Salva-casa: niente stato legittimo per i vecchi abusi disegnati a corredo di un nuovo titolo edilizio

La sentenza del Consiglio di Stato

Lo stato legittimo non sussiste per gli abusi realizzati nel passato seppure rappresentati negli elaborati progettuali presentati per l'ottenimento di un titolo edilizio riguardante altre opere. In altri termini, la rappresentazione di abuso in un elaborato progettuale presentato per ottenere un titolo edilizio per opere diverse rispetto all'opera abusiva non rende tale opera legittima.

A dirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza 4127 del 2025. Tale regola - affermano i giudici amministrativi - vale sia prima che dopo le modifiche alle disposizioni sullo stato legittimo degli immobili introdotte dal cosiddetto "Salva-casa".

Il riferimento è all'articolo 9-bis del testo unico dell'edilizia (Dpr 380 del 2001), secondo cui (dopo le modifiche del "Salva-casa"): «Lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali».

Il Consiglio di Stato si è espresso sul ricorso di due cittadini di Nardò contro l'ordinanza del Comune che aveva ingiunto loro, in qualità di proprietari di un complesso edilizio ubicato in zona A (ex DM 1444/68) e destinato in parte a civili abitazioni e in parte a struttura turistico-ricettiva, di provvedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi con riferimento a una serie di interventi edilizi realizzati abusivamente, ossia senza titolo abilitativo.

Secondo gli appellanti la prova dello stato legittimo delle unità immobiliari - e dei relativi vani oggetto dei contestati interventi di trasformazione, ristrutturazione e mutamento della destinazione d'uso - era già nei dieci titoli (permessi di costruire, certificato di agibilità, Scia, Dia) intervenuti, nell'arco di un decennio, con riferimento all'immobile oggetto della sentenza, «in assenza di qualsivoglia contestazione su eventuali difformità rispetto al suo stato legittimo».

Nel respingere il ricorso di primo grado, anche il Tar aveva ritenuto che i ricorrenti non avessero offerto alcuna prova o principio di prova idoneo a dimostrare lo stato legittimo della costruzione, osservando che a nulla rilevava il riferimento dei ricorrenti allo stato di fatto rappresentato nelle tavole di progetto allegate alle pratiche edilizie presentate per i plurimi interventi che avevano interessato negli anni l'edificio, in quanto i titoli edilizi richiamati, riguardando lievi modifiche interne e cambi di destinazione d'uso, non avevano mai legittimato la realizzazione dei manufatti contestati, né gli ampliamenti risultavano essere stati autorizzati da alcun titolo che ne avesse esaminato la loro compatibilità urbanistica.

Gli abusi oggetto della pronuncia erano stati realizzati prima dell'entrata in vigore del Dl "Salva-casa", ma il principio espresso dal Consiglio di Stato vale anche per le attuali disposizioni sullo stato legittimo.

Scrivono i giudici del secondo grado: «E all'epoca (della realizzazione degli abusi, nda) come adesso (v. Cons. Stato, sez. VII, 18 febbraio 2025, n. 1382, in relazione all'art. 9 bis cit. come modificato dal d.l. 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2024, n. 120), lo stato legittimo delle preesistenze edilizie non poteva estendersi alle opere meramente rappresentate nell'elaborato grafico prodotto a corredo del titolo edilizio presentato o rilasciato per altre e diverse opere».

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