In copertina | AVZ-VOICE OF COMMONS nella biglietteria disegnata da Carlo Scarpa ai Giardini della Biennale
Photo by Andrea Avezzù © Courtesy La Biennale di Venezia
Non è mai facile, anche se necessario, tirare linee, ridiscutere aspettative, fare bilanci critici. Specialmente quando si affrontano universi culturali complessi come quello della Biennale di Architettura, il palcoscenico più prestigioso del mondo su cui, ogni due anni, va in scena l'evento che riunisce il gotha della progettazione e dell'intellighentia internazionale, l'occasione con la O maiuscola.
Serve tempo, serve respiro, serve pensiero per metabolizzare l'enorme quantità di stimoli, sensazioni, progetti, dati, maquette, installazioni, incontri, passi fatti in quel di Venezia.
Oggi, a distanza di qualche giorno di posa, la valutazione che complessivamente diamo di questa 19° edizione è positiva: va dato merito a Carlo Ratti - un italiano, dopo 25 anni - e al suo corposo team curatoriale di aver organizzato con grande attenzione e coerenza un racconto corale espanso (forse fin troppo corale, sicuramente immersivo) che mette in luce con evidenza la complessità del mondo in cui viviamo e la necessità di fornire risposte concrete, utili, urgenti ai problemi che tutti siamo e saremo chiamati ad affrontare. Senza voltarci. Per farlo però, serve lo sforzo e l'intelligenza di tutti, e questa Biennale lo grida a gran voce: l'architettura da sola non basta.
«Per decenni, l'architettura ha risposto alla crisi climatica con la mitigazione: progettare per ridurre il nostro impatto sul clima. Ma questo approccio non è più sufficiente. È il momento che l'architettura passi dalla mitigazione all'adattamento: ripensare il modo in cui progettiamo in vista di un mondo profondamente cambiato. [..]
Nell'età dell'adattamento, l'architettura rappresenta un nodo centrale che deve guidare il processo con ottimismo. [...] deve attingere a tutte le forme di intelligenza: naturale, artificiale, collettiva. [...] deve rivolgersi a più generazioni e a più discipline, dalle scienze esatte alle arti. [...] deve ripensare il concetto di autorialità e diventare più inclusiva, imparando dalle scienze.».
Qui le nostre considerazioni.
indice dei contenuti
Quello che abbiamo apprezzato
Il tempo della consapevolezza
L'ingegnere architetto, docente al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e al Politecnico di Milano, direttore del Senseable City Lab e socio fondatore dello studio di architettura e innovazione CRA con sedi a Torino, New York, Londra, ha colpito ancora. È infatti uno schiaffo in faccia a tutti la prima sala "The Third Paradise Perspective". Un ambiente nero, tetro, immaginato da Michelangelo Pistoletto dove motori/macchine di condizionatori sputano calore, facendoci fisicamente provare una sensazione di disagio. Una sensazione reale: il prezzo ambientale da pagare per avere, invece, le sale adiacenti fresche.
«Le Corderie si aprono con un dato crudo: mentre le temperature globali aumentano, la popolazione mondiale diminuisce. È questa la realtà che gli architetti devono affrontare nell'età dell'adattamento. Partendo da qui - spiega Ratti - i visitatori attraverseranno tre mondi tematici: Natural Intelligence, Artificial Intelligence e Collective Intelligence.»

The Third Paradise Perspective | Fondazione Pistoletto Cittadellarte
Photo by Marco Zorzanello © Courtesy: La Biennale di Venezia
Il progetto espositivo - curato dello studio di architettura e design Sub diretto da Niklas Bildstein Zaar, e il design grafico di Bänziger Hug Kasper Florio - è stato infatti concepito come una sequenza di spazi modulari e frattali, in cui ogni sezione è un organismo che collega progetti su larga e piccola scala creando una rete di dialogo, analogica e digitale, fisica e aumentata.
Revival of Ordinary Trees Dong Gong, Vector Architects
Photo by Marco Zorzanello © Courtesy: La Biennale di Venezia


Necto SO-IL, Mariana Popescu, TheGreenEyl, Riley Watts
Photo by Marco Zorzanello © Courtesy: La Biennale di Venezia
Protest Architecture from German Climate Protests in Hambach Forest Oliver Elser, Deutsches Architekturmuseum (DAM) Forest Collective from Hambach Forest Something Fantastic MAK - Museum of Applied Arts
Photo by Andrea Avezzù © Courtesy: La Biennale di Venezia
Tiny Penthouses: a Reincarnating Masterplan via XL 3D printing | Hedwig Heinsman
Photo by Luca Capuano © Courtesy: La Biennale di Venezia


Urban Heat Chronicles Emma Greer, C40 Cities Azra Aksamija, MIT Future Heritage Lab Elisabetta Bianchessi, T12 Lab Alberto Wolfango Amedeo D'Asaro, QuasiQuasi | Anna Doneda, Project for People
Photo by Marco Zorzanello © Courtesy: La Biennale di Venezia
I Giardini, molto meglio quest'anno
Se due anni fa esatti raccontavamo di come la grande assente alla Biennale fosse proprio l'architettura, denunciando il modo in cui molti padiglioni nazionali avessero abdicato al tema curatoriale proponendo allestimenti spesso inconsistenti, quest'anno la situazione generale appare visibilmente migliorata.
Con alcuni esempi particolarmente ben riusciti, sia come concept che come resa espositiva: la Spagna , elegantissima, con INTERNALITIES - Architectures for Territorial Equilibrium; la Danimarca con l'indagine Build of Site; i Paesi nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia) con Industry Muscle: Five Scores for Architecture, installazione performativa che tratta l'ambiente costruito come palco per azioni sociopolitiche attraverso la lente del corpo in transizione; la Svizzera con Endgültige Form wird von der Architektin am Bau bestimmt.
Ma anche, l'Estonia con Let me warm you, padiglione che si interroga sugli interventi di isolamento degli edifici e su come siano semplici adeguamenti agli obiettivi energetici o un'opportunità per migliorare la qualità spaziale e sociale dei grandi quartieri residenziali (dimostrando come i processi di ristrutturazione pianificati direttamente dai residenti, rappresentano l'esempio di come l'intelligenza collettiva - o la sua mancanza - influenzando l'ambiente costruito); il Brasile con Re(invenzione)", (insieme alla Spagna miglior allestimento); la divertente Polonia con Lari e Penati, sulla costruzione di un senso di sicurezza nell'architettura; la poetica Serbia (a dimostrazione che a volte non serve molto, se non una buona idea leggerissima); la Cina coordinata dall'istrionico Ma Yansong e il Bahrain, infatti premiato per la sua indagine sulla sostenibilità climatica con Heatwave.

Padiglione Spagna | INTERNALITIES Architectures for Territorial Equilibrium
Photo by Luca Capuano © Courtesy: La Biennale di Venezia
Padiglione Brasile | Re(Invention)
Photo by Luca Capuano © Courtesy: La Biennale di Venezia
Padiglione Danimarca | Build of Site
Photo by Marco Zorzanello © Courtesy: La Biennale di Venezia
Padiglione Estonia | Let me warm you
Photo © danipuntoeffe
Padiglione Serbia | Unravelling New spaces
Photo © danipuntoeffe
Impegno sostenibilità
Un impegno che, per fortuna, sembra essere lontano da un mero esercizio di comunicazione o green washing, anzi: per tutte le attività programmate dalla Biennale (Cinema, Festival di Teatro, Musica, Danza e, in particolare, la 19. Mostra Internazionale di Architettura) l'obiettivo è infatti ottenere, anche per il 2025, la certificazione della "neutralità carbonica" secondo la nuova norma ISO 14068.
Inoltre il Manifesto di Economia Circolare - lanciato da Carlo Ratti, con la guida di Arup e il contributo della Ellen MacArthur Foundation - rafforza l'impegno della Biennale in questo senso, promuovendo un modello sempre più sostenibile per la progettazione, l'installazione e il funzionamento di tutte le sue attività e manifestazioni.
La sfida è quella di creare padiglioni e spazi che siano esempio di un pensiero circolare che generi un'eredità duratura in termini di sostenibilità, con l'obiettivo di eliminare gli sprechi, riusando i materiali, rigenerando i sistemi naturali e dimostrando che l'architettura e l'ambiente costruito possono coesistere in armonia.
La proposta più ardita in tal senso? Quella (premiata per la sua perseveranza, dato che stanno provando a svilupparla da oltre vent'anni) del Canal Cafè di Diller Scofidio + Renfro, Natural Systems Utilities, SODAI, Aaron Betsky, Davide Oldani, dimostrazione di come la città di Venezia possa fungere da laboratorio per immaginare nuovi modi di vivere sull'acqua, offrendo al contempo un contributo concreto al suo spazio pubblico.

Canal Café | Diller Scofidio + Renfro Natural Systems Utilities SODAI Aaron Betsky Davide Oldani
I Public Program e le attività collaterali
Meritevole, articolato e particolarmente interessante anche l'ampio programma pubblico che prosegue nel semestre di apertura, accompagnando tutta la durata della manifestazione con attività collaterali di approfondimento utili a divulgare a tutti le tematiche della Biennale. Come le Conferenze di GENS Public Program o i Workshop, che invitano il pubblico a interagire con le idee e i materiali della Mostra, mobilitando l'intelligenza collettiva per trasformare l'ambiente costruito e naturale in risposta alla crisi climatica.
I workshop, concepiti dai partecipanti di Space for Ideas e da numerose altre figure di spicco sulla scena internazionale, avranno luogo nel Speakers' Corner alle Corderie dell'Arsenale, progettato da Christopher Hawthorne (Senior Critic, Yale School of Architecture), Johnston Marklee (Johnston Marklee & Associates) e Florencia Rodriguez (Direttrice, University of Illinois Chicago School of Architecture), con il supporto del Lincoln Institute of Land Policy.
A questi appuntamenti si affianca Restaging Criticism, una serie di incontri dedicati alla critica architettonica contemporanea, a cura dei sopracitati Christopher Hawthorne e Florencia Rodriguez, articolati in quattro categorie: Modalità e Piattaforme, Territori, Operatività/Operazione, Voci emergenti.

Speakers' Corner | Christopher Hawthorne Johnston Marklee Florencia Rodriguez
Photo by Andrea Avezzù © Courtesy: La Biennale di Venezia
Quello che ci è piaciuto meno
High Density
Inclusione, collaborazione e partecipazione sono concetti che ci piacciono moltissimo, non fraintendiamoci.
Ma è anche vero che il risultato di questa Biennale, dati i suoi 750 partecipanti, è una mostra così densa, ma così densa, che servirebbe una settimana per vederla bene tutta. Anche perché le ricerche, i progetti e i prototipi esposti sono tanti e talvolta molto differenti tra loro per approccio e output finale col risultato che alcuni lavori vanno in sofferenza rispetto ad altri, creando disequilibrio e confusione. Per la prima volta infatti, la Mostra presenta e riunisce il lavoro di esperti di varie forme di intelligenza: architetti e ingegneri, matematici e scienziati del clima, filosofi e artisti, cuochi e programmatori, scrittori e intagliatori, agricoltori e stilisti, e molti altri.
Ben venga naturalmente, ma lo sapeva Carlo Ratti, che le cose da leggere sarebbero state troppe e forse troppo tecniche rispetto al tempo di una visita: per questo nei pannelli ha inserito accanto ai testi, degli short resumé fatti con l'AI, 4 righe giusto per dare un'idea a tutti. Utili per carità ma..
Mattoni ne abbiamo? (ma viva gli elefanti)
In alcune sezioni talvolta ci è parso di essere dentro un grande esperimento fantascientifico, altre al saggio di biologia di fine anno. Quello che in assoluto abbiamo però notato nel potpourri di contributi - inclusi gli inquietanti robot umanoidi che siamo sicuri riscuoteranno grande interesse - è stata la presenza massiccia, costante, ricorrente di mattoni, mattoni di ogni forma e versione, mattoni realizzati con le tecniche e i materiali naturali più disparati. Incluso lo sterco di elefante, che anzi, tutto sommato, nell'Elephant Chapel di Boonserm Premthada si è rivelato un progetto dotato di una certa poesia, frutto di un approccio profondamente integrato con l'ambiente thailandese e la millenaria storia di convivenza tra elefanti ed essere umani. Ok, però continuiamo a chiederci: qualcos'altro?

Elephant Chapel di Boonserm Premthada Photo © danipuntoeffe
Oh Cielo quanta gente!
È stata solo una nostra impressione o quest'anno i giorni dell'apertura erano iperaffollati, più delle scorse edizioni?
Una quantità di gente incredibile ovunque, cosa che naturalmente ha reso più complicata la già impegnativa visita e la fruibilità dei contenuti in mostra (già di per sé densissima, lo abbiamo detto).
In effetti, se ci pensate basta farsi qualche rapido calcolo: 750 partecipanti all'Arsenale (ognuno moltiplicato almeno x2, ma anche x3 o x4), 600 contributor al Padiglione Italia (e anche qui moltiplica, nonostante alcuni siano venuti per poi non riuscire a trovarsi), staff curatoriale allargato e internazionale, istituzioni, partner, sponsor, direttori e giornalisti, operatori video, fotografi, addetti vari...e gli amici non ce li metti?
Ma ci sta dai, è comprensibile: la Biennale resta un momento di connessione importantissimo, una grande festa dell'architettura, un momento immancabile, da vedere e da vivere, qualsiasi sia il giudizio finale.

Manameh Pavilion ai Giardini
Photo by Marco Zorzanello © Courtesy: La Biennale di Venezia
BIENNALE ARCHITETTURA 2025
Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva..
a cura di Carlo Ratti
Giardini / Arsenale / Venezia
10 maggio > 23 novembre 2025
Chiuso il lunedì
Orari
10 maggio > 28 settembre ore 11-19 (ultimo ingresso 18:45);
30 settembre > 23 novembre | ore 10-18 (ultimo ingresso 17:45)
Aperture straordinarie
lunedì 12 maggio, 2 giugno, 21 luglio, 1 settembre, 20 ottobre e 17 novembre 2025.
Informazioni pratiche per orientarsi
biennale.architettura.2025 - 19. Mostra Internazionale di Architettura . Biennale di Venezia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
pubblicato il:


![Biennale di Venezia, tappe esterne [in fila x3 col resto di 2] da non perdere per strada](https://yimg.professionearchitetto.it/img/newsimg/33048.jpg)
![Biennale di Venezia, le pagelle dei Giardini e la top 5 dei padiglioni imperdibili [secondo noi]](https://yimg.professionearchitetto.it/img/newsimg/32911.jpg)



