Per dimostrare lo stato legittimo di un manufatto ante '67 servono prove rigorose, dati oggettivi, documentazione certa e univoca e l'onere di dimostrare che l'opera è risalente nel tempo è tutto in capo al proprietario.
Con la pronuncia n. 6195 del 2025, il Tar Campania spiega come dimostrare lo stato legittimo di costruzioni realizzate prima dell'entrata in vigore della cosiddetta legge "ponte" n. 761 del 1967, che con l'art. 10, modificando l'articolo 31 della legge urbanistica (n. 1150 del 1942), ha esteso l'obbligo licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano.
Il Tar Campania si pronuncia sul ricorso per l'annullamento dell'ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi per opera abusive eseguite a Napoli, emessa dal Comune partenopeo. Le opere consistevano nella realizzazione di una platea pavimentata e di un manufatto strutturato in legno con pareti in muratura di circa 80 mq contenente un ingresso, una cucina, un bagno, camere da letto e ripostiglio, più una piscina interrata e un secondo manufatto in muratura di circa 8 mq.
Secondo la ricorrente il manufatto «esisterebbe da tempo immemore e sarebbe stato solo oggetto di risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, senza alcuna modifica delle sue caratteristiche plano-volumetriche» e sarebbe stato realizzato prima ancora dell'entrata in vigore dell'obbligo di munirsi di licenza edilizia introdotto dalla legge 765 del 1967. In sintesi, il Comune - sempre secondo l'appellante - aveva ingiunto la demolizione di tutto il manufatto e non solo delle difformità eventualmente eseguite, senza considerare la legittimità della preesistenza edilizia.
Secondo i giudici le rimostranze della ricorrente «rimangono su di un piano astratto e formale e non vengono suffragate da elementi di prova». «Tutti gli interventi sanzionati - si legge nella pronuncia - sono risultati privi di titolo e la ricorrente non ne ha dimostrato in alcun modo, e nemmeno parzialmente, la legittimità».
Per dimostrare la legittimità di un'opera ante '67 occorrono prove oggettive ed è il proprietario (o responsabile dell'abuso) che deve provare il carattere risalente del manufatto, collocandone la realizzazione in epoca anteriore alla cosiddetta legge "ponte" n. 761 del 1967, che con l'art. 10, novellando l'art. 31 della l. n. 1150 del 1942, ha esteso l'obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano
«Solo il privato - affermano i giudici - può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto».
Dunque, «la prova deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, dovendosi, tra l'altro, negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate».
Dunque, cosa può costituire una prova dello stato legittimo di un'opera realizzata prima del 1967? «Essendo l'attività edificatoria suscettibile di puntuale documentazione, i principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali, laddove la prova per testimoni è del tutto residuale», affermano i giudici, che concludono: «La prova dell'epoca di realizzazione si desume da dati oggettivi, che resistono a quelli risultanti dagli estratti catastali ovvero alla prova testimoniale ed è onere del privato, che contesti il dato dell'amministrazione, fornire prova rigorosa della diversa epoca di realizzazione dell'immobile, superando quella fornita dalla parte pubblica».
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