paesaggistica e nascono dal paesaggio stesso. Abbiamo appena completato Villa Tarika, di fronte al lago di Garda, tra la rocca di Garda e punta San Vigilio; la casa nasce da un ragionamento sul lago, la vista sul paesaggio è negata, ma poi, entrando, attraverso una serie di inviti, negazioni e visioni, pian piano si arriva a percepire il lago.

Noi vediamo l'architettura come avvertimento critico. Siamo in un momento in cui siamo circondati da un overbooking di dati e immagini, per questo per noi serve un'architettura lenta, che attraverso dei sistemi narrativi altrettanto lenti, ti faccia essere consapevole di ciò che stai guardando.

Villa Tarika, Bricolo Falsarella

Stiamo poi lavorando al progetto della San Rocco House, sulle colline moreniche.

Tutta l'architettura storica di quel luogo ha gli stessi colori, la stessa pasta. Ci siamo messi a fare cementi e finiture con queste cromie; la casa sembra quindi nascere dalla terra, ma - a differenza degli edifici storici - qui è tutto leggermente stonalizzato, simile ma non uguale, quindi all'interno della casa trovi venti tipi di cementi e finiture diversi, che ti trasmettono l'idea di una cosa "non a fuoco", come la canzone brasiliana "Desafinado" - fuori tono in italiano - di Antônio Carlos Jobim.

San Rocco House, Bricolo Falsarella © Davide Burro

Anche solo accennando a questi progetti, è chiaro che per voi sono fondamentali gli approcci teorici.

Esatto, non si tratta di teoria del progetto, ma di pensiero. L'esigenza di architetture lente nasce da una riflessione; ogni elemento che inseriamo nei progetti nasce dalla risposta ad una domanda e quella soltanto: il risultato è la risposta a una domanda, la forma non è puro design. Allo stesso tempo le negazioni di cui parlavo prima, nascono dal fatto che vogliamo progettare crisi; ci sono figure nelle nostre architetture che sono un invito e una negazione allo stesso tempo, non sono architetture assertive, ma architetture che ti propongo una crisi.  Essendo poi noi veneti, sono crisi gentili e non monumentali.

Qual è il tuo libro preferito di architettura?

Penso che i libri scritti dagli architetti abbiano una sovrastruttura non necessaria. Mentre i libri scritti dagli artisti, dai fotografi, dai registi e dagli scrittori stessi vadano direttamente a spiegare l'arte, la fotografia, il cinema e così via. Come il libro "Making Movies"di Sidney Lumet, che spiega come si fa a fare un film.
Se Norman Foster facesse un libro dal titolo "Making architecture" sarebbe straordinario, dovrebbe solo raccontare ciò che fa.

Per chiudere, torniamo al vino, ci sono altre cantine in cantiere?

Stiamo realizzando una cantina nel territorio del Lugana, vicino a Sirmione. Anche in questo caso la cantina nasce da meccanismi narrativi. Oggi le cantine tendono ad essere degli oggetti iconici che colpiscono; questa invece è un'architettura non gridata, per capirla bisogna entrare. C'è uno spazio dominante a tripla altezza grazie al quale si coglie, ai diversi piani, tutto il processo del vino: dalla sala superiore vedi il campo, poi la vinificazione e infine la barricaia. Dalla luce si passa progressivamente al buio della barricaia attraverso un sistema di gelosie che riducono la quantità di luce. All'interno della barricaia si entra nella penombra, a me molto cara.

Se qualcuno mi chiedesse che lavoro faccio, io risponderei: «Progetto penombre». perché dopo l'hỳbris del movimento moderno, noi cerchiamo l'imperfezione dei materiali e la penombra, il difetto, l'umanizzazione. 

Cantina in lugana, Bricolo Falsarella. Disegno di Filippo Bricolo. 

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