"La Cina è un paese di meraviglie, vi si trovano cose che non si trovano in nessun altro luogo del mondo".
La descrisse così Marco Polo a Rustichello da Pisa, a cui spettò il compito di trascrivere il resoconto del lungo viaggio nel libro intitolato "Le Divisament du Monde", noto a tutti come "Il Milione".
Si recò nell'Impero Celeste nel 1275, partito da Venezia e dopo una navigazione di quattro anni, che lo catapultò nell'atmosfera di Catai e Mangi (termini usati allora per definire la Cina settentrionale e meridionale) consapevole del fatto che probabilmente nessuno in Europa, prima di lui, sapesse dell'esistenza di quel Paese incantato.
Cosa racconterebbe, oggi, lo stesso Marco Polo, dovendo sintetizzare il progresso della Cina dell'ultimo secolo?
La vita da mercante era sicuramente un continuo turbinio di emozioni contrastanti, i tempi allora erano lunghissimi. Il Renzo Piano World Tour ne conta "solo" 40, ma condensati e dinamici, fatti di decine di aerei, fusi orari variabili e abitudini che variano al variare di meridiani e paralleli.
E la tappa cinese segna sul calendario la terza settimana del grand tour di Sara, Marta e Thierry, proprio nell'anno in cui anche il Premio Pritzker è stato assegnato all'architetto cinese Liu Jiakun, narratore di spazi e costruttore di comunità.
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Definita "Zhōngguó" - che significa "Regno di Mezzo" per la sua posizione al centro del mondo conosciuto - nell'immaginario collettivo occidentale la Cina appare come una sorta di giano bifronte: da un lato onirico e misterioso per la sua cultura millenaria di ceramiche, tessuti, mania dell'ornamento e calendari simbolici legati al mondo degli animali; dall'altro temuto, indubbiamente una potenza mondiale che silenziosamente ha conquistato la vetta in materia di progresso tecnologico.
Dalla Cina di The Last Emperor di Bertolucci alle scene animate di Kung Fu Panda, o lo scenario del distretto finanziario di Pudong a Shanghai (scelto da Spike Jonze, regista di Her, per raccontare la Los Angeles del futuro), siamo sempre stati proiettati in usi e costumi lontanissimi dalle nostre abitudini europee: un groviglio di fili sottilissimi come la seta, che non possono non richiamare alla mente la via del commercio più famosa del mondo.
Dai gesti al costruito, tutto qui è legato a una filosofia che va ben oltre il pensiero: il Dao (o Tao), inteso come "sentiero, metodo o principio" è ritrovabile in ogni angolo; l'architettura è il risultato della ricerca di equilibrio tra pieno e vuoto, a loro volta riconducibili a yin e yang, opposti ma interdipendenti.
E allora, abbandonando il conosciuto, e prendendo in prestito le parole dello scrittore Tiziano Terzani, proviamo ad addentrarci nel viaggio di Sara, Marta e Thierry che, con occhi ben aperti, macchina fotografica e taccuino da disegno, hanno catturato - a ritmo serrato - le sfumature di questa terra ancora affascinante e misteriosa.
"Lentamente in Cina ebbi una reazione che fu questa: invece di cercare l'uomo nuovo mi resi conto che c'era un uomo vecchio, cinese, che era meraviglioso; e che quella era stata una cultura stupenda con una grandezza e con una ricchezza che proprio mi colpivano."
I principi fondamentali dell'architettura cinese
Per comprendere davvero l'architettura cinese occorre approfondire alcuni principi cardine:
1. Armonia con la natura: l'architettura cinese tradizionale cerca di integrarsi nel paesaggio circostante, piuttosto che dominarlo. Le case e i giardini sono spesso progettati per creare un senso di equilibrio e tranquillità con l'ambiente naturale
2. Simmetria e equilibrio: Molti edifici, specialmente quelli di importanza cerimoniale, presentano una simmetria che riflette l'ordine e l'armonia cosmica. Le diverse parti dell'edificio sono collegate in modo equilibrato, creando un senso di stabilità e coesione
3. Utilizzo di colori e materiali naturali: I colori e i materiali tradizionali, come il legno, la pietra e la terra, sono scelti per la loro capacità di armonizzarsi con l'ambiente e creare un'atmosfera accogliente.
L'evoluzione dell'architettura cinese tra filosofia e tecnologia
Tenendo a mente la missione del Renzo Piano World Tour, ovvero puntare i riflettori sull'arte del costruire, è interessante capire l'evoluzione dell'architettura cinese. Dalle antiche residenze imperiali alle metropoli ultramoderne, infatti, il modo di edificare nei secoli ha rappresentato il riflesso di un'evoluzione culturale e simbolica.
In epoca imperiale, l'architettura era ordinata secondo un asse centrale, simbolo di armonia confuciana e ordine sociale. Le case tradizionali, come i siheyuan di Pechino, erano strutturate attorno a un cortile vuoto: non uno spazio da riempire, ma da vivere nel suo silenzio, eco del pensiero taoista ed elemento chiave che, per contrasto, permetteva al pieno di esistere.
Con la fine dell'impero e l'arrivo di nuove voci, l'architettura iniziò ad aprirsi alle contaminazioni. Le città portuali come Shanghai divennero palcoscenici di ibridazione tra stili europei e forme locali. Ma è con l'avvento della Repubblica Popolare che lo spazio urbano iniziò ad assumere carattere politico, facendo prendere forma ad edifici funzionali, monumentali e collettivi. L'architettura maoista cancellò l'intimità del cortile, sostituendola con piazze ampie e edifici seriali, simbolo del potere centralizzato.
Dagli anni '80 in poi, con la modernizzazione economica, la Cina scoprì la verticalità: le città crebbero in altezza e velocità, spesso inseguendo modelli occidentali.
A partire dagli anni 2000, però, una nuova generazione di architetti ha iniziato a riscoprire e reinterpretare la tradizione: non copiandola, ma piegandone i principi a un linguaggio contemporaneo.
L'equilibrio tra pieni e vuoti, la fluidità dello spazio, il rapporto con la natura tornano a emergere e, anche grazie alla presenza di sguardi progettuali provenienti da più parti del mondo, oggi l'architettura cinese è un crocevia: tra memoria e innovazione, tra radici e algoritmi.
Assi e simmetrie sono superati, a favore di porosità e movimento: un'evoluzione del pensiero classico del vuoto, diventato come un paesaggio dinamico capace di accogliere complessità e trasformazione.
Le città e i materiali della Cina contemporanea
Da Londra a Hong Kong, tra grattacieli e vivaci mercati locali
Nonostante le distanze geografico-culturali e il jet lag, il passaggio da Londra ad Hong Kong non è così traumatico, sarà forse per le complesse vicende storiche che assegnarono l'Isola di Hong Kong alla Gran Bretagna in seguito alla Prima Guerra dell'Oppio nel 1842, restituendola alla sovranità cinese solamente nel 1997.
L'architettura di Hong Kong è verticale, e disegna una città tra cielo e mare in cui vetro, acciaio e luce dominano il palcoscenico urbano.
Dopo lunghe ore di volo, a catturare l'attenzione dei tre viaggiatori è infatti "il contrasto tra i grattacieli imponenti e i vivaci mercati locali, un mix davvero affascinante"!

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Immancabili, poi, le tappe materiche in contrasto, tra il pieno e compatto del MUSEO M+ - nuovo punto di riferimento culturale ai margini del porto di Herzog e de Meuron - realizzato in cemento armato con un rivestimento in ceramica smaltata verde scuro, e la leggerezza e trasparenza della HSBC di Sir. Norman Foster, fino alla BANK OF CHINA di I.M. Pei, rivestita in alluminio e vetro, dove la struttura stessa diventa architettura.
"Sotto questi edifici - commentano i ragazzi - prospera una città diversa: mercati, negozi e venditori ambulanti che riempiono i vuoti tra le torri".

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E poi Shangai, tripudio di tradizione e tecnologia
Oltre al suo porto, tra i più trafficati e grandi al mondo, la metropoli cosmopolita di Shangai è famosa per essere un hub di innovazione tecnologica, arte contemporanea, moda e design, nonché una città chiave nella storia moderna della Cina, simbolo del passaggio dal tradizionale all'industriale.
L'architettura contemporanea di Shanghai dimostra infatti come tradizione e tecnologia possano convivere e creare uno scenario urbano dinamico e avanguardista. Ne è un esempio la ZIKAWEI LIBRARY di David Chipperfield, situata nell'area di Zikawei e pensata come luogo pubblico vivace e dinamico, dove persone, libri e attività diventano un tutt'uno.

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La sua facciata, ispirata alle tecniche costruttive tradizionali, è in calcestruzzo realizzato con elementi in pietra ricostruita, ben diversa dalla WEST BUND DOM ART CENTER di Schmidt Hammer Lassen, un'ex fabbrica con struttura in acciaio convertita in centro multiculturale contemporaneo.
E, ancora, il legno della POCKET PLAZA di Zhuang Shen, rinnovamento urbano dello spazio pubblico su piccola scala finalizzato a migliorare la vita degli abitanti del quartiere, o il LONG MUSEUM WEST BOUND firmato Atelier Deshaus, che identifica la trasformazione di una struttura industriale in polo culturale urbano d'eccellenza, con pareti e soffitto con superficie in calcestruzzo con finitura a getto.

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E infine Hangzhou e il Complesso OōEli di RPBW
"Non c'è al mondo città uguale, che vi offra tali delizie così che uno si crede in paradiso". È così che Marco Polo descrisse il ricordo dell'arrivo ad Hangzhou.
Accompagnati da Maxime, guida d'eccezione, i tre giovani architetti hanno visitato il superisolato di Hangzhou, progettato dal Renzo Piano Building Workshop come un layout permeabile e a misura d'uomo, con un parco urbano centrale. Circondato da un mix eterogeneo di uffici, negozi, ristoranti e spazi per eventi, il complesso attrae oltre 7 milioni di visitatori ogni anno, trasformando un'area dismessa in una destinazione vivace e multifunzionale che valorizza sia il tessuto sociale che l'ambiente urbano di Hangzhou.
"Questo progetto chiede: come si progetta un superblocco in scala umana? - commentano i ragazzi - La risposta qui è chiara: attraverso i vuoti. Abitati da alberi, verde e persone. Spazi per respirare, raccogliere e muoversi. Al centro, un museo coronato da strutture luminose a vela conferisce al progetto la sua identità. È stato stimolante vedere come OōEli sia diventato un punto di riferimento per i progetti in tutta la Cina".


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Il viaggio prosegue... Si rimane ad Oriente, ma la rotta è verso il Giappone e il Renzo Piano World Tour è solo a metà.
Sicuramente impossibile tirare le somme quando si sta in movimento, ma le riflessioni sul taccuino dei ragazzi non mancano: "Più che un viaggio tra progetti è un viaggio tra idee. Capire cosa li rende possibili, cosa li sostiene, cosa li connette al loro luogo e al loro tempo".
RENZO PIANO WORLD TOUR 2025
Il RPWT è un progetto promosso da Fondazione Renzo Piano, Fundación Botín, Vitra e Selvaag Gruppen, in collaborazione con ProViaggiArchitettura e professionearchitetto.it
IL VIAGGIO PROSEGUE...
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