Parco dei Campi Diomedei: una speranza

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La proposta progettuale per il Parco dei Campi Diomedei di Foggia dell’architetto Fernando Baldassarre e del suo team (Filomena Acquaviva, Damiano De Candia, M. Tiziana Di Sipio, Domenico Potenza, Natalia Risola, G. Alessio Scarale, Grazia Villani) si classifica al quarto posto al concorso internazionale di idee bandito dal Comune di Foggia per realizzare un parco di 23 ettari su un’area in passato attrezzata e utilizzata come ippodromo.

Il progetto ha le sue direttrici nello specifico “topos” del sito. Un sito davvero complesso: ad Ovest il piccolo campus universitario, a Nord la villa comunale e il teatro all’aperto, a Est un asse a forte intensità di traffico che divide il sito dalla zona della Fiera, dalla costruenda Cittadella dell’Economia e dal Teatro Tenda, mentre a Sud vi è la presenza predominante di edifici residenziali e scolastici. Un’area inoltre interessata da importanti giacimenti archeologici di età neolitica e da altre importantissime testimonianze da portare alla luce. Un compendio archeologico, dunque, molto ampio che si estende anche nel sottosuolo della villa comunale.

Il progetto, secondo le richieste del bando doveva assolvere tre indirizzi: la valorizzazione delle presenze archeologiche da mettere allo scoperto e da rendere fruibili ai visitatori; la creazione di un nuovo spazio verde della città arricchito da nuove presenze botanico-vegetazionali; l’animazione dell’area con attività per l’intrattenimento, la cultura ed il tempo libero.

Gli elementi generatori del progetto

L’idea progettuale nasce dal riconoscere l’esigenza di una ricucitura formale e funzionale in un tessuto urbano eterogeneo, e dal voler creare una nuova centralità, capace di offrire una grande diversità scenica, visuale, sensoriale ma anche di trasmettere coerenza e unità formale nella lettura d’insieme. Un progetto generato dai segni e dal carattere di un intorno complesso e diversificato, dai quali prendere spunto per assolvere al ruolo di cerniera e per valorizzare l’esistente, in primis i rinvenimenti archeologici neolitici di grande importanza, che certamente conferiscono valore aggiunto al sito.

I tre elementi generatori del progetto sono individuati nella rigorosa giacitura del tessuto urbano che termina nel complesso edilizio dell’IRIIP (Istituto regionale di incremento ippico), nel labirintico disegno vegetale della prospiciente villa comunale e nel morbido tracciato del ‘compound’ neolitico.

Dal primo si è desunto un doppio viale parallelo che delimita una fascia rettangolare in cui sono collocate alcune funzioni richieste dal bando. Il secondo ha suggerito una operazione di mimesi: la conformazione a macchia di leopardo del giardino retrostante la fontana viene ingigantita e riproposta come “doppio”.

Il terzo viene assunto come nucleo generatore di una molecolare diffusione di “bacini” incavati nel terreno modellato. Queste parti si immaginano attraversate diagonalmente da un percorso alberato che partendo dal vecchio ingresso dell’ippodromo, sfocia su un grande spiazzo prospiciente la fiera e la cittadella economica. L’asse diagonale, configurandosi come segno giustapposto alle già definite morfologie, sostiene le tre diverse parti del parco tanto da assorbirne, di volta in volta, gli elementi che le caratterizzano.

L’arcipelago vegetale

L’obiettivo è di unire non solo funzionalmente – tramite passerelle aeree – la villa comunale al parco, ma anche concettualmente, dal punto di vista morfologico e botanico. La continuità tra esistente e ‘nuovo’ viene raggiunta attraverso la riproposizione della stessa morfologia a labirinto aperto che caratterizza la parte terminale della villa comunale: un sistema di dune dall’andamento sinuoso che sarebbe servito per inoltrarsi nel parco con fluidità.

Il nastro erboso

E’ parsa necessaria l’integrazione del parco con il tessuto urbano esistente. Assorbire le giaciture assiali del quartiere a ridosso dell’area non rappresenta soltanto una passiva replica di esse, bensì la volontà di disegnare continuità tra edificato e natura. I due boulevard, che partono dal campus universitario e sfociano su viale Fortore, delimitano una sorta di “tappeto funzionale” che, nella parte più prossima all’edificio dell’aula magna, definisce “il campo degli incontri”, il giardino dei bambini, il parterre‘ degli spettacoli e il labirinto lineare. La fluidità dei percorsi induce ad una continua osmosi tra l’interno del campus e il parco, permettendone la completa integrazione spaziale e d’utilizzo.

I Bacini e il padiglione didattico

Il “compound” neolitico diviene molecola generatrice di un sistema che si diffonde nel parco, definendone la conformazione. Nell’ambito di questa area si immagina una primaria replicazione di “bacini” a partire dalla collocazione del reperto archeologico, che viene custodito in un “bacino della memoria“. Nelle vicinanze, un secondo bacino comprende uno specchio d’acqua, mentre il terzo invaso, riempito di lava nera, rappresenta il fuoco.

A collegare questi tre elementi, in posizione non baricentrica, c’è il padiglione didattico, con la sua passerella che attraversa i bacini in punti differenti, concepito come una struttura leggera e cava che ospita dei volumi funzionali in vetro, aggettanti e rivolti verso il reperto; la sua struttura, pensata in ferro, poggia per più della metà sul grande bacino d’acqua.

Il padiglione assolve a tutte le funzioni richieste dal bando (aule didattiche, laboratorio, ambienti per la vigilanza, biglietteria, bookshop, servizi igienici) e propone una spazialità aperta e non monumentale. In esso la struttura dei percorsi permette una percorribilità definita: l’essere dentro non implica l’esclusione di ciò che è fuori e il parco entra a far parte visivamente dell’architettura.

Nell’attraversare la passerella, punti prospettici differenti sono pensati per dare la sensazione di essere immersi in una atmosfera rarefatta e magica. I bacini sono concepiti per poterci sostare o prendere il sole, leggere o dialogare, riflettere o socializzare, protetti dai rumori della città; luoghi dell’oblio o del pensiero, culle naturali dove sdraiarsi sull’erba e sentirne il respiro.

Progetto di: Fernando Baldassarre (capogruppo), Filomena Acquaviva, Damiano De Candia, M. Tiziana Di Sipio, Domenico Potenza, Natalia Risola, G. Alessio Scarale, Grazia Villani;
Consulenti: Dennis Balliu, Alberto Barattucci, Daniela Lentini, Michele Stasolla, Michele Valerio, Fabrizio Chella, Agnese Damiani


Esito concorso

1° classificato il progetto “Contesti” (capogruppo: Efisio Pitzalis)
2° classificato il progetto “Facies di paesaggi ritrovati” (capogruppo: Daniela Moderini)
3° classificato il progetto “Scavi, collina e… mare” (capogruppo: Roberta Pellegrino).
4° ex aequo: “Affioramenti“, “Archeoparco nuovo luogo collettivo urbano“, “Campa cavallo che l’erba cresce“, “Cinque meno quattro uguale uno“, “Il luminoso giardino del re“, “Il parco dei colori“, “Il parco è una speranza“, “Mezzana urbana“, “Non solo papaveri rossi“, “Omaggio cum grano salis“, “Rigore soffuso tra le ginestre“, “Samarcanda“, “Sguardi sospesi su echi lontani“, “Sirio a cavallo nel tempo“, “Stratigrafie contemporanee” e “Verde Daunia“.

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